I politici passano, i guerriglieri si uccidono, le donne, loro, restano. Hanno un ruolo fondamentale per il futuro del paese. Non si può fare la pace senza le donne”
Agenzia Misna Simona Lanzoni, esponente dell’organizzazione non governativa ‘Pangea’ impegnata da anni in Afghanistan, esprime in questi termini alla MISNA l’importanza del coinvolgimento delle donne nel processo di pace in corso da ieri a Kabul tra il governo e gli insorti. Sui 68 membri dell’Alto consiglio per la pace al lavoro in queste ore, sette sono donne. In Afghanistan, dove negli ultimi vent’anni i diritti delle donne sono stati troppo spesso negati, questa rappresentatività, così come quella che in Parlamento ha instaurato una ‘quota rosa’ (il 25% dei seggi, Ndr), può essere considerata un passo avanti. Tuttavia, le organizzazioni di donne hanno alcune riserve: “Su richiesta del presidente Hamid Karzai, la 'Commissione indipendente per i diritti umani' e la 'Rete afghana per le donne' avevano stilato un elenco di personalità, donne, da poter assegnare all’Alto Consiglio di pace. Nessuna di loro è stata scelta, mentre figurano invece esponenti del mondo culturale, o qualcuna legata alla famiglia presidenziale. Si teme che il margine di contrattazione delle donne rimanga debole” riferisce alla MISNA Simona Lanzoni, che fino a pochi giorni fa si trovava in Afghanistan. Una protesta formale è stata indirizzata a Karzai e trattative sarebbero in corso per venire incontro alle richieste delle donne. “Sicuramente - aggiunge Lanzoni - l’avvio dei lavori del Consiglio per la pace è significativo. Per la condizione delle donne in generale del paese, ci sono stati alcuni progressi, ma il processo è lentissimo e serve un importante lavoro di fondo”. Mentre Kabul ospita i primi negoziati considerati “seri” verso un accordo tra gli attori della crisi afghana, a Talukan, capitale della provincia settentrionale di Takhar, un governatore e 14 altri civili sono stati uccisi nell’esplosione avvenuta in una moschea.
Agenzia Misna Simona Lanzoni, esponente dell’organizzazione non governativa ‘Pangea’ impegnata da anni in Afghanistan, esprime in questi termini alla MISNA l’importanza del coinvolgimento delle donne nel processo di pace in corso da ieri a Kabul tra il governo e gli insorti. Sui 68 membri dell’Alto consiglio per la pace al lavoro in queste ore, sette sono donne. In Afghanistan, dove negli ultimi vent’anni i diritti delle donne sono stati troppo spesso negati, questa rappresentatività, così come quella che in Parlamento ha instaurato una ‘quota rosa’ (il 25% dei seggi, Ndr), può essere considerata un passo avanti. Tuttavia, le organizzazioni di donne hanno alcune riserve: “Su richiesta del presidente Hamid Karzai, la 'Commissione indipendente per i diritti umani' e la 'Rete afghana per le donne' avevano stilato un elenco di personalità, donne, da poter assegnare all’Alto Consiglio di pace. Nessuna di loro è stata scelta, mentre figurano invece esponenti del mondo culturale, o qualcuna legata alla famiglia presidenziale. Si teme che il margine di contrattazione delle donne rimanga debole” riferisce alla MISNA Simona Lanzoni, che fino a pochi giorni fa si trovava in Afghanistan. Una protesta formale è stata indirizzata a Karzai e trattative sarebbero in corso per venire incontro alle richieste delle donne. “Sicuramente - aggiunge Lanzoni - l’avvio dei lavori del Consiglio per la pace è significativo. Per la condizione delle donne in generale del paese, ci sono stati alcuni progressi, ma il processo è lentissimo e serve un importante lavoro di fondo”. Mentre Kabul ospita i primi negoziati considerati “seri” verso un accordo tra gli attori della crisi afghana, a Talukan, capitale della provincia settentrionale di Takhar, un governatore e 14 altri civili sono stati uccisi nell’esplosione avvenuta in una moschea.
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