giovedì, ottobre 07, 2010
La Corte intermedia del popolo della capitale tibetana ha condannato all’ergastolo Jampel Wangchuck e a 20 anni di galera Kunchok Nyima. Entrambi hanno partecipato alle proteste anti-cinesi del marzo 2008. Continua la repressione di Pechino del buddismo tibetano.

Lhasa, Cina (AsiaNews) – Continua senza sosta la politica di arresti, torture e condanne contro i monaci del buddismo tibetano. La Corte intermedia del popolo di Lhasa, capitale del Tibet, ha condannato infatti all’ergastolo Jampel Wangchuck e a 20 anni di galera Kunchok Nyima. Entrambi sono stati riconosciuti colpevoli di aver aizzato le proteste di piazza del marzo 2008, soffocate nel sangue dall’esercito cinese. Lo denuncia il Tibetan Centre for Human Rights and Democracy.

Il 10 marzo del 2008, circa 350 monaci buddisti sono usciti dal monastero di Drepung (uno dei tre maggiori centri religiosi della capitale) e si sono avviati verso il centro di Lhasa per protestare contro le restrizioni imposte dai cinesi di etnia han ai tibetani. Fermati dalla polizia, sono stati costretti a tornare indietro: alcuni sono stati persino rimpatriati nelle loro province di origine. Gli altri hanno lanciato uno sciopero della fame.

L’11 aprile successivo, Jampel Wangchuck e Kunchok Nyima sono stati arrestati: da allora non si è più saputo nulla di loro, e soltanto oggi arriva notizia della loro condanna, pronunciata lo scorso giugno. Nel frattempo, il monastero di Drepung continua ad essere nel mirino delle autorità: un gruppo di 60 membri del governo cinese della regione lo presidia, costringendo i religiosi a seguire corsi di rieducazione politica.


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