Una gioia planetaria: il mondo intero ha celebrato, in queste ore, il salvataggio dei 33 minatori cileni, sopravvissuti per 70 giorni a 700 metri di profondità.
Radio Vaticana - Una vicenda seguita con il fiato sospeso dai familiari dei minatori e con loro da tutto il popolo del Cile, che ha assistito in diretta all’operazione per i riportare in superficie i minatori. Il servizio di Alessandro Gisotti: (ascolta)
“Vamos... el ultimo...”
“Andiamo...l’ultimo sta per essere recuperato ... 21.55: è l’ora in cui sta per esplodere il Paese...”:così, i giornalisti della tv nazionale cilena hanno annunciato l’arrivo in superficie, il “ritorno alla vita” dell’ultimo dei 33 minatori intrappolati nella miniera di San José. La fine di un incubo per le famiglie di questi uomini che hanno lottato contro il tempo e la natura, senza perdere mai la fede e la speranza di poter riabbracciare i propri cari. “Sono stato con Dio e con il diavolo”, ha detto uno dei minatori, “ho afferrato la mano di Dio, era la mano migliore. Ho sempre saputo che Dio ci avrebbe fatti uscire da lì”.Tante le immagini forti di questa odissea a lieto fine: dall’abbraccio di un padre con il proprio bambino, alle lacrime delle mogli e delle madri, dallo sventolio delle bandiere cilene alla gioia incontenibile degli amici. Una gioia contagiosa che ha pervaso l’intero Paese, con caroselli da stadio per le vie della capitale Santiago. Intensa l’emozione del presidente cileno Sebastian Piñera, che ha aspettato l’uscita dei minatori dalla miniera, uno ad uno:
R. – Yo quiero decir que lo hicimos...
Io voglio dire che abbiamo fatto tutto alla cilena e questo significa che lo abbiamo fatto bene, con unità, con fede, con speranza e voglio ringraziare tante persone: i 33 minatori, che ci hanno dato una lezione di lealtà, di lavoro di equipe. I minatori non sono più gli stessi intrappolati dal 5 di agosto: sono usciti più forti e ci hanno dato una lezione. Ma anche il Cile non è più lo stesso. Credo che il Cile oggi sia più unito e più forte che mai e credo che oggi sia anche un Paese più rispettato e più considerato nel mondo intero.
Dai leader di tutto il mondo sono arrivati messaggi di felicitazioni per una notizia, tanto attesa, e che oggi campeggia sulle prime pagine di tutti i giornali del pianeta. Nella gioia e nella soddisfazione di un’operazione riuscita alla perfezione, risuona tuttavia, ancora più forte, l’auspicio di uno dei minatori, Manuel: ''Speriamo che cose come queste non capitino mai più e che il settore minerario cileno sia diverso”.
E sulle emozioni di questa giornata memorabile, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza del nostro collega cileno, Luis Badilla: (ascolta)
R. - Ovviamente ha provato una grande gioia come cileno e come persona qualunque. Secondo me si è trattato di un trionfo della vita. Questo dovrebbe far riflettere coloro che nella vita credono poco o la relativizzano troppo. In momenti come questi, questo valore torna in primo e credo che molte persone se ne siano accorte. Ma poi tanta, tantissima gratitudine: anzitutto al Dio della vita, ai soccorritori, alle autorità cilene, ai familiari e soprattutto ai minatori che ci hanno dato una lezione di fede, di coraggio, di speranza.
D. - Ecco, proprio questo - forse - è il dato che emerge al di là delle emozioni: fede, coraggio, speranza dei minatori, dei loro familiari, di un popolo intero…
R. - Secondo me, la lezione che può venire fuori - certo sono tante, ma quella che mi colpisce di più - è che nella vita si deve credere. Non basta dire “io sono per la vita”; la vita è in qualche modo un atto di fede. Si deve credere nella vita. In questo caso era in pericolo per 33 persone. Tutti si sono mossi: i mass-media, le autorità cilene, i parenti, la Chiesa cilena, le Chiese latinoamericane, le Chiese del resto del mondo, perché credevano nella vita. Soltanto perché abbiamo creduto nella vita, abbiamo adesso accanto ai loro parenti questi 33 minatori.
D. - Si può dire che l’uomo in questa occasione ha dato il meglio di sé, superando anche le difficoltà apparentemente insormontabili poste dalla natura…
R. - Alcune immagini che mandava la televisione giù, nella caverna, dove erano i minatori, avevano una forte somiglianza grafica con le immagini del primo sbarco dell’uomo sulla luna: lì verso l’alto e in questo caso verso il basso. Secondo me questa metafora ci può aiutare a capire che noi possiamo, se vogliamo, con le nostre forze e con il sostegno di Dio, risolvere tutte le insidie e non solo verso l’alto, ma anche verso il basso, verso l’interiorità nostra come persone umane.
D. - Tra le tante immagini di questa vicenda ne vuoi ricordare una in particolare?
R. - Quando un giornalista cileno, che ha avuto l’opportunità di incontrare il Santo Padre alla fine del Congresso mondiale sulla stampa cattolica a Roma, ha consegnato al Pontefice una bandiera cilena che la donna di un minatore aveva prima mandato giù nella caverna e che poi tutti e trentatre avevano firmato con una dedica per il Santo Padre: quella bandiera resterà un simbolo!
Radio Vaticana - Una vicenda seguita con il fiato sospeso dai familiari dei minatori e con loro da tutto il popolo del Cile, che ha assistito in diretta all’operazione per i riportare in superficie i minatori. Il servizio di Alessandro Gisotti: (ascolta)
“Vamos... el ultimo...”
“Andiamo...l’ultimo sta per essere recuperato ... 21.55: è l’ora in cui sta per esplodere il Paese...”:così, i giornalisti della tv nazionale cilena hanno annunciato l’arrivo in superficie, il “ritorno alla vita” dell’ultimo dei 33 minatori intrappolati nella miniera di San José. La fine di un incubo per le famiglie di questi uomini che hanno lottato contro il tempo e la natura, senza perdere mai la fede e la speranza di poter riabbracciare i propri cari. “Sono stato con Dio e con il diavolo”, ha detto uno dei minatori, “ho afferrato la mano di Dio, era la mano migliore. Ho sempre saputo che Dio ci avrebbe fatti uscire da lì”.Tante le immagini forti di questa odissea a lieto fine: dall’abbraccio di un padre con il proprio bambino, alle lacrime delle mogli e delle madri, dallo sventolio delle bandiere cilene alla gioia incontenibile degli amici. Una gioia contagiosa che ha pervaso l’intero Paese, con caroselli da stadio per le vie della capitale Santiago. Intensa l’emozione del presidente cileno Sebastian Piñera, che ha aspettato l’uscita dei minatori dalla miniera, uno ad uno:
R. – Yo quiero decir que lo hicimos...
Io voglio dire che abbiamo fatto tutto alla cilena e questo significa che lo abbiamo fatto bene, con unità, con fede, con speranza e voglio ringraziare tante persone: i 33 minatori, che ci hanno dato una lezione di lealtà, di lavoro di equipe. I minatori non sono più gli stessi intrappolati dal 5 di agosto: sono usciti più forti e ci hanno dato una lezione. Ma anche il Cile non è più lo stesso. Credo che il Cile oggi sia più unito e più forte che mai e credo che oggi sia anche un Paese più rispettato e più considerato nel mondo intero.
Dai leader di tutto il mondo sono arrivati messaggi di felicitazioni per una notizia, tanto attesa, e che oggi campeggia sulle prime pagine di tutti i giornali del pianeta. Nella gioia e nella soddisfazione di un’operazione riuscita alla perfezione, risuona tuttavia, ancora più forte, l’auspicio di uno dei minatori, Manuel: ''Speriamo che cose come queste non capitino mai più e che il settore minerario cileno sia diverso”.
E sulle emozioni di questa giornata memorabile, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza del nostro collega cileno, Luis Badilla: (ascolta)
R. - Ovviamente ha provato una grande gioia come cileno e come persona qualunque. Secondo me si è trattato di un trionfo della vita. Questo dovrebbe far riflettere coloro che nella vita credono poco o la relativizzano troppo. In momenti come questi, questo valore torna in primo e credo che molte persone se ne siano accorte. Ma poi tanta, tantissima gratitudine: anzitutto al Dio della vita, ai soccorritori, alle autorità cilene, ai familiari e soprattutto ai minatori che ci hanno dato una lezione di fede, di coraggio, di speranza.
D. - Ecco, proprio questo - forse - è il dato che emerge al di là delle emozioni: fede, coraggio, speranza dei minatori, dei loro familiari, di un popolo intero…
R. - Secondo me, la lezione che può venire fuori - certo sono tante, ma quella che mi colpisce di più - è che nella vita si deve credere. Non basta dire “io sono per la vita”; la vita è in qualche modo un atto di fede. Si deve credere nella vita. In questo caso era in pericolo per 33 persone. Tutti si sono mossi: i mass-media, le autorità cilene, i parenti, la Chiesa cilena, le Chiese latinoamericane, le Chiese del resto del mondo, perché credevano nella vita. Soltanto perché abbiamo creduto nella vita, abbiamo adesso accanto ai loro parenti questi 33 minatori.
D. - Si può dire che l’uomo in questa occasione ha dato il meglio di sé, superando anche le difficoltà apparentemente insormontabili poste dalla natura…
R. - Alcune immagini che mandava la televisione giù, nella caverna, dove erano i minatori, avevano una forte somiglianza grafica con le immagini del primo sbarco dell’uomo sulla luna: lì verso l’alto e in questo caso verso il basso. Secondo me questa metafora ci può aiutare a capire che noi possiamo, se vogliamo, con le nostre forze e con il sostegno di Dio, risolvere tutte le insidie e non solo verso l’alto, ma anche verso il basso, verso l’interiorità nostra come persone umane.
D. - Tra le tante immagini di questa vicenda ne vuoi ricordare una in particolare?
R. - Quando un giornalista cileno, che ha avuto l’opportunità di incontrare il Santo Padre alla fine del Congresso mondiale sulla stampa cattolica a Roma, ha consegnato al Pontefice una bandiera cilena che la donna di un minatore aveva prima mandato giù nella caverna e che poi tutti e trentatre avevano firmato con una dedica per il Santo Padre: quella bandiera resterà un simbolo!
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