La scomparsa di Tullia Zevi: il Papa ricorda il suo contributo alla crescita della società italiana e al dialogo ebraico-cristiano
Si sono svolti questa mattina, al cimitero romano del Verano, i funerali di Tullia Zevi, già presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, spentasi sabato scorso all’età di 92 anni.
Radio Vaticana - In un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il Papa esprime cordoglio ai familiari e alle comunità ebraiche italiane assicurando le sue preghiere. Benedetto XVI ricorda “l’alto profilo morale e l’autorevole contributo” che Tullia Zevi diede “in favore della crescita nella società italiana dei valori della democrazia, della pace, della libertà e del sincero e fecondo dialogo tra ebrei e cristiani”. Da parte sua, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, questa mattina ha definito Tullia Zevi “una grande leader, una grande ebrea italiana immersa nella realtà politica, una testimone antifascista e contro l'intolleranza”. Presenti alle esequie anche esponenti del mondo cattolico: tra questi, per la comunità di Sant’Egidio, mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino. Paolo Ondarza gli ha chiesto un ricordo di Tullia Zevi: ascolta
R. - Tullia Zevi, l’ho conosciuta tanti anni fa quando era presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Lei ha, tra l’altro, partecipato all’incontro interreligioso di preghiera per la pace a Milano nel 1993 su invito del cardinale Martini e della Comunità di Sant’Egidio, e ricordo ancora la sua presenza, sempre molto cortese. Era una donna di grande cultura, che era riuscita a sottrarsi al periodo fascista e che portava nel cuore il dramma della Shoah. Ricordo la sua preoccupazione per l’antisemitismo risorgente … Era però anche una donna che ha saputo comunicare una grande speranza: la speranza che si potesse vivere insieme, anche se diversi; che si potesse collaborare anche tra religioni e tra fedi diversi per costruire un mondo dove fosse possibile il dialogo, la pacifica convivenza, la comprensione gli uni degli altri, senza rinunciare alla propria identità.
D. - Questa la traccia che ha lasciato: quale l’eredità da raccogliere?
R. - L’eredità si muove in due direzioni. La prima è quella secondo cui la cultura avvicina ed aiuta a capire, a capire gli altri. Noi viviamo di tanti pregiudizi e l’antisemitismo si nutre dei pregiudizi: questo penso sia il primo dato. Il secondo è quest’attenzione affinché non risorgano - attraverso i pregiudizi - forme di antisemitismo ma anche di razzismo, di antigitanismo … E oggi nel nostro Paese queste forme sono troppo diffuse.
D. - E’ quindi un messaggio rivolto alle giovani generazioni?
R. - Certamente, su questo era molto attenta. Ha scritto un libro di memorie della sua vita, con la nipote, credo proprio con l’intento di comunicare - attraverso la sua storia - questo patrimonio culturale, questa tradizione, questo modo pacifico di vivere, a tutti ma - credo - soprattutto alle giovani generazioni. Anche perché i testimoni della Shoah, pian piano, stanno scomparendo. E’ quindi bene che, attraverso la vita di queste persone, ricordiamo ciò che ha voluto dire e ciò da cui dobbiamo stare in guardia sempre.
D. - Per tenere viva la memoria, ma anche per far fronte a quei pericoli che ancora oggi si presentano, come gli atteggiamenti di razzismo o di antisemitismo...
R. - Direi di sì. Occorre vivere, vigilando: ecco, direi vigilando! Per noi cristiani la vigilanza è poi una parte fondamentale del messaggio di Gesù e del messaggio evangelico. Credo che questo sia il monito che lascia a noi, ma direi anche una speranza, perché lei è stata una donna di speranza. (mg)
Radio Vaticana - In un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il Papa esprime cordoglio ai familiari e alle comunità ebraiche italiane assicurando le sue preghiere. Benedetto XVI ricorda “l’alto profilo morale e l’autorevole contributo” che Tullia Zevi diede “in favore della crescita nella società italiana dei valori della democrazia, della pace, della libertà e del sincero e fecondo dialogo tra ebrei e cristiani”. Da parte sua, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, questa mattina ha definito Tullia Zevi “una grande leader, una grande ebrea italiana immersa nella realtà politica, una testimone antifascista e contro l'intolleranza”. Presenti alle esequie anche esponenti del mondo cattolico: tra questi, per la comunità di Sant’Egidio, mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino. Paolo Ondarza gli ha chiesto un ricordo di Tullia Zevi: ascolta
R. - Tullia Zevi, l’ho conosciuta tanti anni fa quando era presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Lei ha, tra l’altro, partecipato all’incontro interreligioso di preghiera per la pace a Milano nel 1993 su invito del cardinale Martini e della Comunità di Sant’Egidio, e ricordo ancora la sua presenza, sempre molto cortese. Era una donna di grande cultura, che era riuscita a sottrarsi al periodo fascista e che portava nel cuore il dramma della Shoah. Ricordo la sua preoccupazione per l’antisemitismo risorgente … Era però anche una donna che ha saputo comunicare una grande speranza: la speranza che si potesse vivere insieme, anche se diversi; che si potesse collaborare anche tra religioni e tra fedi diversi per costruire un mondo dove fosse possibile il dialogo, la pacifica convivenza, la comprensione gli uni degli altri, senza rinunciare alla propria identità.
D. - Questa la traccia che ha lasciato: quale l’eredità da raccogliere?
R. - L’eredità si muove in due direzioni. La prima è quella secondo cui la cultura avvicina ed aiuta a capire, a capire gli altri. Noi viviamo di tanti pregiudizi e l’antisemitismo si nutre dei pregiudizi: questo penso sia il primo dato. Il secondo è quest’attenzione affinché non risorgano - attraverso i pregiudizi - forme di antisemitismo ma anche di razzismo, di antigitanismo … E oggi nel nostro Paese queste forme sono troppo diffuse.
D. - E’ quindi un messaggio rivolto alle giovani generazioni?
R. - Certamente, su questo era molto attenta. Ha scritto un libro di memorie della sua vita, con la nipote, credo proprio con l’intento di comunicare - attraverso la sua storia - questo patrimonio culturale, questa tradizione, questo modo pacifico di vivere, a tutti ma - credo - soprattutto alle giovani generazioni. Anche perché i testimoni della Shoah, pian piano, stanno scomparendo. E’ quindi bene che, attraverso la vita di queste persone, ricordiamo ciò che ha voluto dire e ciò da cui dobbiamo stare in guardia sempre.
D. - Per tenere viva la memoria, ma anche per far fronte a quei pericoli che ancora oggi si presentano, come gli atteggiamenti di razzismo o di antisemitismo...
R. - Direi di sì. Occorre vivere, vigilando: ecco, direi vigilando! Per noi cristiani la vigilanza è poi una parte fondamentale del messaggio di Gesù e del messaggio evangelico. Credo che questo sia il monito che lascia a noi, ma direi anche una speranza, perché lei è stata una donna di speranza. (mg)
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