martedì, ottobre 12, 2010
A Tonkolili arriverà una nuova strada e, più in là, anche una ferrovia. Nella terra rossa di quest’angolo della Sierra Leone scavano le ruspe di Africa Minerals, la società con sede a Londra che si è aggiudicata la concessione su quello che potrebbe essere uno dei giacimenti di minerali ferrosi più ricchi del mondo.

Agenzia Misna - “Hanno subappaltato i lavori a diverse aziende, sembra abbiano trovato riserve importanti” dice alla MISNA monsignor Giorgio Biguzzi, vescovo di Makeni, il capoluogo della Provincia settentrionale dove è stato localizzato il giacimento. Delle ricchezze della Sierra Leone, un paese che non ha dimenticato la guerra civile e i “diamanti insanguinati” degli anni ’90, si è discusso giorni fa a New York al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. “Se le stime ufficiali fossero corrette – ha detto Michael Von der Schulenberg, inviato speciale dell’Onu per la Sierra Leone – i ricavi del giacimento di Tonkolili supererebbero di molto le capacità finanziarie del governo di Freetown”. In Sierra Leone il progetto non è l’unico ad alimentare speranze e suscitare interrogativi. London Minerals, un’altra società con sede a Londra e le mani sull’Africa, ha avviato lo sfruttamento di un grande deposito di minerali ferrosi a Marampa, sempre nella Provincia settentrionale. Si dà da fare anche la sudafricana Koidu Holdings, che estrae diamanti nelle miniere di Kono, non lontano dal confine con la Liberia. “Il governo – sottolinea monsignor Biguzzi – ha anche annunciato la scoperta di giacimenti petroliferi off-shore: l’idea sarebbe utilizzare le maggiori entrate dello Stato per lo sviluppo delle infrastrutture, dalle strade alle centrali elettriche”. Africa Minerals ha ottenuto la concessione in Agosto, con il voto favorevole di quasi tutti i membri del parlamento. I critici dicono che a ogni deputato siano stati versati 4500 dollari sul conto in banca prima di entrare in aula. I meno critici sostengono che il contratto prevede “royalties” per un miliardo di dollari ogni tre anni, una manna per uno dei paesi più poveri d’Africa dove l’erario dipende dagli aiuti stranieri per il 18%. Secondo Von der Schulenberg, è preoccupante che a “un solo investitore straniero” sia stato dato “un potere economico così grande”. Il governo di Freetown, però, sostiene che l’aumento delle esportazioni di minerali ferrosi e di diamanti può consentirgli in prospettiva di raggiungere l’autosufficienza finanziaria. Monsignor Biguzzi, un missionario saveriano che conosce bene la Sierra Leone, guarda meno lontano. “C’è un progetto – dice - per costruire una diga a nord di Makeni che faccia arrivare la corrente elettrica in città”.



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