martedì, settembre 21, 2010
La nostra Monica Cardarelli ci parla del libro edito da Edizioni Paoline

Il libro “Le case di Maria” di P. Ermes Ronchi non è un libro qualunque, e già il sottotitolo ‘Polifonia dell’esistenza e degli affetti’ ne anticipa un’impostazione molto particolare. Infatti, generalmente si pensa che un libro debba comunicare e fornire informazioni, narrare storie, raccontare qualcosa che può essere più o meno vicina e sentita da chi legge. In questo caso, però, non è così: leggendo le pagine che compongono questo libro si percepisce tutta la forza della presenza di Dio nella storia e nella vita personale di ciascuno di noi.
Sono parole dense quelle utilizzate da Ermes Ronchi, che in maniera semplice e chiara ma allo stesso tempo profonda ci parla della presenza di Dio nel quotidiano, nella vita di tutti i giorni, nei luoghi deputati alla familiarità e all’intimità: le nostre case. “Queste pagine si concludono con l’invito a riscoprire la ‘Chiesa presso la casa’, a non temere il quotidiano, perché è lì, nel tuo respiro, che respira il Signore della vita” così termina Ermes Ronchi queste meravigliose e tremende pagine, che ti mettono a nudo di fronte alle tue debolezze e all’immenso amore di Dio per te, alla sua presenza e alla fedeltà costante nella tua vita. “Dio non si merita, si accoglie. Se pensi di meritare la comunione sei ancora seduto al banco delle imposte, ancora a ragionare in termini di dare e avere, e riduci l’amore di Dio a un mercimonio, a un amore mercenario.” Parole forti che restituiscono grande dignità all’umanità di Dio e alla libertà dell’uomo di rispondere e ricambiare il suo amore “E ancora adesso Dio vive per il nostro amore, sta a noi aiutarlo a incarnarsi in queste case, in questi incontri. Valorizzando il feriale, il carnale, l’umiltà di Dio, la vicinanza della carne allo spirito, la compenetrazione di cielo e terra, uomo e Dio abbracciati, che insieme operano, nella concretezza.”

Non è facile pensare all’umanità di Dio e spesso siamo portati a cercarlo nei luoghi di culto, al massimo ci spingiamo a cercarlo nei fratelli delle comunità ecclesiali ma non sempre ci rendiamo conto che è presente nel nostro quotidiano e non si aspetta che facciamo grandi cose per lui, semplicemente che lo accogliamo e stiamo con lui. “Anche Gesù quando scelse i dodici, ‘li chiamò a sé perché stessero con lui’ (Mc. 3, 14). Gesù non sceglie eroi, profeti, guaritori, esorcisti, oratori, messaggeri. Sceglie i dodici perché stiano con lui. Poi saranno inviati. Ma sceglie per prima cosa dei compagni di vita, non della gente che faccia delle cose per lui, ma con cui ‘fare casa’. Il primo obiettivo di Gesù non è la conversione ma la compagnia degli uomini, la comunione. (…) Gesù ne scelse dodici per ‘fare casa’ con loro, perché facessero esperienza di vita con lui. La guarigione della vita è liberarla dalla malattia della solitudine, dalla tirannia del fare, dal fascino della quantità, e riproporre il fascino della comunione.”

“Le case di Maria” non è un libro semplice ma è sorprendente. Iniziando la lettura si intuisce sin dalle prime pagine il percorso che Ermes Ronchi propone al lettore: testimoniare attraverso la vita di Maria il rapporto d’amore che lega Dio agli uomini. Nel quotidiano, non nello straordinario. È un libro sorprendente perché riesce realmente a farti sentire parte del racconto, soggetto di questo legame, e allo stesso tempo svela aspetti di Maria e della sua vita finora nascosti o ignorati: “Maria lascia la casa del sì detto a Dio e va nella casa del sì detto a un uomo, ci va da donna innamorata, ama il suo uomo con cuore di carne, in tenerezza e castità. Maria è la donna del sì, ma il suo primo sì l’ha detto a Giuseppe: l’angelo la trova già promessa, già legata, già innamorata. (…) Forse dobbiamo chiedere perdono a Maria per aver fatto un torto alla sua umanità; forse per paura di contaminarla con le cose di quaggiù, l’abbiamo creduta capace di amare solamente Dio, invece è maestra anche nell’amare le creature in calore e tenerezza. Maestra anche di quella stagione felice che è l’attesa di essere madre”. Infatti ogni capitolo del libro si snoda attraverso la vita di Maria, cominciando sempre con il passo dei Vangeli o delle Scritture che parla di quanto diventerà poi oggetto del capitolo stesso: dall’annuncio dell’angelo all’incontro con Elisabetta (“Come amo la libertà di Maria. Libera di partire in fretta, di non lasciarsi condizionare da niente, di fare qualcosa che fino a un minuto prima era lontanissimo dai suoi progetti.”) fino al momento in cui Maria viene accolta in casa di Giuseppe; dall’attesa e la nascita del Figlio alla visita dei Magi, dalla perdizione di Gesù al tempio al primo miracolo, le nozze di Cana, fino ad arrivare alla presenza di Maria sotto la croce e all’accoglienza di Giovanni nella sua casa, per terminare con la casa della Pentecoste.

“Dio ci viene incontro innanzitutto nella nostra casa segreta, dove siamo davvero noi stessi, solus ad Solum, senza maschera alcuna, dove sei persona e non personaggio. Ma subito dopo ci attende, in fretta, nelle relazioni positive e forti, ci incontra nel nostro tessuto di affetti, è presente nei dialoghi, negli incontri, nella reciprocità attenta, lo senti nella tenerezza immeritata che illumina la casa, nei gesti di chi ti vuol bene, è attento a te e ti ascolta.”

Sembra che in ogni pagina, in ogni capitolo di questo libro ci venga proposta una nuova visione e interpretazione della Scrittura, nuova perché forse i nostri occhi non l’hanno ancora mai vista così. Un lento e delicato svelamento, attraverso la vita e l’atteggiamento di Maria, che non può non toccarci nel vivo delle nostre debolezze e dei nostri affetti. Non è possibile leggere queste pagine e rimanerne lettori distaccati, spettatori estraniati.

“Anche a noi spesso manca non tanto il necessario ma quel ‘non so che’ che dona qualità alla vita, per cui le cose acquistano profumo e sapore; ci manca quel ‘non so che’ di gioia, di amicizia, di passione, di entusiasmo, di festa interiore perché avanzi quella fragile barca di canne che è il cuore. Un superfluo più importante del necessario: mancano amicizia, fede, gioia, bellezza, qualità della vita. Mancano forse piccoli perdoni, piccoli sorrisi, piccole tensioni da coprire, piccole parole da frenare, piccoli gesti di affetto; forse ci manca poco perché si manifesti il buon vino. Ma il vino è il simbolo dell’amore: viene a mancare l’amore ed è l’esperienza quotidiana, universale, perché Cana è la vicenda perenne di ciascuno di noi. Maria se ne accorge per prima, perché conosce l’amore meglio di tutti, perché ne ha provato la grande polifonia, perché ne è intrisa.”

Non è facile scrivere di questo libro, tanta è la ricchezza e la profondità, e il solo parlarne può risultare limitativo. Perché la propria vita, gli affetti, il legame con Dio non si raccontano, si vivono: “Nella casa Dio ti sfiora, ti tocca. Lo fa in un giorno in cui sei così ubriaco di gioia e di amore da dire alla creatura che ami parole totali, assolute e che si vogliono eterne; ti tocca in un giorno di lacrime, nell’abbraccio dell’amico, o quando nel deserto del sempre uguale ti imbatti nell’inaudito.”

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