mercoledì, gennaio 12, 2011
del nostro Stefano Buso

Port-au-Prince - È già trascorso un anno dal terremoto che sconvolse l’isola caraibica di Haiti. Le vittime furono oltre 200mila, e il numero dei feriti è tutt’ora incerto. Della capitale – Port-au-Prince – sono rimasti ruderi, polvere e rovine che testimoniano la durezza del cataclisma di quella notte del 12 gennaio 2010. Mentre ad Haiti, o meglio in ciò che resta della capitale, sono iniziate le esequie per commemorare i morti, l’opinione pubblica internazionale è costretta nuovamente a puntare l’attenzione sull’isola, dopo parecchi mesi di silenzio ed evidente indifferenza.
L’anniversario del disastro diventa un pretesto per parlare ancora di Haiti e dei suoi atavici problemi, che vanno ben oltre il dramma del terremoto. Un’isola dove miseria e tribolazioni sono all’ordine del giorno, e dove l’instabilità politica e la debole economia sembrano non avere prospettive di evoluzione. In questi anni, chi ha governato non si mostrato all’altezza della situazione né ha avuto a cuore il bene di Haiti. J. B. Aristide fu eletto dapprima nel 1991, dopo la caduta del dittatore Jean Claude Duvalier. Dal 1991 governò fino al 1996, e di nuovo dal 2001 al 2004. In seguito fu costretto a dimettersi dopo un’insurrezione popolare. Tuttavia i governi che si sono avvicendati non hanno risolto le lacunose problematiche dell’isola. Qualcuno sperava che qualcosa potesse cambiare con le ultime elezioni, che invece si svolte in un clima di scontri e palese intimidazione nei confronti degli elettori, tant’è che persino l’ONU aveva espresso forti preoccupazioni durante la recente tornata elettorale. È evidente che a più di qualcuno interessa serbare lo status quo più che voltar pagina…
In questo scenario intriso di dilemmi senza fine, il terremoto dell’anno scorso ha dato il colpo di grazia definitivo al Paese. Nonostante l’iniziale mobilitazione internazionale e i soccorsi arrivati da ogni parte del mondo, sembra che nulla sia cambiato da quel 12 gennaio di un anno fa. In pratica, parlare di ripresa è ancora una chimera, e in pochissimi credono a una repentina soluzione. A peggiorare ulteriormente la situazione, l’esplosione di un’epidemia di colera che ha stroncato ogni ottimismo. In un primo momento sembrava che i focolai fossero sporadici; con il passare dei giorni e delle settimane, il morbo ha falcidiato invece numerose persone. In una realtà così degradata, dove mancano acqua pulita e servizi igienici, era prevedibile che la situazione sanitaria precipitasse in modo così estremo. Gli ospedali di Haiti – stracolmi e mal attrezzati – faticano a seguire tutti i ricoverati. Cliniche e presidi a loro volta hanno subito danni ingenti proprio dal terremoto, e quindi sono operativi solo in parte. Sino ad ora le vittime sono migliaia e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha detto che il “picco del contagio non è stato ancora raggiunto”.
Un anno, dunque, da quel 12 gennaio 2010, e proprio in questo arco di tempo sono venute a galla i limiti e le carenze di Haiti. Il rapporto annuale di Amnesty International sulla situazione locale non alimenta la speranza: in questi mesi sono aumentati i disagiati, i pochi che avevano un lavoro lo hanno perso e la miseria ha di nuovo raggiunto picchi febbrili. Altra piaga segnalata da Amnesty International è l’aumento della violenza e degli stupri. È difficile intravedere “il sereno” per Haiti. Quel che è certo che da domani, trascorso l’anniversario, l’isola ritornerà nell’archivio dei Paesi dimenticati e snobbati. Un archivio oramai lunghissimo...

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