Il presidente brasiiano Luiz Inacio Lula da Silva deciderà domani se concedere o negare l'estradizione a Cesare Battisti. Lo hanno annunciato questa sera fonti del governo brasiliano. Lula si incontrerà di nuovo domani mattina con l'avvocato generale dello stato, Luis Inacio Lucena Adams e poi annuncerà la sua decisione.
di Dario Pignotti e Martino Rigacci
Ansa.it - Cesare Battisti deve rimanere in Brasile: l'Avvocatura generale dello Stato si è pronunciata contro la sua estradizione in Italia, parere consegnato al presidente Luiz Inacio Lula da Silva, il quale ha sempre detto di voler far proprio tale decisione. Possibilità contro la quale, su più fronti, il governo italiano sta in queste ore dando battaglia. Sulla base quindi di quanto sostenuto dall'Avvocatura, Battisti (56 anni, detenuto in un carcere a Brasilia dal marzo del 2007) potrebbe così evitare le prigioni italiane e rimanere nel paese latinoamericano, fatti che rappresenterebbero l'epilogo di una lunga e complessa vicenda giudiziaria. Nel corso di una giornata di alta tensione sull'asse Roma-Brasilia, le notizie sul 'dossier Battisti' sono rimbalzate più volte nei media dei due paesi, in primo piano non solo in Italia ma anche in Brasile: il futuro dell'ex terrorista rosso é finito infatti per intrecciarsi con le ultime ore della presidenza del popolare 'presidente operaio', visto che sabato Lula lascerà il paese nelle mani di Dilma Rousseff. Lo stesso capo dello Stato uscente ha sempre detto che il 'verdetto' su Battisti l'avrebbe annunciato lui, non Dilma: tutto fa pensare quindi che si pronuncerà domani, a poche ore dalla chiusura della sua presidenza.
Decisione alla quale, affermano fonti locali, la difesa del governo italiano potrebbe subito replicare con la presentazione di un ricorso presso il Supremo Tribunal Federal, l'Alta Corte di Brasilia. Oggi, il governo italiano ha ripetutamente, e con più voci, ribadito le proprie ragioni sul caso Battisti, mentre Alberto Torregiani, figlio del gioielliere Pierluigi Torregiani, per la cui morte Cesare Battisti è stato condannato, ha annunciato una manifestazione a Roma, in Piazza Navona di fronte all'ambasciata brasiliana, per protestare contro Brasilia.
A puntualizzare che l'Italia "si riserva" di considerare "tutte le misure necessarie per ottenere il rispetto del trattato bilaterale di estradizione, in conformità con il diritto brasiliano" è stato per esempio in una nota il ministro degli esteri, Franco Frattini. Poco dopo la diffusione del parere dell'Avocatura, contenuto in un documento di una settantina di pagine, Palazzo Chigi ha rilevato quanto fatto da Roma nell'ultimo anno e mezzo, "con il consenso di tutte le forze politiche", per ottenere l'estradizione. Indicando quale "possibile motivazione" da parte del Brasile il "presunto aggravamento della situazione personale di Battisti", il governo definisce "incomprensibile e inaccettabile nel modo più assoluto siffatto riferimento e la relativa decisione". Nel caso di una conferma del 'no' all'estradizione, sarà lo stesso Lula - afferma la nota - a dover "spiegare tale scelta non solo al Governo, ma agli italiani tutti", in particolare ai familiari delle vittime dell'ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac). (continua a leggere)
di Dario Pignotti e Martino Rigacci
Ansa.it - Cesare Battisti deve rimanere in Brasile: l'Avvocatura generale dello Stato si è pronunciata contro la sua estradizione in Italia, parere consegnato al presidente Luiz Inacio Lula da Silva, il quale ha sempre detto di voler far proprio tale decisione. Possibilità contro la quale, su più fronti, il governo italiano sta in queste ore dando battaglia. Sulla base quindi di quanto sostenuto dall'Avvocatura, Battisti (56 anni, detenuto in un carcere a Brasilia dal marzo del 2007) potrebbe così evitare le prigioni italiane e rimanere nel paese latinoamericano, fatti che rappresenterebbero l'epilogo di una lunga e complessa vicenda giudiziaria. Nel corso di una giornata di alta tensione sull'asse Roma-Brasilia, le notizie sul 'dossier Battisti' sono rimbalzate più volte nei media dei due paesi, in primo piano non solo in Italia ma anche in Brasile: il futuro dell'ex terrorista rosso é finito infatti per intrecciarsi con le ultime ore della presidenza del popolare 'presidente operaio', visto che sabato Lula lascerà il paese nelle mani di Dilma Rousseff. Lo stesso capo dello Stato uscente ha sempre detto che il 'verdetto' su Battisti l'avrebbe annunciato lui, non Dilma: tutto fa pensare quindi che si pronuncerà domani, a poche ore dalla chiusura della sua presidenza.
Decisione alla quale, affermano fonti locali, la difesa del governo italiano potrebbe subito replicare con la presentazione di un ricorso presso il Supremo Tribunal Federal, l'Alta Corte di Brasilia. Oggi, il governo italiano ha ripetutamente, e con più voci, ribadito le proprie ragioni sul caso Battisti, mentre Alberto Torregiani, figlio del gioielliere Pierluigi Torregiani, per la cui morte Cesare Battisti è stato condannato, ha annunciato una manifestazione a Roma, in Piazza Navona di fronte all'ambasciata brasiliana, per protestare contro Brasilia.
A puntualizzare che l'Italia "si riserva" di considerare "tutte le misure necessarie per ottenere il rispetto del trattato bilaterale di estradizione, in conformità con il diritto brasiliano" è stato per esempio in una nota il ministro degli esteri, Franco Frattini. Poco dopo la diffusione del parere dell'Avocatura, contenuto in un documento di una settantina di pagine, Palazzo Chigi ha rilevato quanto fatto da Roma nell'ultimo anno e mezzo, "con il consenso di tutte le forze politiche", per ottenere l'estradizione. Indicando quale "possibile motivazione" da parte del Brasile il "presunto aggravamento della situazione personale di Battisti", il governo definisce "incomprensibile e inaccettabile nel modo più assoluto siffatto riferimento e la relativa decisione". Nel caso di una conferma del 'no' all'estradizione, sarà lo stesso Lula - afferma la nota - a dover "spiegare tale scelta non solo al Governo, ma agli italiani tutti", in particolare ai familiari delle vittime dell'ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac). (continua a leggere)
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