domenica, ottobre 10, 2010
Il biodiesel dalle alghe è ancora troppo costoso per la commercializzazione: circa il doppio rispetto ai biocarburanti di seconda generazione. Ma i costi stanno scendendo e tra 10-15 anni le alghe saranno competitive, spiegano alcuni studi. Eviterebbero effetti collaterali di altre colture energetiche come quelli sull'uso del suolo. Ma anche le alghe hanno un impatto forte, quello dei fertilizzanti che la loro coltivazione richiederebbe.

Qualenergia.it - Sono tra i più promettenti biocarburanti della cosiddetta terza generazione, i biofuel da alghe da tempo hanno attirato l'attenzione del mondo dell'energia, catalizzando anche un discreto volume di investimenti addirittura da parte dei grandi del petrolio. Ma ricavare biocombustibile dalle alghe è ancora troppo caro e questa tecnologia resta per ora in una nicchia sperimentale. Quanto ci vorrà perché questi carburanti arrivino fino ai serbatoi delle nostre auto?

Un paio di lavori scientifici pubblicati recentemente cercano di misurare il pezzo di strada che manca ai biocarburanti da alghe per essere competitivi con gli altri biofuel e con il petrolio: dovrebbero mancare circa 15 anni. Un litro di carburante dalle alghe attualmente costa circa 3 volte e mezzo più che un litro di petrolio e circa il doppio rispetto all'olio di colza. Ma secondo uno studio pubblicato sul numero di ottobre della rivista Energy Policy il gap sarebbe destinato ad essere colmato nel prossimo decennio.

La pubblicazione di Justus Wesseler e Vujadin Dovacevic dell'olandese Wageningen University stima infatti in 52,3 euro per megajoule il costo dei bicarburanti da alghe, da compararsi con i 36 dell'olio di colza e con i 15,8 del petrolio. Per reggere il confronto, la produttività dei reattori che producono biodiesel dalle alghe dovrà crescere almeno del 3-4% annuo per 15 anni. Una evoluzione abbastanza probabile secondo i due ricercatori. Tanto più che biocarburanti convenzionali e il petrolio sono tecnologie mature con margini di miglioramento molto più ristretti e che il calo di prezzo del biodiesel da alghe diverrà più veloce con l'avvio di economie di scala.

Ad agosto altri due ricercatori della Wageningen University, Rene Wijffels e Maria Barbosa , in uno studio pubblicato su Science avevano anche loro stimato in 10-15 anni il tempo necessario affinché i biocarburanti da alghe diventassero competitivi, dimostrando come coltivando ad alghe una superficie grande come il Portogallo si sarebbe potuto soddisfare l'intero fabbisogno europeo di biocarburanti.

Le quantità prodotte per ettaro di biodiesel ottenuto con le alghe sono infatti molto superiori a quelle dei biocarburanti di seconda generazione: dai 3 ai 5mila galloni per acro contro i circa 100 della colza e di altre coltivazioni simili. Se il carburante dalle alghe arrivasse finalmente alla pompe, dunque, potrebbe contribuire significativamente a ridurre alcuni degli impatti più pesanti dei biofuel convenzionali: come deforestazione, consumo di suolo e prezzo dei generi alimentari (vedi Qualenergia.it, Sezione Biocombustibili).

Anche il ciclo di produzione del biodiesel da alghe però non è esente da un certo impatto ambientale e va indagato più a fondo. Un tentativo in questo senso lo ha fatto un lavoro pubblicato alcuni mesi fa da Andres Clarens della University of Virginia. Lo studio, contestato dall'industria del biodiesel da alghe, punta l'indice su un aspetto critico di questo biocarburante di terza generazione: l'uso intensivo di fertilizzanti necessari a fare crescere le alghe. Comprendendo nel bilancio anche la produzione dei fertilizzanti, le alghe – consumo di suolo escluso – non sarebbero migliori delle altre colture energetiche e potrebbero produrre più CO2 di quanta ne evitino. Una soluzione per dare nutrimento alle alghe, suggerisce lo studio, sarebbe quella di utilizzare le acque di scarico delle fogne.


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