domenica, settembre 26, 2010
11mila i beni confiscati ai boss e gestiti dall'Agenzia nazionale

LiberaInformazione - Un incontro tecnico con esperti della materia, persone che quotidianamente lavorano e si confrontano sulla questione dei beni confiscati. L’occasione giusta per riflettere e avanzare nuove soluzioni nell’intento di ‘Garantire la legalità: un impegno per tutti’. Questo il tema del convegno di rilevanza nazionale svoltosi venerdì 24 settembre ad Isola Capo Rizzuto
, su iniziativa dell’‘Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata’.

E come sede dell’iniziativa non poteva essere scelto un luogo qualsiasi, ma uno che per il territorio esprimesse l’impegno che lo Stato e le istituzioni locali hanno assunto nella lotta alla criminalità e a sostegno del futuro dei giovani: non poteva esserci luogo più emblematico di uno dei terreni confiscati al clan Arena nel territorio di Isola Capo Rizzuto, proprio dove, con il sostegno di ‘Libera’, della Prefettura di Crotone e del Comune di Isola (ente a cui è stata già affidata parte dei terreni) nascerà una cooperativa sociale che darà lavoro ai giovani del luogo. Contrada San Giovanni in località Cardinale, una campagna isolata come tante altre, per un giorno, così, si è popolata di autorità civili, militari e religiose, gente proveniente da tutta Italia, che hanno discusso di legalità e di speranza, ritenuti gli ingredienti essenziali da restituire a questo angolo di Calabria.

Scrigno di conoscenze

Per l’occasione è stato allestito un grande gazebo, trasformatosi in uno scrigno di conoscenze giuridiche e di esperienze in materia da utilizzare per gestire quella proprietà di 90 ettari di terreno appartenuta agli Arena. Il convegno ha infatti segnato un’ulteriore tappa nel percorso di legalità che Isola Capo Rizzuto ha intrapreso: subito dopo le due tavole rotonde in programma in mattinata, si è tenuta la firma del protocollo d’intesa per la definizione del progetto di gestione dei terreni confiscati nei comuni di Cirò e di Isola di Capo Rizzuto. Proprio questo ha fatto auspicare a tutti gli intervenuti che lo Stato possa fornire, in termini di interventi legislativi appropriati, gli strumenti adeguati al raggiungimento dell’opportuna restituzione di quel patrimonio alla collettività.

E l’auspicio sembra più che mai opportuno se si considera che proprio quei terreni su quali si svolgeva la manifestazione sono stati nuovamente coltivati con finocchi, nonostante siano confiscati. Quella proprietà, finora gestita da una società che l’aveva in fitto, è chiaro che vive una fase di transizione da chiarire. L’ambiguità cesserà per sempre nei prossimi giorni, quando l’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati assegnerà quei terreni al Comune di Isola Capo Rizzuto, che a sua volta li darà in gestione ad una costituenda associazione di scopo in cui confluiscono le associazioni agricole del territorio. Saranno queste ad occuparsi da ora in poi della coltivazione e della raccolta.

Gli interventi

Ad aprire la lunga ed intensa mattinata di convegni sono state le autorità del territorio: Carolina Girasole, sindaco di Isola Capo Rizzuto, che da padrona di casa si è detta, a nome della comunità da lei rappresentata, “orgogliosa di accogliere nella nostra amata terra un convegno tanto ricco e importante, non solo per le eccellenti personalità che sono chiamate ad intervenire, ma anche per la serietà e la preoccupante attualità del tema”. Il primo cittadino si è detto soddisfatto dell’attenzione riservata a quella che ha definito “degna terra di Isola” e di cui ha voluto rimarcare le positività, sebbene la circostanza. “Certamente - ha detto - l’onore di accogliere tante personalità avremmo voluto averlo per tutto ciò che di buono e di onesto la nostra comunità è stata ed è in grado di esprimere, e per tutto ciò che di bello e di meraviglioso madre natura è riuscita a creare in questo angolo di paradiso e un po’ dispiace che invece l’occasione ci venga data dalla presenza sul nostro territorio di beni confiscati alle organizzazioni criminali”.

“Il convegno ad Isola di Capo Rizzuto - ha precisato il sindaco - non significa che questo sia un paese in cui la presenza delle organizzazioni criminali sia più forte che in altre realtà calabresi. Nonostante la presenza innegabile nel nostro territorio di forze criminali di stampo mafioso, Isola non è il paese simbolo del malaffare. Al contrario se si è scelto Isola di Capo Rizzuto quale sede di questo convegno è perché è simbolo di un preciso riconoscimento e di una formale presa d’atto da parte dello Stato del fatto che proprio qui, a Isola di Capo Rizzuto, questa Amministrazione ha intrapreso un nuovo cammino ed ha assunto un impegno concreto e forte, con i fatti e non solo a parole, verso il rispetto delle regole”. A confermare la tesi di Carolina Girasole anche il presidente della Provincia, Stanislao Zurlo, secondo il quale “per tanto tempo la legalità da queste parti è stata negata. Ora, invece, è come se stessimo vivendo una sorta di rinascita grazie all’impegno della magistratura, al coraggio di alcuni amministratori e all’attività delle forze dell’ordine. Non ci resta che passare ai fatti, concretizzare gli sforzi fatti fino a questo punto restituendo i beni confiscati alla collettività”.

Ha avuto i toni di un grido d’aiuto, invece, l’intervento del vice presidente della Regione Calabria, Antonella Stasi, che ha richiamato l’esigenza di una maggiore presenza dello Stato per perseguire concretamente l’obiettivo della legalità. Serve, secondo Antonella Stasi, più aiuto a livello centrale, sostegno economico perché “la Calabria possa finalmente rinascere”. Si è mostrato soddisfatto e ottimista il prefetto Vincenzo Panìco, secondo il quale nella provincia crotonese “lo Stato c’è ed ultimamente ha dimostrato di riuscire nel suo ruolo trainante a sostegno della legalità”. Panìco con queste parole ha fatto riferimento all’episodio di qualche mese fa, che ha interessato proprio i terreni confiscati agli Arena, quando non si riusciva a trovare una mietitrebbia per raccogliere il grano coltivato dalla stessa famiglia sulla proprietà confiscata. “In quell’occasione - ha detto - comportandoci con decisione, abbiamo potuto constatare che le associazioni e il mondo dell’agricoltura sono dalla parte della legalità. Serve essere decisi e trainare nella giusta direzione, lo Stato ha il compito di fare da guida”.


La parola agli esperti

Dopo i saluti istituzionali hanno preso il via i lavori con gli esperti della materia: una prima tavola rotonda moderata da Alberto Cisterna, sostituto procuratore della Dna, sul tema ‘Gli strumenti di contrasto’, nel corso della quale hanno relazionato Antonio Girone, direttore della Dia (direzione investigativa antimafia), Vincenzo Giglio, presidente della sezione Misure di prevenzione di reggio Calabria; Gabriella Maria Casella, presidente della sezione Misure di prevenzione di Santa Maria Capua Vetere; Fabio Licata, giudice della sezione Misure di prevenzione di Palermo, Eugenia Del Balzo, presidente sella sezione Misure di prevenzione di Napoli e Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti.
I relatori hanno sviscerato la funzione degli strumenti e della disciplina a disposizione per regolamentare e rendere concretamente fruibili, dunque a disposizione della collettività, i beni confiscati ai clan: le origini della Dia, ad esempio (Girone), costituita per volontà di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, un’entità che realizza un lavoro interforze tra Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza, con priorità di contrasto alla criminalità organizzata. Ad appoggiare il lavoro della Dia c’è l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, attualmente presieduta dal prefetto Mario Morcone, attraverso la quale è stato possibile mettere in piedi ulteriori misure di contrasto, “in particolare - ha fatto osservare Girone - il contrasto all’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici”.

La necessità di consolidare un assetto normativo più equilibrato, visto che al momento appare piuttosto frammentato, perché lo Stato concretizzi il suo impegno contro la mafia, è stata richiamata da Vincenzo Giglio. Perché la confisca abbia un senso serve restituire realmente quei beni alla collettività generando occupazione e servizi, per questo Giglio ha precisato che “occorre dare alle comunità il giusto segnale, evitando di far apparire che lo Stato distrugge il lavoro che la mafia, invece, dà. Questo richiede particolare impegno, occorre disciplinare fino a che punto lo Stato può fare impresa e investire come un normale imprenditore. Chiarire cosa si intende fare con i beni confiscati”. Nel corso dell’incontro i relatori, in particolare Eugenia Del Balzo, hanno rimarcato le carenze di organico in cui versano le procure, motivo per il quale spesso i beni confiscati non vengono effettivamente restituiti alla collettività. A questa carenza, poi, si affianca una confusione normativa e spesso una scarsa partecipazione della società civile.
“Le forze - ha esclamato Eugenia del Balzo - sono poche, la giustizia si sta uccidendo con l’eliminazione del personale amministrativo, si lavora in condizioni difficili ed assurde, mentre la necessità è quella di accelerare i tempi della giustizia”.

Per contrastare gli interessi finanziari della mafia, che consolida il suo potere oltre che al Sud, anche nel Nord Italia e nelle più importanti sedi finanziarie d’Europa, un ruolo cruciale possono assolverlo i commercialisti, proprio per questo Claudio Sicilioti, che ne è il rappresentante nazionale, ha portato la voce della categoria, garantendo tutto il sostegno a favore della promozione della legalità e dichiarando come proprio modello di riferimento la figura di Ambrosoli.

Conclusa la prima tavola rotonda, senza nessuna pausa, si è passati a riflettere con altri relatori sul tema ‘Verso un codice delle leggi antimafia’.
A portare il loro contributo sono stati, coordinati da Luigi Birritteri, capo dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, Enzo Calabria della Criminalpool, Lucia Lotti, procuratore della Repubblica di Gela, Giuseppe Pignatone, procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Vincenzo Antonio Lombardo, procuratore della Repubblica di Catanzaro, Raffaele Mazzotta, procuratore della Repubblica di Crotone, Angelo Mangione, professore associato dell’Università Lumsa, Giovanni Findaca, professore ordinario dell’Università di Palermo e l’avvocato Vincenzo Nico D’Ascola.
Difficile da disciplinare . Un altro discorso tecnico relativo ai vuoti legislativi, alle incongruità e ai contrasti tra le norme e le competenze dei diversi tribunali, perché, come ha fatto osservare il moderatore, “la confisca dei beni rappresenta una materia complessa e difficile da disciplinare”. Al proposito le soluzioni sono state proposte da Lombardo e Mazzotta, che hanno auspicato un lavoro di intesa e collaborazione tra le procure distrettuali e circondariali, proprio come avviene tra quelle di Crotone e Catanzaro.

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