venerdì, ottobre 15, 2010
Quali sono i fattori che accrescono il nostro benessere? Filosofi, politici, economisti, uomini di fede si sono confrontati durante il Forum Internazionale Greenaccord. Su un punto sono tutti d’accordo: denaro, successo, ambizione non hanno nulla a che fare con la felicità.

Cuneo – C’è un aspetto significativo che va evidenziato al termine della Tavola rotonda organizzata dall’associazione Greenaccord per parlare di “Benessere e Felicità”: in tre ore di discussione nessuno dei relatori sul Palco del Teatro Sociale di Alba ha pronunciato le parole “ricchezza economica” come elemento necessario per essere felici. Ambiente sano, buongoverno, positivo rapporto con gli altri, tempo per godere le risorse naturali, ritrovare il senso profondo della vita. Tanti sono stati gli spunti proposti. Ma nessuno ha considerato indispensabile denaro e successo per ottenere la felicità.

Sul palco, tra gli altri, Ana Lorena Guevara, viceministro dell’Ambiente, Energia e Telecomunicazioni del Costarica, uno degli Stati-simbolo dello Sviluppo sostenibile, primo in classifica fra i Paesi più felici secondo l’indice Happy Planet Index predisposto dalla New Economics Foundation. “Tra i nostri segreti, quello di aver considerato la biodiversità un fattore imprescindibile per il progresso: i fattori ecologici occupano un posto centrale nella felicità umana”, ha spiegato Guevara. “La felicità dei costaricani mi sembra collegata alla sua possibilità di vivere ogni giorno a contatto con la natura. Inoltre, la scelta di aver deciso l’abolizione dell’esercito con la Costituzione del 1949 ha permesso alle generazioni nate dopo il ’48 di vedere le armi come un elemento di ansia più che di sicurezza. E ha permesso di concentrare gli investimenti sulle politiche in favore dell’istruzione (l’analfabetismo è sotto il 4%) e dell’assistenza sociale (la sanità è gratuita e capillarmente diffusa)”.

Un’analisi, quella del viceministro Guevara, condiviso anche da chi ha responsabilità di governo in Italia e che inizia a diffondersi anche tra i vertici delle attività industriali: “Le città – ha spiegato Maurizio Baradello, capo del settore Cooperazione internazionale del Comune di Torino – hanno un ruolo piccolo ma determinante per trasformare in realtà i sogni dei cittadini. Le scelte che si fanno sul fronte del verde, dell’urbanistica, dei tempi e orari, contano molto per incrementare il benessere interiore delle persone”.

“Ma davvero questa crisi economica ha rappresentato un danno per imprese, politica e cittadini? O piuttosto non è stata l’occasione di un momento di meditazione su dove il mondo stava andando che ormai era ineludibile?”. Significativo il fatto che a domandarselo è stato Pierpaolo Carini, amministratore delegato di Egea, azienda di produzione dell’energia elettrica, felice esempio di gestione mista pubblico-privato. “La visione etica non deve essere propaganda per vendere prodotti ma è un fatto di sopravvivenza per il nostro sistema sociale ed economico. Le aziende devono avere ben presente la loro responsabilità etica e il loro cruciale apporto per il progresso umano”.

Sottolineano invece l’importanza di ricostruire un rapporto positivo e sano con sé stessi e gli altri, i rappresentanti delle grandi religioni monoteiste: “È grave che ancora oggi i calcoli dell’Istat sulla felicità lascino fuori i beni immateriali”, spiega Maria Angela Falà, vicepresidente dell’Unione buddista italiana. “La tradizione buddista – spiega – sottolinea l’importanza di essere interconnessi con il prossimo. Noi non esistiamo se non ci sono gli altri. E l’altro non è qualcuno da sopraffare ma è parte del mio stesso sistema”.

Cita l’esempio di Giona, Manuel Disegni, rappresentante della Comunità ebraica di Torino: “Da lui dobbiamo ritrovare il senso di responsabilità nei confronti dell’umanità e del Creato nel quale essa vive. Un senso di responsabilità funzionale a vivere in pace con sé stessi”.

Si rifà invece alla lezione di San Francesco, Frà Bernardino Greco, che da molti anni ha deciso di ristrutturare un eremo in Umbria nel quale vivere e accogliere i viandanti. “La scelta di povertà di San Francesco non era masochismo. Era un atto d’amore verso la Natura, un messaggio di usare solo ciò che effettivamente ci è indispensabile. Ed era un modo per liberarsi dal benessere economico, considerato un ostacolo alla felicità. La paura di perdere i beni spinge infatti ad essere diffidenti. Privarsi di tutto è stato un modo per liberarsi dalla paura. Da lui dobbiamo imparare a vedere con distacco i beni materiali, ritrovando invece la capacità di stupirci del Bene e del Bello”.

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