Le proposte di economisti e ricercatori al Forum Internazionale Greenaccord. La chimera della crescita illimitata ha portato il genere umano sulla soglia della catastrofe. Cambiare prospettiva, logiche di consumo e approcci verso i beni naturali è l’unico modo per evitarla.
Cuneo – Parola d’ordine: sobrietà. Cambiano i Paesi di provenienza e le branche di specializzazione, ma un filo unico unisce tutti le relazioni che si sono susseguite nella seconda giornata di lavori del Forum Internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura “People Building Future – Confini e Valori per un vivere sostenibile” organizzato dall’associazione Greenaccord e ospitato al Centro Congressi della Provincia di Cuneo: ripensare i nostri stili di vita è l’unica strada per assicurare un futuro al nostro Pianeta. Primo passo: ritrovare il senso del limite, da tempo dimenticato inseguendo la chimera della crescita permanente e illimitata.
“L’integrità della natura e degli stessi esseri umani sono sacrificate all’imperativo di produrre il più possibile, nel minor tempo possibile, sino a compromettere funzioni vitali come la regolazione del clima”, ha denunciato Andrea Masullo, professore di Sostenibilità ambientale all’università di Camerino. “Tale produzione spasmodica risponde a una cultura consumistica che associa la felicità non tanto alla soddisfazione dei bisogni ma piuttosto alla costante crescita della quantità e della intensità dei desideri”.
“La crescita illimitata perseguita per troppi anni ci ha ormai condotto a un paradosso: non avere più limiti produce impoverimento”, osserva invece Gary Gardner, direttore di ricerca al Worldwatch Institute. “Impoverimento materiale perché le risorse naturali sono agli sgoccioli. Impoverimento ecologico, perché produciamo un depauperamento della biodiversità. E impoverimento morale, che ci fa tollerare disuguaglianze intollerabili e non ci fa intervenire a favore di chi sta male: l’anno scorso abbiamo speso 17 miliardi di dollari in cibo per cani e appena due in più in lotta alla denutrizione”.
Una valutazione condivisa anche da Eric Assadourian, direttore del Rapporto “State of the World” per il Worldwatch Institute, che prevede: “Stiamo facendo la fine degli abitanti dell’isola di Pasqua, che a forza di consumare risorse si sono estinti”.
Naturalmente, dalla denuncia si passa alle possibili soluzioni, che passano per una maggiore morigeratezza dei consumi, una più equa ripartizione delle risorse, un’adesione a stili di vita più compatibili con l’ecosistema. “Siamo a un punto di svolta”, secondo Andrea Masullo. “Dobbiamo rifondare l’economia secondo il principio dell’equità distributiva dei beni della Terra, e secondo il principio di responsabilità verso le generazioni future, passando dall’opportunismo competitivo alla collaborazione e alla solidarietà”.
Il nuovo approccio – propone Assadourian – si può diffondere grazie a “pionieri culturali”. Persone che, prima di altri, hanno compreso l’ineluttabilità di questo passaggio. “In questo senso, i giornalisti possono diventare una parte della soluzione se sapranno diffondere gli esempi virtuosi piuttosto che perdurare nella pubblicizzazione di modelli sbagliati. Devono cioè farsi portatori di nuovi modelli, che sappiano rispondere alle sfide del lungo periodo”.
Propone invece un’alleanza tra i sostenitori della decrescita economica nel Nord del mondo e le organizzazioni per la giustizia ambientale dei Paesi in via di sviluppo Joan Martinez-Allier, economista dell’Universitat Autonoma de Barcelona: “I primi propongono un tipo di progresso che punti a vivere bene ma con meno. Sostengono programmi di co-housing, di riduzione dei rifiuti, di riciclo e riuso, di utilizzo delle energie alternative. I secondi, riuniti in rete, si battono contro gli abusi nello sfruttamento delle risorse e nello smaltimento dei rifiuti provocato dall’intervento dei Paesi ricchi nei loro territori. Un’alleanza tra questi due movimenti è logica e naturale. Un’alleanza che non deve basarsi sull’idea che la crescita economica debba fermarsi ovunque. Ma deve proporre una prospettiva comune contro l’egemonia dell’economico in favore di un pluralismo di valori”.
Gli abstract dei vari interventi sono disponibili sul sito www.greenaccord.org. La diretta dei lavori dell’VIII Forum Internazionale Greenaccord è invece online, in streaming, sul sito www.greencanal.eu.
“L’integrità della natura e degli stessi esseri umani sono sacrificate all’imperativo di produrre il più possibile, nel minor tempo possibile, sino a compromettere funzioni vitali come la regolazione del clima”, ha denunciato Andrea Masullo, professore di Sostenibilità ambientale all’università di Camerino. “Tale produzione spasmodica risponde a una cultura consumistica che associa la felicità non tanto alla soddisfazione dei bisogni ma piuttosto alla costante crescita della quantità e della intensità dei desideri”.
“La crescita illimitata perseguita per troppi anni ci ha ormai condotto a un paradosso: non avere più limiti produce impoverimento”, osserva invece Gary Gardner, direttore di ricerca al Worldwatch Institute. “Impoverimento materiale perché le risorse naturali sono agli sgoccioli. Impoverimento ecologico, perché produciamo un depauperamento della biodiversità. E impoverimento morale, che ci fa tollerare disuguaglianze intollerabili e non ci fa intervenire a favore di chi sta male: l’anno scorso abbiamo speso 17 miliardi di dollari in cibo per cani e appena due in più in lotta alla denutrizione”.
Una valutazione condivisa anche da Eric Assadourian, direttore del Rapporto “State of the World” per il Worldwatch Institute, che prevede: “Stiamo facendo la fine degli abitanti dell’isola di Pasqua, che a forza di consumare risorse si sono estinti”.
Naturalmente, dalla denuncia si passa alle possibili soluzioni, che passano per una maggiore morigeratezza dei consumi, una più equa ripartizione delle risorse, un’adesione a stili di vita più compatibili con l’ecosistema. “Siamo a un punto di svolta”, secondo Andrea Masullo. “Dobbiamo rifondare l’economia secondo il principio dell’equità distributiva dei beni della Terra, e secondo il principio di responsabilità verso le generazioni future, passando dall’opportunismo competitivo alla collaborazione e alla solidarietà”.
Il nuovo approccio – propone Assadourian – si può diffondere grazie a “pionieri culturali”. Persone che, prima di altri, hanno compreso l’ineluttabilità di questo passaggio. “In questo senso, i giornalisti possono diventare una parte della soluzione se sapranno diffondere gli esempi virtuosi piuttosto che perdurare nella pubblicizzazione di modelli sbagliati. Devono cioè farsi portatori di nuovi modelli, che sappiano rispondere alle sfide del lungo periodo”.
Propone invece un’alleanza tra i sostenitori della decrescita economica nel Nord del mondo e le organizzazioni per la giustizia ambientale dei Paesi in via di sviluppo Joan Martinez-Allier, economista dell’Universitat Autonoma de Barcelona: “I primi propongono un tipo di progresso che punti a vivere bene ma con meno. Sostengono programmi di co-housing, di riduzione dei rifiuti, di riciclo e riuso, di utilizzo delle energie alternative. I secondi, riuniti in rete, si battono contro gli abusi nello sfruttamento delle risorse e nello smaltimento dei rifiuti provocato dall’intervento dei Paesi ricchi nei loro territori. Un’alleanza tra questi due movimenti è logica e naturale. Un’alleanza che non deve basarsi sull’idea che la crescita economica debba fermarsi ovunque. Ma deve proporre una prospettiva comune contro l’egemonia dell’economico in favore di un pluralismo di valori”.
Gli abstract dei vari interventi sono disponibili sul sito www.greenaccord.org. La diretta dei lavori dell’VIII Forum Internazionale Greenaccord è invece online, in streaming, sul sito www.greencanal.eu.
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