venerdì, agosto 20, 2010
Rischia di sfociare in una protesta generale lo sciopero dei lavoratori del settore pubblico che sta bloccando il Sudafrica.

Radio Vaticana - Quasi un milione e mezzo di manifestanti sono scesi ieri in piazza a Johannesburg, rivendicando radicali miglioramenti salariali. Nel corso della manifestazione si sono registrati momenti di forte tensione con le forze dell’ordine, che continuano a presidiare scuole e ospedali. In un comunicato, i vescovi sudafricani, pur riconoscendo il diritto di sciopero, esprimono il forte rincrescimento per l’inumano comportamento dei dimostranti, che hanno impedito l’accesso ai nosocomi, per medici e pazienti, e agli istituti di istruzione, per docenti e studenti. I presuli, inoltre, invitano i lavoratori in sciopero a prendere in seria considerazione la condizione di poveri, deboli, malati e giovani, che stanno disperatamente lottando per una vita migliore. Sulle motivazioni dello stato d’agitazione, Giancarlo La Vella ha intervistato Laura Mezzanotte, esperta di Africa australe (ascolta):

R. - Questo sciopero rischia di essere il catalizzatore di una protesta popolare e sociale che viene soprattutto dalle zone povere, dove la gente da molto tempo sta protestando per la mancanza di servizi e per le mancate promesse; quindi la richiesta di avere acqua, di avere casa e di avere servizi, che non è stata soddisfatta, potrebbe saldarsi politicamente a questo sciopero, che è uno sciopero apparentemente salariale, ma che in realtà ha nel sottofondo, una richiesta molto precisa al presidente Zuma di una specie di bonus elettorale, perché il sindacato al momento dell’elezione di Zuma, è stato uno dei suoi grandi elettori e adesso dice: noi vogliamo quello che ci hai promesso.

D. - Dopo la fine dell’Apartheid si è sempre guardato dal Sudafrica in termini molto positivi: a tuo avviso, invece, il Paese sta un po’ scontando quelli che sono i problemi economici e sociali di tanti altri Paesi occidentali?

R. - Sicuramente il Sudafrica risente della crisi, anche se forse, un po’ meno di quello che potrebbe essere il livello europeo, ma ne risente in un certo senso di più rispetto ai Paesi africani, perché è un Paese, comunque, più integrato nel sistema globale anche finanziariamente. Inoltre, c’è il grosso problema che la classe politica sta dando uno spettacolo abbastanza indecoroso di sé, perché ci sono stati moltissimi scandali, c’è ormai una tendenza ad avere connessioni politiche che servono per avere contratti pubblici. Questa è una cosa che del resto anche in questo sciopero è venuta fuori, perché il sindacato ha già detto: “Noi siamo stufi di avere degli stipendi miseri, quando i nostri politici vivono nel lusso!” C’è stato proprio un aumento massiccio dei problemi nella gestione pubblica, anche perché la generazione che oggi è al potere, è una generazione che non fa più parte dei padri fondatori. Sono rimaste persone che hanno fatto la lotta contro l’Apartheid, ma che poi non hanno mantenuto quel tipo di integrità, forse, e si è instaurata una cultura politica abbastanza preoccupante, non diversa, né da altri Paesi africani, né anche da altri Paesi europei; però comunque per i sudafricani è un grosso choc, perché loro escono da un’idea di sé stessi come la Nazione pura, la Nazione che va avanti sulla base di alti ideali e forse hanno sottovalutato il problema dell’arrivo al potere di tutta una classe politica che ha poco sofferto nella lotta e ha molto pensato a che cosa fare quando riuscirà ad avere il potere.

D. - Dopo le divisioni etniche, oggi, la popolazione è compatta o ci sono comunque divisioni?

R. - Ci sono molte divisioni e comunque quella tra bianchi e neri non è assolutamente scomparsa. Poi, ci sono altre divisioni che derivano dallo scarto economico tra poveri e ricchi, che è molto grande, in questo senso è da Paese del Terzo mondo, mentre per altri versi il Sudafrica ha dinamiche che non sono da Terzo mondo.


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