martedì, settembre 21, 2010
Secondo quanto scrive il giornale sudafricano "Times Live", «Il governo ha finalmente abbandonato il suo sforzo da 9.2 miliardi di rand per sviluppare e produrre mini-centrali che era sicuro di poter diffondere in tutto il Paese e che diceva sarebbero state abbastanza semplici a vendere ai nostri vicini africani, a Paesi senza competenze tecniche».

GreenReport - Ricerche sulla Pebble bed technology sono in corso anche negli Usa e in Cina, i Pbmr si basano su una tecnologia auto-stabilizzante che non comporterebbe rischi di meltdown, se le cose andassero storte. Inoltre questi mini-reattori non avrebbero bisogno di essere costruiti accanto ad un lago o al mare per il raffreddamento e potrebbero alimentare le industrie a valle che utilizzano il vapore che emettono. A porre fine al "sogno" (o incubo) del mini-nucleare sudafricano ci ha pensato il ministro per le imprese pubbliche, Barbara Hogan, che ha dovuto ammettere davanti al Parlamento di Pretoria: «Se ci fosse stata una qualsiasi altra opzione praticabile, l'avremmo presa in considerazione».

Si tratta di una storia cominciata 10 anni fa, che ora secondo la Hogan «Dovrà essere sottoposta a revisione per vedere quali insegnamenti possono essere appresi», dal fallimento di un progetto che gli oppositori definirono subito il più grosso "white elephant" del Sudafrica, per rimarcare la sua assurdità.

Uno dei più accaniti critici del mini-nucleare, Lance Greyling degli Independent Democrats, sottolinea su Times Live « Tutto ciò che posso dire oggi è vendetta, vendetta, vendetta. Per sei anni in Parlamento ho sempre evidenziato l'assurdo ammontare di denaro che il governo ha ritenuto opportuno gettare via nel Pebble bed modular reactor (Pbmr)». Anche Pieter van Dalen della Democratic Alliance è convinto che il progetto può essere annoverato tra «Le spese inutili e gli sprechi».

La Hogan era in forte difficoltà quando ha dovuto ammettere che il progetto Pbmr non è stato in grado di trovare clienti o un partner d'investimento, necessari perché per il suo sviluppo ci vorrebbero almeno altri 30 miliardi di rand. Inoltre il progetto del nucleare "tascabile" non ha mai rispettato le scadenze prefissate per la costruzione del prototipo e i ritardi per il futuro si prevedevano ancora maggiori. Hogan ha detto che il governo ha speso più di 7miliardi di rand nell'esperimento, mentre il resto è venuto dalla Industrial development corporation formata da Eskom e Westinghouse.

«L'opportunità di far partecipare il Pbmr al programma Next generation nuclear plant (Ngnp) Usa del consorzio Westinghouse consortium è sparita a maggio di quest'anno, quando la Westinghouse si è ritirata da programma - ha spiegato il ministro - Se il Sudafrica si impegnerà in un programma di costruzione di nucleare nel prossimo futuro, non sarà con la Pebble bed tchnology, che è prima di tutto una tecnologia in fase di ricerca e progettazione, ma dovrà prendere in considerazione opzioni ben testate».

Ma anche in Sudafrica il problema del nucleare è economico prima che tecnico: «La gravità della crisi economica - spiega la Hogan - e le tensioni che ha introdotto nel fisco così come la natura e la portata delle attuali priorità di sviluppo del governo, hanno costretto il governo a ridefinire le priorità nei suoi obblighi di spesa e, quindi, la necessità di prendere alcune decisioni difficili. La società Pbmr company aveva ridotto il proprio personale ad un quarto e ridimensionato la ricerca e lo sviluppo quando è risultato chiaro che non ci sarebbe stato presto nessun cliente per il progetto».

Il ritiro del partner statunitense è stato il colpo di grazia che ha convinto il governo sudafricano a chiudere il programma del mini-nucleare, mantenendo solo un pugno di persone dello staff per assicurarsi la proprietà di alcuni brevetti accumulati durante la ricerca.

Il più imbarazzato per questo colossale ed umiliante flop nucleare dovrebbe essere l'ex ministro delle imprese pubbliche Alec Erwin, un sostenitore entusiasta della tecnologia del mini-nucleare che aveva assicurato che la Eskom avrebbe acquistato almeno 24 reattori Pbmr, mentre decine sarebbero stati venduti in giro per l'Africa, dove potevano essere facilmente installati e gestiti in modo sicuro. Un sogno, ma più probabilmente un incubo, del nucleare tascabile made in Africa finito miseramente in uno spreco miliardario pagato quasi tutto attingendo dalle non floride tasche dei contribuenti sudafricani.


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