venerdì, ottobre 15, 2010
È la ‘comprensione reciproca’ il filo conduttore degli interventi di due esponenti islamici al Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente per descrivere i rapporti tra cristiani e musulmani.

Agenzia Misna - In particolare, l’ayatollah iraniano Seyed Mostafa Moharghegh Damad Ahmadabadi ha sottolineato che “la stabilità del mondo si può raggiungere solo se tutti possono vivere senza paura dell’altro. Ed è quindi essenziale che i fedeli di ogni religione possano esercitare i propri diritti senza vergogna”. Pur ammettendo che nel corso del tempo ci sono stati momenti “bui” nei rapporti tra i fedeli dei due credi, e tuttora sussistono punti di vista “reazionari”, Ahmadabadi ha ricordato che “ci sono paesi islamici in cui i cristiani vivono fianco a fianco con i musulmani”. Una posizione condivisa dall’alto esponente sunnita libanese, Mohammad Sadak, consigliere del Gran Muftì del Libano: “condividiamo la sofferenza dei cristiani – ha detto - soprattutto dopo l’11 Settembre che ha scatenato una fobia dell’Islam. Ma ora siamo chiamati a lavorare insieme nel rispetto dei diritti e dei doveri, nella lotta all’estremismo, nella promozione della cultura dell’amicizia e del perdono”. I due rappresentanti musulmani hanno fatto capire ai religiosi riuniti nell’Assemblea sinodale che l’esodo dei cristiani dal Medio Oriente preoccupa anche i musulmani moderati, che vedono dissolversi “un patrimonio fondante” delle stesse società arabe. “Sono preoccupato per il futuro dei musulmani d’Oriente a causa dell'emigrazione dei cristiani”, ha proseguito Sadak, per cui “conservare la presenza cristiana è un comune dovere islamico nonché cristiano”. L’esponente sunnita ha spiegato inoltre come i cristiani d'Oriente non siano una minoranza che si trova nella regione “per caso”. Essi - ha precisato – “sono all’origine dell’Oriente prima dell’Islam. Sono parte integrante della formazione culturale, letteraria e scientifica della civiltà islamica. Sono anche i pionieri della rinascita araba moderna e hanno salvaguardato la loro lingua, quella del Sacro Corano […] e come sono stati in prima linea nella liberazione e nella conquista della sovranità (araba), sono oggi in prima linea anche nell'affrontare e nel resistere all'occupazione, nel difendere il diritto nazionale violato, a Gerusalemme in particolare e nella Palestina occupata in generale”.


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