domenica, ottobre 17, 2010
Conferenza dell'Unione Europea a Bucarest sui rom, tra politica e associazionismo, pnel segno di una nuova politica d'integrazione

di Sergio Della Cà di Dio

PeaceReporter - La conferenza dell'Unione Europea, organizzata a Bucarest per discutere dei programmi di aiuto ai rom, estremamente d'attualitá a causa dei recenti rimpatri operati dal governo francese nei confronti di numerosi gruppi rom verso la Romania e la Bulgaria, è stato scarsamente pubblicizzato dai media locali: un paio di televisioni e qualche testata giornalistica sono davvero poco rispetto al ricco parterre di ospiti, realtá associative e istituzioni presenti.

Tanti al contrario i giornalisti francesi consapevoli che fin dall'inizio il discorso sarebbe inevitabilmente scivolato sul rapporto Francia - Romania, nonostante quasi tutti gli ospiti abbiano cercato di smorzare ogni possibile polemica: un atteggiamento da un lato costruttivo, utile dal punto di vista dei lavori, dall'altro un po' "forzato", visto il polverone sollevato dalle decisioni prese dall'esecutivo parigino. László Andor, ungherese Commissario Europeo degli Affari e dell'Inclusione Sociale, ha affermato che "con i recenti avvenimenti il rischio è quello di sfociare nel razzismo: per l'Unione Europea non è accettabile, così come non sono accettabili i ghetti in cui spesso si trovano a vivere gli immigrati. Servono azioni concrete. L'UE sta lavorando duramente per dare a tutti le stesse possibilitá."

Nicolae Păun, parlamentare rumeno, parla di "situazione tragica, anche peggio di 10 anni fa, perché ci sono stati "presunti" investimenti di fondi da parte di Bruxelles, che peró si sono bloccati o persi per strada. I soldi devono arrivare in modo chiaro a livello locale. Serve una lista di prioritá, tra cui non possono mancare, oltre all'azione antixenofoba, una riduzione della marginalizzazione dei rom, troppo spesso esclusi dall'assistenza sociale (il 70 per cento circa in Romania, spesso soltanto a causa di una non conoscenza delle possibilitá offerte dallo Stato), e un'azione a livello di educazione. La metá dei giovani non va a scuola, quando ci va spesso non termina gli studi. Al contrario si dovrebbe cominciare dall'asilo." Per questo aggiunge "Cambiano i governi, tutti parlano di rom e arrivano con delle soluzioni improvvisate, ognuno "scopre l'America": ora serve un programma serio, chiaro e definitivo.".

Alina Mungiu-Pippidi, professoressa e politologa esperta nelle politiche di inclusione sociale, ringrazia ironicamente il presidente francese Nicolas Sarkozy, "senza il quale", sostiene, "non sarebbe uscito il problema. Un problema enorme, che non è mai stato prioritario nelle politiche comunitarie, ne tanto meno in quelle rumene, ma che è diventato improvvisamente uno dei punti piú caldi in agenda. In Romania non si é mai affrontata la cosa con serietá, soprattutto a livello locale; invece serve proprio un approccio di tipo "multi level": europeo, nazionale, regionale e, per l'appunto, locale, coordinato tra le varie istituzioni, le realtá associative, le ONG e le comunitá rom.". Nicolae Gheorghe, coordinatore del Centro Sociale di Intervento e Studi Rom "Rromani CRISS" ribalta provocatoriamente il concetto: "Tutti dicono che i rom non sono un problema rumeno ma europeo, ma noi dobbiamo iniziare a pensare esattamente il contrario: sono un problema rumeno! La situazione rumena è la peggiore dell' UE. Si parla di traffico di bambini, di prostituzione: è agghiacciante come situazione, serve concretezza a partire dal nostro Paese".


Chissá se il Presidente romeno Traian Băsescu, assente a causa della contemporanea visita di Angela Merkel a Bucarest e Cluj-Napoca, sarebbe stato d'accordo. Il suo messaggio, letto in apertura dei lavori da un portavoce, parla di "un problema di tutti, sia per la Romania che per gli altri paesi che fanno parte dell'Ue.". Non soltanto "bisogna promuovere e utilizzare i fondi messi a disposizione per i rom dall'Unione" ma "la Romania é un esempio per come sta affrontando questo problema, introducendo figure specifiche come i mediatori culturali scolastici e di comunitá."
Poca voglia di parlare di Sarkozy e solo velati accenni ai rimpatri. Tutto il contrario del vice primo ministro Markó Béla, che afferma che "la risposta francese al problema é stata come dire che non c' é soluzione europea al problema rom. Serve invece uno sforzo comune! Non si risolve nulla se non si comunica coi rom: serve dialogo con loro, una inclusione nel processo decisionale. Non bisogna fargli perdere le loro peculiaritá, non sarebbe integrazione, anzi al contrario servono rispetto per cultura, tradizioni, lingua che portano arricchimento all'Ue." Al tempo stesso peró: "Anche i rom devono coscientizzarsi e responsabilizzarsi: i progetti si fanno con loro, non solo per loro".

Lívia Járóka, europarlamentare ungherese di etnia rom, accoglie con ironia le assenze di Boc e Băsescu e polemizza con la Francia: "Non si puó dire che tutti i rom siano rumeni, così come non si puó dire che tutti i magrebini siano francesi. E' un discorso piú complesso. L'unica cosa che si puó dire con certezza é che i rom sono cittadini europei come gli altri devono avere gli stessi diritti e non essere degli animali in gabbia nei campi nomadi. Servono programmi gestiti da professionisti. E serve che tutti i partiti abbiano al loro interno dei rom per poter comunicare meglio loro: ormai dappertutto i rom e i campi nomadi sono diventati un argomento politico che sposta voti e cambia gli equilibri. Servono leader rom, riconosciuti dalla comunitá in primis, e dalle istituzioni poi: i rom devono capire che devono fare la loro parte, riconoscere la legge". Viene elogiata la politica della Spagna, dove "nonostante ci siano ancora tante cose che non vanno, si é iniziata da tempo una politica di educazione e integrazione scolastica che ha portato a un livello di alfabetizzazione senza precedenti in Ue". L'Italia, al contrario, viene citata solamente per sottolineare la politica tendenzialmente repressiva nei confronti degli immigrati e la totale assenza di organi di informazione conferma un certo disinteresse dal punto di vista dell'argomento integrazione-rom.

Al termine della due giorni di dibattiti e workshop, la sensazione è contraddittoria: da un lato sensazioni positive, perché forse per la prima volta si è parlato in modo chiaro a livello istituzionale del problema della minoranza etnica piú grande d'Europa, in modo costruttivo e propositivo; dall'altro il consueto timore di una poca concretezza di fondo. Anche perché l'argomento è sicuramente tra i meno semplici da affrontare. Nel finale fatto delle solite promesse a medio e lungo termine, la frase che piú colpisce la pronuncia ancora Asztalos: "Grazie a tutti per la vostra partecipazione, spero tanto non sia stata soltanto l'ennesima conferenza".


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