lunedì, settembre 27, 2010
Se l'andava cercando. Un pugno al cuore. Quante volte abbiamo sentito questa frase, magari posta in modi diversi. E quante volte l'abbiamo pensata, forse in modo diverso, anche noi. Magari non per il "nostro" morto ma per altri. Ho scritto queste righe pochi giorni dopo l'omicidio di una persona.

Liberainformazione - Un uomo che svolgeva il proprio dovere, faceva il sindaco del suo paese. E forse, quando mi leggerete, Angelo Vassallo non sarà l'ultima vittima. Michele Serra gli ha dedicato un 'Amaca' molto bella: «...i nomi, almeno i nomi, cerchiamo di salvarli dalla morte». Il giorno dopo dell'uccisione Concita De Gregorio ha scritto un editoriale che mi ha fatto riflettere. Si chiedeva «in che Paese viviamo?». A me è sembrato un editoriale che poteva essere datato anche 1988.

Perché è il 26 settembre 1988 - un lunedì - il giorno in cui viene ucciso mio padre, Mauro Rostagno. Quest'anno ricorre il 22° anniversario. Allora avevo 15 anni. La maggior parte della mia vita è stata senza di lui, vivo. (In questi 22 anni l'ho incontrato quasi ogni giorno, all'improvviso, in un gesto, in un odore, con una canzone. Ma è una comunicazione bloccata, senza risposta).
Ma torniamo ai nomi. E alla memoria. Non chiamateli eroi, questo rende più accettabile la loro uccisione. Erano uomini, e se andate a scoprire le loro storie, erano molto attaccati alla vita. Pieni di passioni. Semplicemente applicavano al loro "quotidiano" il loro amore per la bellezza. Per elaborare il mio dolore ho letto molti libri sulla mafia. Scopro di non essermi persa quasi nessuno dei libri scritti dai figli di persone uccise. Uccise dalle mafie ma non solo. Ognuno ha la sua storia, molte volte con storie diverse e lontane dalla tua "memoria d'appartenenza", eppure a tutti loro mi sento vicina.
Perché in molte, troppe, di queste morti si ripete troppo spesso la stessa storia. Seppure diversi i loro percorsi, sono uniti dalla stessa infamia, "mascariati".

Al dolore personale, alla difficoltà di arrivare alla verità, si aggiunge quel dolore inatteso dell'infamia, perpetrata, colpevole. Che lascia segni indelebili su chi rimane, ma anche su chi non c'è più. La figura di mio padre, per la sua vita "poliedrica", fuori dagli schemi, anticonformista, si è prestata forse più di altre a infamie. E pensare che, senza rinnegare nulla del suo passato - al quale era molto legato - l'ultimo Mauro, quello siciliano, era un uomo che stava lavorando per lo Stato, per le istituzioni. Aveva deciso di denunciare il degrado e il malcostume - da giornalista non tesserato in una piccola emittente locale - per ripulire... Nell'ultimo mese disse una cosa che a me piacque molto, disse che i giovani avevano capito - al contrario della sua giovinezza e degli slogan "tutto e subito" - che per ottenere i propri diritti (e doveri) bisognava lottare giorno per giorno, col dialogo.

Quest'anno a Trapani durante la commemorazione presenteranno un fumetto/graphic novel sulla sua vita. Tre giovani siciliani hanno voluto rendergli omaggio e raccontare la sua vita, anche alle persone che sono nate dopo la sua morte. Ricordare le storia di questi uomini non è solo un atto d'amore nei loro confronti, è anche un atto politico e un atto d'amore nei confronti di questo Paese. Alcuni di loro hanno avuto film o canzoni, che hanno contribuito a tener viva la memoria e ogni tanto hanno anche contribuito ad arrivare ai processi, a dei pezzetti di verità. L'ultima città nella quale Mauro aveva deciso di vivere, Trapani, due anni fa ha mobilitato una raccolta di firme da inviare al Presidente Napolitano per sollecitare le indagini. Ha contribuito a smuovere le cose. La società civile ha la forza di farlo, noi possiamo cambiare il corso delle cose, alle volte.

La storia processuale di Mauro è in stand by. Per molti anni si è passati da una tesi all'altra. E solo dopo vent'anni - vent'anni - una perizia balistica ha dimostrato che i proiettili utilizzati nel suo agguato erano proiettili appartenenti al "parco armi della mafia", si usa dire così. Ma questo chi gli era vicino e/o chi voleva vedere la verità lo sapeva già. Da due anni stiamo aspettando che inizi un processo. Un ritardo colpevole e fuori dai tempi, ma continuo ad avere fiducia.

Ciao Mauro. Eterna beatitudine.


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