“Sostenere il dialogo” in Costa d’Avorio, altrimenti la “situazione potrebbe esplodere” e “trasformarsi in una grave crisi umanitaria a livello regionale”.
Radio Vaticana - E' quanto sostiene la Caritas Costa d’Avorio, che sta aiutando circa 2.600 sfollati a Duékoué e Danané (zona occidentale del Paese), in fuga dalle violenze in seguito alle elezioni presidenziali di ottobre. Circa 150 persone sono già morte durante gli scontri. Il presidente uscente Laurent Gbagbo - riferisce l'agenzia Sir - rifiuta infatti di lasciare il potere ad Alassane Ouattara, risultato vincitore della disputa elettorale. "La guerra civile del 2002-2004 ha innescato una grave crisi umanitaria che si è propagata nei Paesi vicini - ricorda Jean Djoman, di Caritas Costa d'Avorio -. Non dobbiamo ripetere ora gli stessi errori". Secondo Djoman il lavoro di mediazione che sta portando avanti la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas) “sta funzionando”, perché “le due opposte fazioni di Gbagbo e Ouattara hanno per il momento interrotto le attività e le manifestazioni". "La situazione è difficile – osserva Djoman -, ma dobbiamo sperare si possa raggiungere un accordo, visto che il destino di migliaia di persone dipende da questo". Durante la guerra civile del 2002-2004 sono morte migliaia di persone e ancora di più sono state costrette ad abbandonare le proprie case. Gli sfollati di oggi sono in gran parte contadini che vivono nelle regioni occupate dai movimenti a favore di Laurent Gbagbo, tra i quali molti bambini con situazione di grave o moderata malnutrizione, che hanno quindi bisogno di assistenza specifica. "Al momento – spiega Djoman - siamo in grado di soddisfare i bisogni in termini di cibo, acqua, servizi igienici e salute. Ma le scorte, stabilite prima delle elezioni nel nostro piano di emergenza, ci permettono di andare avanti al massimo per un altro mese. Stiamo quindi prendendo in considerazione la possibilità di avviare ulteriori azioni con i partner della rete Caritas internationalis”. "Se la situazione dovesse esplodere – conclude -, potrebbe provocare una crisi a livello regionale. Dobbiamo fare tutto il possibile per trovare una soluzione pacifica a questo conflitto. Allo stesso tempo, come organizzazioni non governative, dobbiamo anche prepararci allo scenario peggiore".
Radio Vaticana - E' quanto sostiene la Caritas Costa d’Avorio, che sta aiutando circa 2.600 sfollati a Duékoué e Danané (zona occidentale del Paese), in fuga dalle violenze in seguito alle elezioni presidenziali di ottobre. Circa 150 persone sono già morte durante gli scontri. Il presidente uscente Laurent Gbagbo - riferisce l'agenzia Sir - rifiuta infatti di lasciare il potere ad Alassane Ouattara, risultato vincitore della disputa elettorale. "La guerra civile del 2002-2004 ha innescato una grave crisi umanitaria che si è propagata nei Paesi vicini - ricorda Jean Djoman, di Caritas Costa d'Avorio -. Non dobbiamo ripetere ora gli stessi errori". Secondo Djoman il lavoro di mediazione che sta portando avanti la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas) “sta funzionando”, perché “le due opposte fazioni di Gbagbo e Ouattara hanno per il momento interrotto le attività e le manifestazioni". "La situazione è difficile – osserva Djoman -, ma dobbiamo sperare si possa raggiungere un accordo, visto che il destino di migliaia di persone dipende da questo". Durante la guerra civile del 2002-2004 sono morte migliaia di persone e ancora di più sono state costrette ad abbandonare le proprie case. Gli sfollati di oggi sono in gran parte contadini che vivono nelle regioni occupate dai movimenti a favore di Laurent Gbagbo, tra i quali molti bambini con situazione di grave o moderata malnutrizione, che hanno quindi bisogno di assistenza specifica. "Al momento – spiega Djoman - siamo in grado di soddisfare i bisogni in termini di cibo, acqua, servizi igienici e salute. Ma le scorte, stabilite prima delle elezioni nel nostro piano di emergenza, ci permettono di andare avanti al massimo per un altro mese. Stiamo quindi prendendo in considerazione la possibilità di avviare ulteriori azioni con i partner della rete Caritas internationalis”. "Se la situazione dovesse esplodere – conclude -, potrebbe provocare una crisi a livello regionale. Dobbiamo fare tutto il possibile per trovare una soluzione pacifica a questo conflitto. Allo stesso tempo, come organizzazioni non governative, dobbiamo anche prepararci allo scenario peggiore".
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