Alcuni giorni fa abbiamo avuto il piacere di pubblicare la recensione al libro “Un mendicante racconta Francesco d’Assisi”, di Fabio Bergamaschi, edito da Edizioni Paoline. Oggi abbiamo il piacere di parlare con l’autore e di rivolgergli alcune domande sul libro e su Francesco d’Assisi.
D. “Un mendicante racconta Francesco d’Assisi” è il suo primo libro. Nella prefazione lei spiega come e quando si è avvicinato alla figura di San Francesco. Ma l’idea di scrivere un libro su di lui quando le è venuta?
R. È vero, ho conosciuto la figura di Francesco parecchi anno fa, ed è da allora che cerco di comprenderlo. Avevo già scritto qualcosa su Francesco, però ne ero poco convinto. Probabilmente perché come riferimento avevo le biografie “canoniche”, e le interpretazioni di altri anche sotto forma di film, e quello che scrivevo mi sembrava troppo simile ad una tesi sul Santo. Mi restava tuttavia la voglia di esprimere il mio pensiero su Francesco, per come l’ho capito.
D. La struttura del suo libro è molto interessante. Raccontare la vita del santo attraverso lo sguardo di un mendicante ‘non per scelta’. Cosa mai ha scelto questa struttura?
R. Devo ammettere che l’inizio della stesura è stato non poco travagliato. Dal principio, circa otto, nove anni fa, scrivevo su un quadernetto le varie sensazioni che appunto le biografie, i film, i commenti vari su Francesco mi trasmettevano. Ma non ero ancora persuaso. Volevo qualcosa di diverso. Poi mi sono chiesto: “Ma se io fossi vissuto ad Assisi in quel periodo, mi sarei accorto di un uomo come lui? E cosa avrei capito della sua storia?”. Da qui è nata, poco a poco, l’idea di qualcuno contemporaneo a Francesco che raccontasse la sua storia con occhi distaccati, ma non troppo.
D. Leggendo il libro veniamo a conoscere Bartolomeo, il personaggio del mendicante che in una certa misura è il protagonista del libro. A poco a poco lei ne delinea la personalità, oltre a raccontarne la storia. Insieme a Bartolomeo ci imbattiamo in altre persone importanti della vita di Francesco, come i genitori ad esempio o Fra Bernardo, l’amico. Tutto questo le ha dato modo di creare un vero e proprio tessuto narrativo alla storia e non soltanto un libro su San Francesco. In che misura, secondo lei, entrano i pensieri e il punto di vista dello scrittore nel definire i personaggi, i loro caratteri, la loro personalità?
R. La figura di Bartolomeo è nata spontaneamente. In quel tempo c’erano parecchie persone nella sua situazione, ma lui aveva una marcia in più, era, come dire, orgoglioso del suo vissuto, a tal punto da accettare la condizione in cui si era trovato e cercare espedienti per rendersi meno “dipendente” da altri. Chi mi conosce da vicino ha definito Bartolomeo come il mio alter ego, e faccio fatica a credere il contrario. In un certo modo le sue perplessità, le sue curiose domande, sono quelle che attualmente sento ancora mie, nei riguardi della fede e di un credo in cammino. L’inquietudine di Bartolomeo è nel voler capire, e scoprire, tutto quello che gli sta attorno, in special modo l’uomo Francesco e quello che ha costruito.
D. Nel suo libro ci presenta la vita nell’Assisi di quel momento storico descrivendo anche abitudini e costumi dell’epoca. Quanto ha influito la fantasia e la creatività rispetto ai fatti e agli eventi storici a noi riportati?
R. Per riportare eventi storici realmente accaduti e “consegnarli” comprensibili anche a chi, come me del resto, la storia l’ha sempre masticata poco, l’unico espediente era giocare di fantasia. Nella narrazione ho mantenuto i fatti principali ma, per renderli più evidenti, ho presentato il contorno scenografico ed espressivo del tempo che penso siano indispensabili per poter immergere chi legge (e chi scrive) in quel clima a noi lontano e che, a volte, sembra irreale.
D. Ancora una domanda sul libro. La vita di Francesco è estremamente densa di situazioni di estrema importanza. Quale criterio l’ha spinta a scegliere di raccontare alcuni episodi e non altri? Ci sono alcuni aspetti della vita di Francesco che sente particolarmente vicini?
R. Credo che quelli raccontati dal “mendicante” siano i momenti più conosciuti e forse quelli che più fanno amare Francesco a qualsiasi pubblico. Anche se altri episodi sono di notevole rilievo, ho preferito evidenziare, nel racconto, quelli che mi hanno colpito ed emozionato. Certo la fantasia ha giocato il suo ruolo, specialmente per l’incontro con i genitori di Francesco, Donna Pica prima, poi Pietro ed, infine, tutti e due insieme. Così come il faccia a faccia tra Francesco e il padre, dove finalmente un padre ammette di amare il figlio per quello che è. Ed il figlio di amare il padre pienamente, tanto da chiedere perdono per averlo fatto soffrire nel non aver seguito le sue aspettative.
D. Come abbiamo detto all’inizio, lei si è avvicinato al francescanesimo relativamente tardi. Oggi, qual è il suo legame con il francescanesimo e quanto ha influito in tutto questo il lavoro di stesura del libro? Ci sono dei ‘temi’ che vorrebbe approfondire nella sua vita?
R. Come dicevo di Bartolomeo, che cerca di capire cosa sta succedendo intorno a lui, io sto cercando di capire come si possa, anche oggi, distaccarsi da tutto quello che è terreno, compresi gli affetti, e intraprendere la strada di Francesco. Per non pensare alla pienezza dell’essere cristiano, che ancora in me è occasione di perplessità e dubbi. Per adesso sono convinto della bellezza di tutto quello che è stato creato e donato, così come credo nell’esistenza di Dio e di suo Figlio; ma forse ancora non mi basta. Forse è questa “ricerca” che sento quando comincio a scrivere qualcosa.
D. Se non sbaglio vorrebbe dare un seguito a questo suo primo libro. Può darci delle anticipazioni?
R. E’ vero che vorrei dare un seguito al mio “mendicante”, ho qualche appunto, ma preferirei non pronunciarmi per adesso. In ogni caso sto scrivendo qualcosa…
D. Ringraziamo Fabio Bergamaschi per questa sua intervista e soprattutto per averci dato la possibilità di conoscere il ‘suo’ “Un mendicante racconta Francesco d’Assisi”.
R. Ringrazio lei per l’interessamento e tutti quelli che hanno letto o staranno per leggere il libro.
D. La struttura del suo libro è molto interessante. Raccontare la vita del santo attraverso lo sguardo di un mendicante ‘non per scelta’. Cosa mai ha scelto questa struttura?
R. Devo ammettere che l’inizio della stesura è stato non poco travagliato. Dal principio, circa otto, nove anni fa, scrivevo su un quadernetto le varie sensazioni che appunto le biografie, i film, i commenti vari su Francesco mi trasmettevano. Ma non ero ancora persuaso. Volevo qualcosa di diverso. Poi mi sono chiesto: “Ma se io fossi vissuto ad Assisi in quel periodo, mi sarei accorto di un uomo come lui? E cosa avrei capito della sua storia?”. Da qui è nata, poco a poco, l’idea di qualcuno contemporaneo a Francesco che raccontasse la sua storia con occhi distaccati, ma non troppo.
D. Leggendo il libro veniamo a conoscere Bartolomeo, il personaggio del mendicante che in una certa misura è il protagonista del libro. A poco a poco lei ne delinea la personalità, oltre a raccontarne la storia. Insieme a Bartolomeo ci imbattiamo in altre persone importanti della vita di Francesco, come i genitori ad esempio o Fra Bernardo, l’amico. Tutto questo le ha dato modo di creare un vero e proprio tessuto narrativo alla storia e non soltanto un libro su San Francesco. In che misura, secondo lei, entrano i pensieri e il punto di vista dello scrittore nel definire i personaggi, i loro caratteri, la loro personalità?
R. La figura di Bartolomeo è nata spontaneamente. In quel tempo c’erano parecchie persone nella sua situazione, ma lui aveva una marcia in più, era, come dire, orgoglioso del suo vissuto, a tal punto da accettare la condizione in cui si era trovato e cercare espedienti per rendersi meno “dipendente” da altri. Chi mi conosce da vicino ha definito Bartolomeo come il mio alter ego, e faccio fatica a credere il contrario. In un certo modo le sue perplessità, le sue curiose domande, sono quelle che attualmente sento ancora mie, nei riguardi della fede e di un credo in cammino. L’inquietudine di Bartolomeo è nel voler capire, e scoprire, tutto quello che gli sta attorno, in special modo l’uomo Francesco e quello che ha costruito.
D. Nel suo libro ci presenta la vita nell’Assisi di quel momento storico descrivendo anche abitudini e costumi dell’epoca. Quanto ha influito la fantasia e la creatività rispetto ai fatti e agli eventi storici a noi riportati?
R. Per riportare eventi storici realmente accaduti e “consegnarli” comprensibili anche a chi, come me del resto, la storia l’ha sempre masticata poco, l’unico espediente era giocare di fantasia. Nella narrazione ho mantenuto i fatti principali ma, per renderli più evidenti, ho presentato il contorno scenografico ed espressivo del tempo che penso siano indispensabili per poter immergere chi legge (e chi scrive) in quel clima a noi lontano e che, a volte, sembra irreale.
D. Ancora una domanda sul libro. La vita di Francesco è estremamente densa di situazioni di estrema importanza. Quale criterio l’ha spinta a scegliere di raccontare alcuni episodi e non altri? Ci sono alcuni aspetti della vita di Francesco che sente particolarmente vicini?
R. Credo che quelli raccontati dal “mendicante” siano i momenti più conosciuti e forse quelli che più fanno amare Francesco a qualsiasi pubblico. Anche se altri episodi sono di notevole rilievo, ho preferito evidenziare, nel racconto, quelli che mi hanno colpito ed emozionato. Certo la fantasia ha giocato il suo ruolo, specialmente per l’incontro con i genitori di Francesco, Donna Pica prima, poi Pietro ed, infine, tutti e due insieme. Così come il faccia a faccia tra Francesco e il padre, dove finalmente un padre ammette di amare il figlio per quello che è. Ed il figlio di amare il padre pienamente, tanto da chiedere perdono per averlo fatto soffrire nel non aver seguito le sue aspettative.
D. Come abbiamo detto all’inizio, lei si è avvicinato al francescanesimo relativamente tardi. Oggi, qual è il suo legame con il francescanesimo e quanto ha influito in tutto questo il lavoro di stesura del libro? Ci sono dei ‘temi’ che vorrebbe approfondire nella sua vita?
R. Come dicevo di Bartolomeo, che cerca di capire cosa sta succedendo intorno a lui, io sto cercando di capire come si possa, anche oggi, distaccarsi da tutto quello che è terreno, compresi gli affetti, e intraprendere la strada di Francesco. Per non pensare alla pienezza dell’essere cristiano, che ancora in me è occasione di perplessità e dubbi. Per adesso sono convinto della bellezza di tutto quello che è stato creato e donato, così come credo nell’esistenza di Dio e di suo Figlio; ma forse ancora non mi basta. Forse è questa “ricerca” che sento quando comincio a scrivere qualcosa.
D. Se non sbaglio vorrebbe dare un seguito a questo suo primo libro. Può darci delle anticipazioni?
R. E’ vero che vorrei dare un seguito al mio “mendicante”, ho qualche appunto, ma preferirei non pronunciarmi per adesso. In ogni caso sto scrivendo qualcosa…
D. Ringraziamo Fabio Bergamaschi per questa sua intervista e soprattutto per averci dato la possibilità di conoscere il ‘suo’ “Un mendicante racconta Francesco d’Assisi”.
R. Ringrazio lei per l’interessamento e tutti quelli che hanno letto o staranno per leggere il libro.
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