della nostra redattrice Monica Cardarelli
“Chiara allo specchio: un modo nuovo di guardare oltre i riflessi” è il titolo dell’intervento del Prof. Marco Bartoli al Festival francescano di Reggio Emilia. La simbologia dello ‘specchio’ nella religiosità del Medioevo era molto forte e anche solo il termine ‘specchio’ è stata una parola-chiave per Chiara. Ma se Francesco con questa parole intendeva il fatto di essere esempio per gli altri, Chiara attribuisce al termine ‘specchio’ il riferimento diretto a Cristo. Infatti, in cosa poteva specchiarsi una donna che ha vissuto per quarantadue anni entro le mura del monastero di San Damiano? L’unico ‘specchio’ per Chiara è stato il crocefisso di San Damiano, lo stesso che parlò a Francesco chiedendogli: ‘Va’ e ripara la mia casa che come vedi è in rovina’.
Il crocefisso di San Damiano è il cuore della chiesa e l’unico specchio davanti al quale Chiara pregava. Non è facile capire come poteva pregare una donna di quell’epoca. Per aiutarci a scoprirlo, Marco Bartoli ha ripreso alcuni passi della IV lettera di Chiara ad Agnese di Praga e ci ha condotti nella nuova visione della santa assisana.
“Te veramente felice! Ti è concesso di godere di questo sacro convito per poter aderire con tutte le fibre del tuo cuore a colui, la cui bellezza è l’ammirazione instancabile delle beate schiere del cielo. L’amore di lui rende felici, la contemplazione ristora, la benignità ricolma. La soavità di lui pervade tutta l’anima, il ricordo brilla dolce nella memoria. E poiché questa visione di lui è splendore della eterna gloria, chiarore della luce perenne e specchio senza macchia, ogni giorno porta l’anima tua, o regina, sposa di Gesù Cristo, in questo specchio e scruta in esso continuamente il tuo volto, perché tu possa così adornarti tutta all’interno e all’esterno, vestita e circondata di varietà, e sii parimenti adorna con i fiori e le vesti di tutte le virtù, come conviene a te, figlia e sposa carissima del sommo Re.”
La prima cosa che colpisce di queste parole è il fatto che questa lettera sia stata scritta da Chiara poco prima della morte, quindi quando era già malata e si sentiva prossima alla fine. Non è però uno scritto che richiama un testamento o sentimenti di amarezza, paura o tristezza, colpiscono anzi l’entusiasmo, la passione e il trasporto di queste parole.
In queste righe è evidente come Gesù diventa ‘specchio’ per Chiara e la Sua bellezza è specchio in cui Chiara invita Agnese a riflettersi per adornarsi di Lui, per diventare bella di Lui.
Nel suo intervento il Prof. Bartoli si è soffermato sul modo in cui guardare lo specchio. Chiara invitava a guardare con gli occhi interiori quel crocefisso. Da qui lo stretto rapporto tra il vedere e il pregare, tra lo sguardo e la preghiera.
Come nella preghiera ortodossa l’immagine a cui ci si rivolge è spesso un’icona che rappresenta la ‘porta del cielo’, allo stesso modo il crocefisso di San Damiano era per Chiara il riferimento concreto della sua preghiera. Ma come guarda Chiara e invita Agnese a guardare quel crocefisso? Continuando nella IV lettera ad Agnese si legge: “In questo specchio poi rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità; e questo tu potrai contemplare, con la grazia di Dio, diffuso su tutta la superficie dello specchio. Mira, in alto, la povertà di colui che fu deposto nel presepe e avvolto in poveri pannicelli. O mirabile umiltà e povertà che dà stupore! Vedi poi, al centro dello specchio, la santa umiltà e insieme ancora la beata povertà, le fatiche e pene senza numero che egli sostenne per la redenzione del genere umano. E, in basso, contempla l’ineffabile carità per la quale volle patire sul legno della croce e su di essa morire della morte più infamante.”
Da queste parole di Chiara si può notare come abbia ripercorso con lo sguardo la croce di San Damiano dall’alto verso il basso e lì Chiara invita a vedere l’umiltà del re dei re che nasce lungo la strada, in un luogo adatto agli animali, avvolto solo di stracci. Marco Bartoli ha richiamato l’attenzione sul fatto che il termine ‘pannicelli’ non si trovi nella Bibbia e che prima di Chiara era stato utilizzato solo da Francesco parlando del presepe di Greccio. Ecco, uno dei tanti punti di incontro tra Francesco e Chiara... Scendendo con lo sguardo nella croce, Chiara vede l’umiltà e la beata povertà e, infine, la carità. Il vertice della croce è, dunque, la carità.
Chiara prosegue nella sua lettera ad Agnese: “Lasciati, dunque, o regina, sposa del celeste Re, bruciare sempre più fortemente da questo ardore di carità! Contempla ancora le indicibile sue delizie, le ricchezze e gli onori eterni, e grida con tutto l’ardore del tuo desiderio e del tuo amore: ‘Attirami a te, o celeste Sposo! Dietro a te correremo attratti dalla dolcezza del tuo profumo’. Correrò, senza stancarmi mai, finché tu ‘mi introduca nella tua cella inebriante’: allora la tua sinistra passo sotto il mio capo e la tua destra mi abbraccerà deliziosamente e tu mi bacerai col felicissimo bacio della tua bocca.” Si può concludere che l’esperienza dello specchio si trasforma per Chiara in memoria, la memoria della croce.
Estremamente interessante la conclusione del Prof. Bartoli che ha evidenziato un nuovo punto di contatto tra Chiara e Francesco. Infatti, quel crocefisso di San Damiano è stato importante, prima che per Chiara, per lo stesso Francesco. Ma, come faceva notare Marco Bartoli, nella prima Vita di San Francesco di Tommaso da Celano non si parla dell’episodio del crocefisso di San Damiano. Neppure nel Testamento se ne parla, anzi questo fa iniziare la conversione con l’incontro con il lebbroso: “Il Signore concesse a me, Frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amare vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.”
A questo proposito, Marco Bartoli ha sottolineato quest’ultima espressione ‘stetti un poco e uscii dal mondo’. Che cosa è accaduto in quel lasso di tempo a Francesco? Quanto tempo è trascorso? Il lasso di tempo che intercorre tra l’incontro con il lebbroso e la decisione da parte di Francesco di lasciare il mondo viene successivamente colmato dall’incontro con il crocefisso di San Damiano. E il fatto che l’episodio dell’incontro con il crocefisso di San Damiano sia stato inserito successivamente fa pensare che ci sia stata la volontà di dare risalto a questo episodio della vita di Francesco da parte di una persona che gli dava importanza. Il Prof. Bartoli giunge alla conclusione che con molta probabilità Francesco abbia raccontato e condiviso l’incontro così ‘particolare’ con quel crocefisso con l’unica persona che poteva capirlo veramente: Chiara. Chiara colma così una lacuna nella memoria francescana.
Un ulteriore fatto che testimonia il forte legame tra Francesco e Chiara nella spiritualità che li unisce pur nella loro individualità, è rappresentato da un passo della Leggenda della vita di Santa Chiara di Tommaso da Celano, secondo cui la santa assisana avrebbe imparato a memoria l’Ufficio della Croce di Francesco. L’Ufficio della Croce è un testo composto da Francesco in cui immagina quali fossero i pensieri di Gesù nella notte del Giovedì Santo, prima di morire. Chiara l’aveva imparata a memoria, faceva memoria della croce, e la recitava come Francesco ogni tre ore, ma, come si legge dagli Atti del Processo di canonizzazione dalla testimonianza di Angeluccia de Messer Angelico da Spoleto, Chiara aveva introdotto un nuovo elemento, una nuova liturgia: ogni giorno dopo l’ora sesta, a mezzogiorno e alla compieta, chiedeva che venissero lavate le mani con l’acqua benedetta ricordando l’acqua uscita dal corpo di Gesù.
Francesco e Chiara hanno quindi centrato la loro spiritualità nel crocefisso. Che un uomo nel Medioevo avesse fondato la propria spiritualità su Cristo era però comune, mentre che una donna avesse una spiritualità cristocentrica risultava ancor più un fatto nuovo. Dalle parole del Prof. Bartoli non si può che sottolineare ancora una volta la grandezza, la forza e l’unicità di questa santa, la prima donna nella storia della Chiesa a scrivere una Regola per le donne, approvata pochi giorni prima della sua morte..
Il crocefisso di San Damiano è il cuore della chiesa e l’unico specchio davanti al quale Chiara pregava. Non è facile capire come poteva pregare una donna di quell’epoca. Per aiutarci a scoprirlo, Marco Bartoli ha ripreso alcuni passi della IV lettera di Chiara ad Agnese di Praga e ci ha condotti nella nuova visione della santa assisana.
“Te veramente felice! Ti è concesso di godere di questo sacro convito per poter aderire con tutte le fibre del tuo cuore a colui, la cui bellezza è l’ammirazione instancabile delle beate schiere del cielo. L’amore di lui rende felici, la contemplazione ristora, la benignità ricolma. La soavità di lui pervade tutta l’anima, il ricordo brilla dolce nella memoria. E poiché questa visione di lui è splendore della eterna gloria, chiarore della luce perenne e specchio senza macchia, ogni giorno porta l’anima tua, o regina, sposa di Gesù Cristo, in questo specchio e scruta in esso continuamente il tuo volto, perché tu possa così adornarti tutta all’interno e all’esterno, vestita e circondata di varietà, e sii parimenti adorna con i fiori e le vesti di tutte le virtù, come conviene a te, figlia e sposa carissima del sommo Re.”
La prima cosa che colpisce di queste parole è il fatto che questa lettera sia stata scritta da Chiara poco prima della morte, quindi quando era già malata e si sentiva prossima alla fine. Non è però uno scritto che richiama un testamento o sentimenti di amarezza, paura o tristezza, colpiscono anzi l’entusiasmo, la passione e il trasporto di queste parole.
In queste righe è evidente come Gesù diventa ‘specchio’ per Chiara e la Sua bellezza è specchio in cui Chiara invita Agnese a riflettersi per adornarsi di Lui, per diventare bella di Lui.
Nel suo intervento il Prof. Bartoli si è soffermato sul modo in cui guardare lo specchio. Chiara invitava a guardare con gli occhi interiori quel crocefisso. Da qui lo stretto rapporto tra il vedere e il pregare, tra lo sguardo e la preghiera.
Come nella preghiera ortodossa l’immagine a cui ci si rivolge è spesso un’icona che rappresenta la ‘porta del cielo’, allo stesso modo il crocefisso di San Damiano era per Chiara il riferimento concreto della sua preghiera. Ma come guarda Chiara e invita Agnese a guardare quel crocefisso? Continuando nella IV lettera ad Agnese si legge: “In questo specchio poi rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità; e questo tu potrai contemplare, con la grazia di Dio, diffuso su tutta la superficie dello specchio. Mira, in alto, la povertà di colui che fu deposto nel presepe e avvolto in poveri pannicelli. O mirabile umiltà e povertà che dà stupore! Vedi poi, al centro dello specchio, la santa umiltà e insieme ancora la beata povertà, le fatiche e pene senza numero che egli sostenne per la redenzione del genere umano. E, in basso, contempla l’ineffabile carità per la quale volle patire sul legno della croce e su di essa morire della morte più infamante.”
Da queste parole di Chiara si può notare come abbia ripercorso con lo sguardo la croce di San Damiano dall’alto verso il basso e lì Chiara invita a vedere l’umiltà del re dei re che nasce lungo la strada, in un luogo adatto agli animali, avvolto solo di stracci. Marco Bartoli ha richiamato l’attenzione sul fatto che il termine ‘pannicelli’ non si trovi nella Bibbia e che prima di Chiara era stato utilizzato solo da Francesco parlando del presepe di Greccio. Ecco, uno dei tanti punti di incontro tra Francesco e Chiara... Scendendo con lo sguardo nella croce, Chiara vede l’umiltà e la beata povertà e, infine, la carità. Il vertice della croce è, dunque, la carità.
Chiara prosegue nella sua lettera ad Agnese: “Lasciati, dunque, o regina, sposa del celeste Re, bruciare sempre più fortemente da questo ardore di carità! Contempla ancora le indicibile sue delizie, le ricchezze e gli onori eterni, e grida con tutto l’ardore del tuo desiderio e del tuo amore: ‘Attirami a te, o celeste Sposo! Dietro a te correremo attratti dalla dolcezza del tuo profumo’. Correrò, senza stancarmi mai, finché tu ‘mi introduca nella tua cella inebriante’: allora la tua sinistra passo sotto il mio capo e la tua destra mi abbraccerà deliziosamente e tu mi bacerai col felicissimo bacio della tua bocca.” Si può concludere che l’esperienza dello specchio si trasforma per Chiara in memoria, la memoria della croce.
Estremamente interessante la conclusione del Prof. Bartoli che ha evidenziato un nuovo punto di contatto tra Chiara e Francesco. Infatti, quel crocefisso di San Damiano è stato importante, prima che per Chiara, per lo stesso Francesco. Ma, come faceva notare Marco Bartoli, nella prima Vita di San Francesco di Tommaso da Celano non si parla dell’episodio del crocefisso di San Damiano. Neppure nel Testamento se ne parla, anzi questo fa iniziare la conversione con l’incontro con il lebbroso: “Il Signore concesse a me, Frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amare vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.”
A questo proposito, Marco Bartoli ha sottolineato quest’ultima espressione ‘stetti un poco e uscii dal mondo’. Che cosa è accaduto in quel lasso di tempo a Francesco? Quanto tempo è trascorso? Il lasso di tempo che intercorre tra l’incontro con il lebbroso e la decisione da parte di Francesco di lasciare il mondo viene successivamente colmato dall’incontro con il crocefisso di San Damiano. E il fatto che l’episodio dell’incontro con il crocefisso di San Damiano sia stato inserito successivamente fa pensare che ci sia stata la volontà di dare risalto a questo episodio della vita di Francesco da parte di una persona che gli dava importanza. Il Prof. Bartoli giunge alla conclusione che con molta probabilità Francesco abbia raccontato e condiviso l’incontro così ‘particolare’ con quel crocefisso con l’unica persona che poteva capirlo veramente: Chiara. Chiara colma così una lacuna nella memoria francescana.
Un ulteriore fatto che testimonia il forte legame tra Francesco e Chiara nella spiritualità che li unisce pur nella loro individualità, è rappresentato da un passo della Leggenda della vita di Santa Chiara di Tommaso da Celano, secondo cui la santa assisana avrebbe imparato a memoria l’Ufficio della Croce di Francesco. L’Ufficio della Croce è un testo composto da Francesco in cui immagina quali fossero i pensieri di Gesù nella notte del Giovedì Santo, prima di morire. Chiara l’aveva imparata a memoria, faceva memoria della croce, e la recitava come Francesco ogni tre ore, ma, come si legge dagli Atti del Processo di canonizzazione dalla testimonianza di Angeluccia de Messer Angelico da Spoleto, Chiara aveva introdotto un nuovo elemento, una nuova liturgia: ogni giorno dopo l’ora sesta, a mezzogiorno e alla compieta, chiedeva che venissero lavate le mani con l’acqua benedetta ricordando l’acqua uscita dal corpo di Gesù.
Francesco e Chiara hanno quindi centrato la loro spiritualità nel crocefisso. Che un uomo nel Medioevo avesse fondato la propria spiritualità su Cristo era però comune, mentre che una donna avesse una spiritualità cristocentrica risultava ancor più un fatto nuovo. Dalle parole del Prof. Bartoli non si può che sottolineare ancora una volta la grandezza, la forza e l’unicità di questa santa, la prima donna nella storia della Chiesa a scrivere una Regola per le donne, approvata pochi giorni prima della sua morte..
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