lunedì, novembre 08, 2010
dal nostro corrispondente in Veneto Stefano Buso

Padova - È proprio il caso di esclamare “piove sul bagnato”: da stanotte la pioggia è di nuovo al centro dell’attenzione in tutto il Veneto con rovesci anche a carattere temporalesco. Forze dell’ordine e vigili del fuoco fanno sapere che i fiumi e i loro argini per il momento tengono e sono costantemente monitorati. Ma tra le persone serpeggia comprensibilmente paura e sconforto, soprattutto tra chi ha subito danni ingenti a causa del maltempo ed è costretto a rallentare il ritmo dei lavori di pulizia di strade e case. Naturalmente dove ciò è possibile, visto che permangono località e zone raggiungibili solo in barca. Il bollettino meteo non promette nulla di buono, e per le prime schiarite bisognerà attendere il fine settimana. Per quanto riguarda “la macchina dei soccorsi”, va ribadito che non ha mai smesso di operare. Un plauso ai volontari (tantissimi i giovani) giunti da ogni parte del Veneto (e non solo) per dar una mano alle famiglie in difficoltà.

La solidarietà e il desiderio di aiutare il prossimo sono forse gli unici aspetti positivi di questa calamità. Ciò premesso, si stanno contando i danni che sono enormi. Ci vorranno mesi prima di poter ripartire con attività agricole, imprenditoriali, artigianali e industriali. Il capo della Protezione Civile presente in Veneto ha più volte preso visione del disastro avvenuto, incontrando i sindaci delle città e dei comuni colpiti dall’alluvione. 

In generale il quadro è disastroso, specie nel vicentino e nel padovano: centinaia di aziende chiuse o paralizzate, e c’è chi parla addirittura di industria manifatturiera messa in ginocchio. Altro problema è quello relativo ai capi di bestiame annegati negli allevamenti zonali. Migliaia di animali morti che devono essere smaltiti al più presto per evitare problemi igienici. 

Gli stanziamenti post emergenza saranno quantificati dal Presidente della Regione Veneto, che avrà piena autonomia decisionale e operativa. In ogni caso, la gente che si è rimboccata le maniche sfidando il freddo vuole garanzie per il futuro. Risposte sicure, attendibili – non chiacchiere di circostanza. 

Lo spettro dell’apocalittica alluvione del Polesine, che nel 1951 colpì buona parte della provincia di Rovigo e la zona di Cavarzere causando numerose vittime e più di 180.000 senzatetto, aleggia ancora da queste parti. Certo, sono trascorsi quasi 60 anni, e i mezzi dell’immediato dopoguerra erano più modesti dagli attuali. Tuttavia, quella volta molte famiglie furono costrette a lasciare per sempre la loro terra natia. Oggi, in queste frenetiche giornate dove la sciagura è ancora pulsante e palpabile, ci si auspica invece che questa terra non venga abbandonata al proprio destino.


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