Discutendo di pena capitale, la coscienza collettiva s’interroga spesso se la punizione non sia più abietta della pena…
del nostro collaboratore redazionale Stefano Buso
In un clima di indifferenza generale si sta per concludere nel peggiore dei modi la vita di Teresa Lewis, condannata a morte sette anni fa, nel 2003, accusata di aver orchestrato l'omicidio del figliastro e del marito. Dopo il governatore della Virginia, anche la Corte Suprema ha negato la grazia alla Lewis, una disabile mentale poco più che quarantenne. Negli USA, queste “cronache” non scuotono l’opinione pubblica, anzi vengono ignorate dai media. A proposito della stampa americana, vale la pena fare una riflessione: i giornali più importanti dedicano al caso solo qualche gracile articolo, tra l’altro nelle pagine meno in evidenza. Manca, in pratica, quella indispensabile risonanza utile a sensibilizzare i lettori e sollevare l'unanime indignazione. Non è la prima volta che ciò accade. Perciò si comprende come fatti così esiziali dal punto di vista umano non destino né sdegno né interesse.
Paradossalmente, le proteste più calde prendono le mosse in altri luoghi del mondo. In Europa, ad esempio, ma non solo. Stavolta è intervenuto persino il presidente dell’Iran, che ha paragonato la vicenda della Lewis a quella di Sakineh, con intenti chiaramente strumentali ma, fortunatamente, senza alcun successo.
Tuttavia l’apatia degli americani (quantomeno, di una parte) è l’aspetto che crea maggiore incredulità. Anni or sono, in più di un’occasione, Giovanni Paolo II chiese clemenza a governatori e autorità statunitensi in favore di persone in procinto di essere giustiziate. Il risultato fu quello che ben si può immaginare, cioè nullo. In un caso, addirittura, qualcuno “accusò” la Chiesa di eccessiva ingerenza negli affari interni di una nazione straniera.
Nei fatti, il bieco meccanismo delle esecuzioni difficilmente si arresterà. Quindi, a meno che non avvenga un miracolo, anche stavolta il boia farà il suo sporco lavoro, e Teresa Lewis – clinicamente affetta da ritardo mentale – riceverà la dose letale per arrivare all’altro mondo. A questo punto, un prodigio celeste gioverebbe davvero alla Lewis…
La pena di morte è una punizione inumana, degradante e inqualificabile. Nel Nord America è stata applicata indistintamente anche nei confronti di donne, giovanissimi, anziani e minorati, sia mentali che fisici. Non va comunque scordato che è praticata in diverse nazioni del pianeta con drammatica puntualità, e quasi sempre accompagnata dal torpore generale. E tuttavia, in queste realtà, non è mai stata un deterrente efficace contro i crimini e la delinquenza. In parole povere non serve a nulla.
del nostro collaboratore redazionale Stefano Buso
In un clima di indifferenza generale si sta per concludere nel peggiore dei modi la vita di Teresa Lewis, condannata a morte sette anni fa, nel 2003, accusata di aver orchestrato l'omicidio del figliastro e del marito. Dopo il governatore della Virginia, anche la Corte Suprema ha negato la grazia alla Lewis, una disabile mentale poco più che quarantenne. Negli USA, queste “cronache” non scuotono l’opinione pubblica, anzi vengono ignorate dai media. A proposito della stampa americana, vale la pena fare una riflessione: i giornali più importanti dedicano al caso solo qualche gracile articolo, tra l’altro nelle pagine meno in evidenza. Manca, in pratica, quella indispensabile risonanza utile a sensibilizzare i lettori e sollevare l'unanime indignazione. Non è la prima volta che ciò accade. Perciò si comprende come fatti così esiziali dal punto di vista umano non destino né sdegno né interesse.
Paradossalmente, le proteste più calde prendono le mosse in altri luoghi del mondo. In Europa, ad esempio, ma non solo. Stavolta è intervenuto persino il presidente dell’Iran, che ha paragonato la vicenda della Lewis a quella di Sakineh, con intenti chiaramente strumentali ma, fortunatamente, senza alcun successo.
Tuttavia l’apatia degli americani (quantomeno, di una parte) è l’aspetto che crea maggiore incredulità. Anni or sono, in più di un’occasione, Giovanni Paolo II chiese clemenza a governatori e autorità statunitensi in favore di persone in procinto di essere giustiziate. Il risultato fu quello che ben si può immaginare, cioè nullo. In un caso, addirittura, qualcuno “accusò” la Chiesa di eccessiva ingerenza negli affari interni di una nazione straniera.
Nei fatti, il bieco meccanismo delle esecuzioni difficilmente si arresterà. Quindi, a meno che non avvenga un miracolo, anche stavolta il boia farà il suo sporco lavoro, e Teresa Lewis – clinicamente affetta da ritardo mentale – riceverà la dose letale per arrivare all’altro mondo. A questo punto, un prodigio celeste gioverebbe davvero alla Lewis…
La pena di morte è una punizione inumana, degradante e inqualificabile. Nel Nord America è stata applicata indistintamente anche nei confronti di donne, giovanissimi, anziani e minorati, sia mentali che fisici. Non va comunque scordato che è praticata in diverse nazioni del pianeta con drammatica puntualità, e quasi sempre accompagnata dal torpore generale. E tuttavia, in queste realtà, non è mai stata un deterrente efficace contro i crimini e la delinquenza. In parole povere non serve a nulla.
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