sabato, gennaio 01, 2011
Il messaggio di Fine d'anno di Giorgio Napolitano. L'invito del presidente a partecipare alla politica: «Ognuno faccia la sua parte»

Dal palazzo del Quirinale a reti unificate, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è rivolto soprattutto ai giovani. Con un saluto alle italiane e agli italiani di ogni generazione il presidente ha iniziato un discorso «dedicato ai giovani che vedono il tempo delle scelte e cercano occupazione». A loro ha detto che «i problemi che sentono sono gli stessi che si pongono per futuro dell'Italia». Il presidente ha espresso a più riprese la sua preoccupazione per i malesseri del Paese, stigmatizzando, come già nei mesi scorsi, «il distacco allarmante tra politica, società, forze sociali e giovani generazioni». Nel suo discorso Napolitano ha ribadito l'esigenza di uno «spirito di condivisione delle sfide» definendolo lo strumento affinché si possa fare un«salto di qualità della politica», in modo che questa riprenda dignità e diventi capace di «offrire riferimento e guida».

IL PALAZZO E LA GENTE - Il presidente nel suo discorso ha parlato di un «malessere diffuso» e un «distacco allarmante» tra la politica e la società, tra il Palazzo e la gente: è un segnale da non sottovalutare e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha chiesto di nuovo che la politica faccia un «salto di qualità», che ritrovi dignità. Non ha esplicitamente voluto affrontare temi strettamente politici il capo dello Stato, più preoccupato di parlare ai cittadini italiani, al Paese profondo ma un passaggio del suo intervento è stato dedicato al rinnovamento che la politica deve darsi. «Incontrando di recente, per gli auguri natalizi, i rappresentanti del Parlamento e del governo, delle istituzioni e dei corpi dello Stato - ha detto -, ho espresso la mia preoccupazione per il malessere diffuso tra i giovani e per un distacco ormai allarmante tra la politica, tra le stesse istituzioni democratiche e la società, le forze sociali, in modo particolare le giovani generazioni. Ma - ha aggiunto - non intendo tornare questa sera su tutti i temi di quell'incontro. Ribadisco solo l'esigenza di uno spirito di condivisione - da parte delle forze politiche e sociali - delle sfide che l'Italia è chiamata ad affrontare; e l'esigenza di un salto di qualità della politica, essendone in gioco la dignità, la moralità, la capacità di offrire un riferimento e una guida».

LA POLITICA - Agli italiani di ogni generazione il presidente Napolitano ha chiesto di non essere semplici spettatori della politica. «Voi che mi ascoltate non siete semplici spettatori, perché la politica siete anche voi, in quanto potete animarla e rinnovarla con le vostre sollecitazioni e i vostri comportamenti, partendo dalle situazioni che concretamente vivete, dai problemi che vi premono». Il presidente ha affrontato la crisi economica ma il suo invito è stato di non rinunciare ai traguardi. «Se il sogno di un continuo progredire nel benessere, ai ritmi e nei modi del passato, è per noi occidentali non più perseguibile, ciò non significa che si debba rinunciare al desiderio e alla speranza di nuovi e più degni traguardi da raggiungere nel mondo segnato dalla globalizzazione». Per affrontare le diverse sfide. «Siamo tutti chiamati a far fronte ancora alla sfida della pace, sempre messa a dura prova da persistenti e ricorrenti conflitti e da cieche trame terroristiche», ha detto, aggiungendo «della pace e della sicurezza collettiva, che esigono tra l'altro una nuova assunzione di responsabilità nella comunità internazionale da parte delle grandi potenze emergenti».

L'EUROPA - All'Europa e all'Italia ha fatto più volte riferimento Napolitano. Solo se unita l’Ue può «non solo superare l’attacco all’euro» e la crisi finanziaria ma anche trovare un nuovo sviluppo. «Molto dipenderà per noi dalla capacità dell’Europa di agire davvero come Unione - sottolinea il presidente parlando un'Unione di Stati e di popoli, ricca della sua pluralità, e forte di istituzioni che sempre meglio le consentano di agire all’unisono, di integrarsi più decisamente. Solo così - ha ribadito il capo dello Stato - si potrà non solo superare l’attacco all’euro e un'insidiosa crisi finanziaria nell’Eurozona, ma aprire una nuova prospettiva di sviluppo dell’economia e dell’occupazione nel nostro continente, ed evitare il rischio della sua irrilevanza o marginalità in un mondo globale che cresca lontano da noi. Sono convinto che questa sia una verità destinata a farsi strada anche in quei paesi europei in cui può serpeggiare l’illusione del fare da soli, l’illusione dell’autosufficienza».

DEBITO PUBBLICO -«Il debito pubblico italiano va ridotto. Ad ogni costo perché lasciarlo in eredità alle generazioni future sarebbe una vera e propria colpa storica e morale» ha detto il presidente Napolitano. «L'Italia non deve sfuggire agli imperativi sia della sostenibilità della finanza pubblica sia della produttività e competitività dell'economia e più in generale del sistema-Paese». Il presidente della Repubblica ha così auspicato che si renda «operante per tutti il dovere del pagamento delle imposte». Trovare la via per abbattere il debito pubblico accumulato nei decenni, ha detto «e quindi sottoporre alla più severa rassegna i capitoli della spesa pubblica corrente, rendere operante per tutti il dovere del pagamento delle imposte a qualunque livello le si voglia assestare. Questo dovrebbe essere l’oggetto di un confronto serio, costruttivo, responsabile, tra le forze politiche e sociali, fuori dall’abituale frastuono e da ogni calcolo tattico».

NO A PARALISI - «Siamo stati anche nel corso di quest'anno 2010 dominati dalle condizioni di persistente crisi e incertezza dell'economia e del tessuto sociale, e ormai da qualche tempo si è diffusa l'ansia del non poterci più aspettare - nella parte del mondo in cui viviamo - un ulteriore avanzamento e progresso di generazione in generazione come nel passato. Ma non possiamo farci paralizzare da quest'ansia: non potete farvene paralizzare voi giovani». E parlando del debito ha dato anche le indicazioni della via da seguire. «Trovare la via per abbattere il debito pubblico accumulato nei decenni; e quindi sottoporre alla più severa rassegna i capitoli della spesa pubblica corrente, rendere operante per tutti il dovere del pagamento delle imposte, a qualunque livello le si voglia assestare». «Questo - ha rilanciato il presidente - dovrebbe essere l'oggetto di un confronto serio, costruttivo, responsabile, tra le forze politiche e sociali, fuori dall'abituale frastuono e da ogni calcolo tattico». Insomma, «l'Italia non può illudersi di poter sfuggire agli imperativi sia della sostenibilità della finanza pubblica sia della produttività e competitività dell'economia e più in generale del sistema-paese».

STRATEGIA - Giorgio Napolitano ha precisato che non spetta al presidente della Repubblica formulare giudizi sulle politiche di governo. «Vorrei fosse chiaro - ha affermato - che sto ragionando sul da farsi nei prossimi anni; giudizi sulle politiche di governo non competono al capo dello Stato, ma appartengono alle sedi istituzionali di confronto tra maggioranza e opposizione, in primo luogo al Parlamento. E - ha aggiunto Napolitano - vorrei fosse chiaro che parlo di una strategia, e parlo di priorità, da far valere non solo attraverso l’azione diretta dello Stato e di tutti i poteri pubblici, ma anche attraverso la sollecitazione di comportamenti corrispondenti da parte dei soggetti privati». Un chiaro invito e riferimento alla disponibilità delle imprese a investire nella ricerca e del'innovazione. «Passa di qui la crescita del lavoro», ha detto il presidente invitando a investire e scommettere sui giovani: «Chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità» ha sottolineato Giorgio Napolitano. «Che questa sia la strada giusta ho potuto verificarlo in tante occasioni. Dall'incontro, nel gennaio scorso, con gli studenti di Reggio Calabria impegnati sul tema della legalità, a quello, in novembre, con i giovani volontari di Vicenza mobilitatisi per far fronte all'emergenza alluvione». Napolitano ha avuto anche parole di apprezzamento per i giovani militari impegnati nelle aree di crisi, per quelli impegnati in Polizia e per i giovani magistrati.

LA PRODUTTIVITÀ - Un grande problema, sostiene il presidente, è «l'indispensabile elevamento della produttività», ha detto senza citare la Fiat, «augurandosi che il difficile confronto in atto evolva in modo costruttivo». E rafforzare la competitività del sistema-paese richiede per Giorgio Napolitano «il superamento di molti ritardi, di evidenti fragilità, comporta lo scioglimento di molti nodi riconducibili a riforme finora mancate». Ci vuole «coraggio politico e sociale» per fare queste cose, per dare risposte al malessere e alle disuguaglianze sociali, all'impoverimento degli operai e dei ceti medi «specie nelle famiglie con più figli e un solo reddito», e soprattutto di fonte alla piaga della disoccupazione che da tre anni cresce «sotto l'urto della crisi globale». Quindi il Presidente rilancia la riforma fiscale.

FEDERALISMO - Napolitano ha anche chiesto che il federalismo venga attuato «in piena aderenza ai principi di solidarietà e coesione sociale. Sono convinto che nelle nuove generazioni sia radicato il valore dell’unità nazionale, e insieme il valore dello Stato unitario come presidio irrinunciabile nell’era del mondo globale. Uno Stato, peraltro, in via di ulteriore rinnovamento secondo un disegno di riforma già concretizzatosi nella legge sul federalismo fiscale. Sarà essenziale attuare quest’ultima in piena aderenza ai principi di solidarietà e coesione sociale a cui è stata ancorata l'unità d'Italia». Il presidente ha riconosciuto nella stabilità della finanza pubblica e nel rilancio della competitività del Paese le due premesse senza cui non può esserci la ripresa dell'economia e dell'occupazione.

NAPOLI - Alla sua città natale, Napoli, il presidente ha dedicato un passaggio del discorso, quando verso la conclusione, ha esortato gli italiani a fare «tutti la loro parte», «quanti hanno maggiori responsabilità - e ne debbono rispondere - nella politica e nelle istituzioni, nell’economia e nella società, ma in pari tempo ogni comunità, ogni cittadino. Dovunque - ha affermato Napolitano - anche a Napoli: lasciatemi rivolgere queste parole di incitamento a una città per la cui condizione attuale provo sofferenza come molti in Italia. Faccia anche a Napoli la sua parte ogni istituzione, ogni cittadino, nello spirito di un impegno comune, senza cedere al fatalismo e senza tirarsi indietro».

IL MODELLO DI CRESCITA ITALIANO - «Non possiamo come nazione pensare il futuro senza memoria e coscienza del passato. Ci serve, ci aiuta, ripercorrere nelle sue asprezze e contraddizioni il cammino che ci portò nel 1861 a diventare Stato nazionale unitario, ed egualmente il cammino che abbiamo successivamente battuto, anche fra tragedie sanguinose ed eventi altamente drammatici - ha sottolineato Napolitano -. Vogliamo e possiamo recuperare innanzitutto la generosità e la grandezza del moto unitario: e penso in particolare a una sua componente decisiva, quella dei volontari. Quanti furono i giovani e giovanissimi combattenti ed eroi che risposero, anche sacrificando la vita, a quegli appelli per la libertà e l’Unità dell’Italia! Dovremmo forse tacerne, e rinunciare a trarne ispirazione? Ma quello resta un patrimonio vivo, cui ben si può attingere per ricavarne fiducia nelle virtù degli italiani, nel loro senso del dovere comune e dell’unità, e nella forza degli ideali». Il capo dello Stato ha ribadito, quindi, che «nulla può oscurare il complessivo bilancio della profonda trasformazione, del decisivo avanzamento che l’Unità, la nascita dello Stato nazionale e la sua rinascita su basi democratiche hanno consentito all’Italia». E ha concluso: « Sono convinto che nelle nuove generazioni sia radicato il valore dell'unità nazionale, e insieme il valore dello Stato unitario come presidio irrinunciabile nell'era del mondo globale».

DISOCCUPAZIONE METTE IN SCACCO LA DEMOCRAZIA - Ancora sui giovani si sono fermate le parole del presidente secondo il quale i dati sulla disoccupazione, soprattutto quella giovanile, devono diventare «l'assillo» del Paese. «Gli ultimi dati - ha detto il capo dello Stato - ci dicono che le persone in cerca di occupazione sono tornate a superare i due milioni, di cui quasi uno nel Mezzogiorno; e che il tasso di disoccupazione nella fascia di età tra i 15 anni e i 24, ecco di nuovo il discorso sui giovani nel suo aspetto più drammatico, ha raggiunto il 24,7% nel paese, il 35,2% nel Mezzogiorno e ancor più tra le giovani donne. Sono dati - ha concluso Napolitano - che debbono diventare l'assillo comune della nazione. Se non apriamo a questi ragazzi nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l'Italia: ed è in scacco la democrazia».

ITALIA UNITA - «Sentire l'Italia, volerla più unita e migliore significa anche questo, sentire come proprio il travaglio di ogni sua parte, così come il travaglio di ogni sua generazione, dalle più anziane alle più giovani. A tutti, dunque, agli italiani e agli stranieri che sono tra noi condividendo doveri e speranze - ha concluso il Capo dello Stato - il mio augurio affettuoso, il mio caloroso buon 2011».

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