domenica, gennaio 09, 2011
L’Africa, con le sue emergenze spesso drammatiche, ma anche con il difficile tentativo di intraprendere la strada verso la stabilità e il progresso, rappresenta un tema privilegiato per la Radio Vaticana.

Radio Vaticana - Da vent’anni, con analisi, cronache e interviste, ci aiuta in questo compito il padre comboniano Giulio Albanese, per anni missionario nella regione dei Grandi Laghi e attualmente responsabile delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie. Attraverso i suoi servizi abbiamo approfondito il dramma della Somalia, il conflitto etnico in Rwanda e Burundi, sino alle più recenti situazioni in Sudan e Costa d’Avorio. Su questa esperienza di informazione sul continente africano, Giancarlo La Vella ha intervistato lo stesso padre Giulio Albanese: ascolta

R. - Anzitutto è stata un’esperienza avvincente, perché davvero mi ha permesso di seguire la cronaca delle Afriche quotidianamente e, credo che sia doveroso dirlo, la pagina internazionale della Radio Vaticana è davvero unica nel suo genere e questo sento di esprimerlo non solo a titolo personale, ma anche a nome del mondo missionario e degli africani che seguono questo programma fedelmente, tutti i giorni. Detto questo l’Africa, a mio avviso, ha sperimentato sicuramente situazioni di progresso. Per esempio, dal 2000 ad oggi vi è stata comunque una diminuzione dei conflitti, però è anche vero che purtroppo non vi sono stati – per quanto riguarda le classi dirigenti - quei cambiamenti auspicati dalla società civile. Tutto questo ci fa capire che il cammino è ancora tutto in salita. A prescindere dalle risorse umane, l’Africa ha grandissime potenzialità, soprattutto per quanto concerne le fonti energetiche; ha minerali pregiatissimi … eppure, ancora oggi rappresenta la metafora del sottosviluppo. In questo senso io credo che il vostro modo di fare informazione e a cui, nel mio piccolo, io ho partecipato sia un modo davvero di dare voce a chi non ha voce.


D. - L’errore che spesso si fa nel guardare all’Africa, è considerarla una realtà omogenea, ma forse così non è, e quindi occorre un approccio diversificato…



R. – In effetti, in Africa ci sono oltre 800 etnie, vale a dire 800 popoli, e questo naturalmente è sintomatico di una realtà estremamente complessa, articolata. E’ davvero, l’Africa, un crogiolo di culture ancestrali! La sfida, guardando al futuro nelle relazioni tra Nord e Sud, è proprio quella di capire che dobbiamo incontrarci, all’appuntamento del dare e del ricevere: questa è cooperazione! Capire che l’Africa non chiede semplicemente beneficenza, chiede innanzitutto il riconoscimento della propria dignità! Anche perché, poi, l’Africa è capace di dare e di dare molto. Questo a significare inoltre che l’Africa ha anche risorse di pensiero che vanno certamente valorizzate. Anche noi possiamo imparare dalle Afriche.



D. - Come è stata e com’è l’Africa di padre Giulio Albanese?



R. - Certamente in questi anni mi è capitato, proprio con la Radio Vaticana, di seguire le principali aree di crisi: dal Corno d’Africa, alla regione dei Grandi Laghi. Quello che ho notato è che c’è sempre stata una grande disponibilità, non solo da parte dei missionari ma anche della gente del posto, della società civile, a passare informazioni. C’è, comunque, anche un’Africa che sorride, c’è un’Africa che, a mio avviso, è in grado davvero di compiere prodigi; c’è un’Africa fatta di colori, di tradizioni, di lingue, di espressione ... L’Africa è per certi versi innanzitutto e soprattutto comunicazione e per questo noi occidentali, nei suoi confronti, non possiamo continuare a fare “orecchie da mercante”. Certo, raccontare “in diretta” le ingiustizie e le sopraffazioni, storie che io ho visto e che ho cercato di raccontare, credo che sia stato un servizio a quel Continente, a tanta gente di buona volontà, che da quelle parti ha davvero un grande desiderio di voltare pagina. Credo che il contributo dell’informazione sia stato davvero importante e sono contento di esserne stato parte e strumento, anche attraverso la Radio Vaticana.

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