lunedì, ottobre 11, 2010
Mentre il governo sudafricano rilancia il nucleare (anche se dimezzato, rispetto ai progetti faraonici di solo due anni fa) Earthlife Africa e Coalition against nuclear energy South Africa (Cane) sottolineano un altro punto dolente del nucleare che già esiste nel più sviluppato e ricco Paese dell'Africa: l'estrazione e la lavorazione dell'uranio.

GreenReport - Judith Taylor, di Earthlife Africa, spiega che «I lavoratori delle miniere di uranio mettono a rischio la loro salute, in quanto sono esposti alle radiazioni»
Un rapporto del 1999 del Mail & Guardian afferma che un controllo effettuato da parte del Council for Nuclear Safety (Cns) nel maggio-agosto 1998 ha dimostrato che più di 1.000 lavoratori delle miniere nel Free State (l'Orange) sono stati esposti a dosi annuali di radiazioni cinque volte superiori a quelle ammissibile. Nel 1994 il Cns svelò che 9.600 lavoratori delle miniere d'oro erano stati esposti nei luoghi di lavoro a polveri e nubi di gas radioattive che variavano tra i 20 millisievert (mSv) e i 50 mSv all'anno.

La World nuclear association (Wna), che raccoglie le multinazionali e le imprese pubbliche del settore nucleare, sostiene invece che «La dose di radiazioni dei dati compilato dalle società minerarie sotto il controllo delle autorità di regolamentazione hanno dimostrato costantemente come i dipendenti della società mineraria non siano esposti a dosi di radiazioni superiori ai limiti. La dose massima ricevuto dai lavoratori delle miniere è di circa la metà del limite di 20 mSv /anno e la media è di circa un decimo di esso».

Inoltre la Wna ribatte agli ambientalisti che nascondono il grosso contributo dato dal nucleare alla riduzione di gas serra: «Quando una centrale nucleare è operativa, emette relativamente poco biossido di carbonio». Risponde per tutti Dominique Gilbert, portavoce del Pelindaba Working Group, una delle associazioni che fa parte del Cane, «L'industria nucleare non menziona le sostanze cancerogene, come il cesio, lo stronzio, e il trizio, che sono emesse dagli impianti nucleari. L'industria nucleare in Sud Africa non è sicura di quanto tempo ci vorrà perché riesca a gestire le scorie nucleari. Abbiamo già avuto fughe nel principale centro di ricerca nucleare del Sudafrica, a Pelindaba, nei pressi della diga Hartbeespoort, nel Gauteng, e nella sola centrale nucleare dell'Africa, Koeberg, a 30 km a nord di Città del Capo».

Per quanto riguarda Koeberg, la Gilbert si riferisce ad un episodio di cui ha già parlato anche greenreport e confermato (dopo molti tentennamenti e con molte lacune) il 20 settembre dalla portavoce di Eskom Karen de Villiers: almeno 91 lavoratori sono stati contaminati il 12 settembre da radiazioni da cobalto 58 mentre eseguivano non ben definiti lavori di manutenzione alla Koeberg Unit One. L'incidente (o gli incidenti visto che si parla anche di casi precedenti messi a tacere) si ritiene sia dovuto ad una fuga di materiale che ha disseminato particelle radioattive nell'aria. La democrazia arcobaleno sudafricana non è riuscita a far uscire il nucleare dell'apartheid dalla sua segretezza e le associazioni ambientaliste denunciano il fatto che devono essere ancora effettuati studi epidemiologici per determinare l'effetto degli impianti nucleari sulle popolazioni circostanti.

La sezione di Johannesburg di Earthlife Africa definisce «Follia nucleare» la politica del governo dell'African National council e l'Integrated resource plan 2 (Irp2) presentato dal dipartimento dell'energia del Sudafrica il 5 ottobre, che prevede 6 nuove centrali nucleari, ciascuna delle dimensioni di Koeberg, che dovrebbero essere operative a partire dal 2023.

Earthlife Africa Jhb respinge questa espansione del nucleare per una serie di motivi, il maggiore dei quali è forse il fallimento del più significativo dei progetti nucleari sui quali puntava il governo: il Pebble bed modular reactor (Pbmr) il mini-nucleare sul quale sono stati persi 9,4 milioni di rand e che in 12 anni non ha prodotto nulla, fino al suo recente abbandono

«Il governo sembra ben disposto a continuare il suo gioco d'azzardo con i soldi pubblici per un nuovo programma nucleare, stimato prudenzialmente in almeno 600 miliardi di rand - sottolineano gli ambientalisti- Sicuramente, deve essersi chiesto, non dovrebbe esserci 'apertura di un'inchiesta totale sul Pbmr prima di iniziare ogni nuovo programma nucleare? Non dovremmo capire perché il progetto Pbmr è fallito, dove sono stati spesi i soldi, che ne ha beneficiato, prima di pensare di spendere ancora più soldi dei contribuenti nel nucleare?».

Ma quel che preoccupa di più Earthlife Africa e Cane è che il nuovo programma nucleare sudafricano non comprenda nessun piano per la gestione delle scorie altamente radioattive: «Se andiamo avanti con la costruzione di nuovi impianti, lasceremo alle generazioni future (i bambini di oggi) il problema di trattare scorie nucleari altamente radioattive, tossiche e pericolose. Le persone che stanno prendendo questa decisione, la decisione di produrre queste scorie, saranno morte e sepolte quando gli impatti reali del nucleare diventeranno evidenti. Inoltre, ci sono troppe variabili sconosciute per poter prendere una decisione consapevole sull'energia nucleare: Quanto costerà smantellare questi impianti in futuro? Quanto costerà stoccare le scorie? Quale sarà il conto finale della costruzione? Nessuno lo sa realmente».

Il nucleare sudafricano si è fatto una pessima fama (anche peggiore di quella del resti del mondo) per quanto riguarda lo sforamento continuo dei suoi bilanci e per gli errori di progettazione e costruzione. Il fallimento del progetto Pbmr lo ha solo dimostrato più chiaramente: mentre gli anni passavano i costi schizzavano in alto e la data dell'avvio della sua realizzazione si allontanava sempre di più.

Ma Earthlife Africa Jhb sottolinea : «Visto che le lezioni del Pmbr non sono state apprese e dato i ritardi di Eskom nellle centrali elettriche di Medupi e Kusile, per non parlare dell'enorme superamento dei costi in queste costruzioni, è ragionevole aspettarsi che qualsiasi costo citato sarà in salita e che la loro costruzione sarà ritardata. Proprio come nel caso del Pbmr, soldi pubblici che sarebbero potuti essere utilizzati per costruire subito impianti puliti, affidabili e collaudati di eolico e delle tecnologie ad energia solare, finiranno nelle tasche dell'industria nucleare, mentre i sudafricani comuni sopporteranno tutti i rischi».

Secondo Tristan Taylor, coordinatore sudafricano per i progetti di Earthlife Africa, «La decisione di costruire un parco nucleare rappresenta un rischio significativo per il Paese. Non solo dovremo investire in una tecnologia costosa, che richiede massicce sovvenzioni statali, ma creeremo un'eredità di scorie nucleari e esporremo inutilmente noi alle conseguenze di un rilevante incidente nucleare. E, dato il nostro tasso di disoccupazione di massa, endemico e inaccettabile, abbiamo stranamente scelto di fare un investimento importante in una scelta tecnologica, l'energia nucleare, che crea un minor numero di posti di lavoro rispetto alle alternative, pulite o sporche. Questo non è un buon giorno, ed esortiamo il dipartimento dell'energia fare un passo indietro dal baratro».


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