Alcuni enzimi presenti nel rumine dei bovini potrebbero rivelarsi molto interessanti per mettere a punto nuove e migliori strategie produttive allo scopo di ottenere biocarburanti dalla cellulosa a costi più contenuti.
Scienzenews.it - I biocarburanti ottenuti dagli scarti agricoli, dalla segatura e dalla comune erba del prato, sarebbero probabilmente più economici rispetto a quelli attualmente ottenuti dal mais, dalla canna da zucchero e da altre piante coltivate per l'alimentazione umana e animale. Oltre alla materia prima, bisogna considerare che i costi ancora così elevati della produzione sono in buona parte dovuti agli enzimi che, a partire dal materiale vegetale, degradano le cellulose e le lignine al fine di ottenere zuccheri che possono essere sottoposti a fermentazione e dare così il biocarburante.
La ricerca ha cercato di abbassare i costi degli enzimi cellulolitici modificando i metodi produttivi o sviluppando enzimi capaci di agire in modo più rapido o in condizioni particolari come a temperature elevate - per aumentare la velocità di reazione. Tuttavia questi approcci non sembrano essere risolutivi.
"Per ridurre i costi della produzione dei biocarburanti cellulosici abbiamo bisogno di nuovi enzimi più efficienti" spiega Eddy Rubin, direttore del Joint Genome Institute (JGI) del U.S. Department of Energy (DOE) e coordinatore dello studio.
Nel 2007 il team guidato da Rubin ha condotto una ricerca sui microrganismi presenti nel tratto digerente delle termiti - capaci di trasformare il legno in zuccheri - incontrando difficoltà nel reperire sufficiente materiale per proseguire gli studi.
I ricercatori hanno quindi avuto l'idea di indagare i microrganismi presenti nel rumine dei bovini. Tale microflora ruminale - batteri, protozoi, funghi, lieviti - colonizza il digerente dei ruminanti e, attraverso lo sviluppo di processi fermentativi, permette l'utilizzo della cellulosa e delle emicellulose vegetali. I bovini sono animali di grandi dimensioni, consentono quindi di reperite molto materiale per effettuare le analisi e i microrganismi del rumine sono capaci di trasformare con grande efficienza la cellulosa in zuccheri, queste caratteristiche rendono i bovini adatti a questo tipo di studio.
Una delle principali difficoltà riscontrate dai ricercatori è data dal fatto che solo una piccolissima parte di tutte le specie microbiche presenti sulla Terra, incluse quelle presenti nel tratto digerente dei bovini, può essere coltivata in laboratorio. Ciò ha limitato le indagini sugli enzimi microbici naturali fino all'avvento delle nuove tecnologie di sequenziamento genico. Grazie alla metagenomica gli studiosi hanno potuto individuare i geni di maggiore interesse e conseguentemente le specie microbiche più promettenti.
La metagenomica prevede il sequenziamento del materiale genetico di microrganismi di difficile coltivazione presenti in un determinato ecosistema. L'analisi effettuata nell'habitat naturale viene definita metagenoma. Lo screening dei dati consente di individuare uno o più geni d'interesse.
In collaborazione con la University of Illinois, i ricercatori del Joint Genome Institute hanno lasciato a fermentare nel rumine una certa quantità di Panicum virgatum L., pianta foraggera considerata tra le specie più promettenti per la produzione di biocarburanti. Dopo 48 ore hanno estratto il materiale vegetale parzialmente digerito per isolare e sequenziare il DNA dei microrganismi coinvolti nella fermentazione.
Da tutto il materiale genetico i ricercatori hanno ottenuto una enorme mole di dati: circa 250 miliardi di coppie di basi. Hanno quindi elaborato i dati usando i computer a elevate prestazioni disponibili presso il California's Lawrence Berkeley National Lab ed hanno ottenuto un pool di 28 mila geni. Da questi hanno selezionato 90 geni per ottenere proteine da testare in laboratorio ed hanno verificato che circa 45 di queste hanno attività enzimatica e sono in grado di degradare la cellulosa.
Questo pool di enzimi di origine bovina in grado di degradare il materiale vegetale in zuccheri semplici rappresenta un passo importante verso lo sviluppo di un approccio utile per abbassare il costo della produzione dei biocarburanti cellulosici.
Durante il lavoro di ricerca, oltre ad aver identificato 28 mila geni, i ricercatori sono riusciti a ricostruire il genoma di molte specie microbiche mai classificate in precedenza. Per verificare la correttezza del lavoro, gli scienziati hanno isolato una singola cellula di un batterio dal campione sottoposto ad analisi e ne hanno sequenziato il genoma trovando una corrispondenza con un genoma precedentemente ricostruito.
I ricercatori proseguiranno i loro studi per verificare le potenzialità degli enzimi individuati in questo studio e mirano ad estendere le loro indagini applicando la metagenomica ad altre comunità microbiche.
Scienzenews.it - I biocarburanti ottenuti dagli scarti agricoli, dalla segatura e dalla comune erba del prato, sarebbero probabilmente più economici rispetto a quelli attualmente ottenuti dal mais, dalla canna da zucchero e da altre piante coltivate per l'alimentazione umana e animale. Oltre alla materia prima, bisogna considerare che i costi ancora così elevati della produzione sono in buona parte dovuti agli enzimi che, a partire dal materiale vegetale, degradano le cellulose e le lignine al fine di ottenere zuccheri che possono essere sottoposti a fermentazione e dare così il biocarburante.
La ricerca ha cercato di abbassare i costi degli enzimi cellulolitici modificando i metodi produttivi o sviluppando enzimi capaci di agire in modo più rapido o in condizioni particolari come a temperature elevate - per aumentare la velocità di reazione. Tuttavia questi approcci non sembrano essere risolutivi.
"Per ridurre i costi della produzione dei biocarburanti cellulosici abbiamo bisogno di nuovi enzimi più efficienti" spiega Eddy Rubin, direttore del Joint Genome Institute (JGI) del U.S. Department of Energy (DOE) e coordinatore dello studio.
Nel 2007 il team guidato da Rubin ha condotto una ricerca sui microrganismi presenti nel tratto digerente delle termiti - capaci di trasformare il legno in zuccheri - incontrando difficoltà nel reperire sufficiente materiale per proseguire gli studi.
I ricercatori hanno quindi avuto l'idea di indagare i microrganismi presenti nel rumine dei bovini. Tale microflora ruminale - batteri, protozoi, funghi, lieviti - colonizza il digerente dei ruminanti e, attraverso lo sviluppo di processi fermentativi, permette l'utilizzo della cellulosa e delle emicellulose vegetali. I bovini sono animali di grandi dimensioni, consentono quindi di reperite molto materiale per effettuare le analisi e i microrganismi del rumine sono capaci di trasformare con grande efficienza la cellulosa in zuccheri, queste caratteristiche rendono i bovini adatti a questo tipo di studio.
Una delle principali difficoltà riscontrate dai ricercatori è data dal fatto che solo una piccolissima parte di tutte le specie microbiche presenti sulla Terra, incluse quelle presenti nel tratto digerente dei bovini, può essere coltivata in laboratorio. Ciò ha limitato le indagini sugli enzimi microbici naturali fino all'avvento delle nuove tecnologie di sequenziamento genico. Grazie alla metagenomica gli studiosi hanno potuto individuare i geni di maggiore interesse e conseguentemente le specie microbiche più promettenti.
La metagenomica prevede il sequenziamento del materiale genetico di microrganismi di difficile coltivazione presenti in un determinato ecosistema. L'analisi effettuata nell'habitat naturale viene definita metagenoma. Lo screening dei dati consente di individuare uno o più geni d'interesse.
In collaborazione con la University of Illinois, i ricercatori del Joint Genome Institute hanno lasciato a fermentare nel rumine una certa quantità di Panicum virgatum L., pianta foraggera considerata tra le specie più promettenti per la produzione di biocarburanti. Dopo 48 ore hanno estratto il materiale vegetale parzialmente digerito per isolare e sequenziare il DNA dei microrganismi coinvolti nella fermentazione.
Da tutto il materiale genetico i ricercatori hanno ottenuto una enorme mole di dati: circa 250 miliardi di coppie di basi. Hanno quindi elaborato i dati usando i computer a elevate prestazioni disponibili presso il California's Lawrence Berkeley National Lab ed hanno ottenuto un pool di 28 mila geni. Da questi hanno selezionato 90 geni per ottenere proteine da testare in laboratorio ed hanno verificato che circa 45 di queste hanno attività enzimatica e sono in grado di degradare la cellulosa.
Questo pool di enzimi di origine bovina in grado di degradare il materiale vegetale in zuccheri semplici rappresenta un passo importante verso lo sviluppo di un approccio utile per abbassare il costo della produzione dei biocarburanti cellulosici.
Durante il lavoro di ricerca, oltre ad aver identificato 28 mila geni, i ricercatori sono riusciti a ricostruire il genoma di molte specie microbiche mai classificate in precedenza. Per verificare la correttezza del lavoro, gli scienziati hanno isolato una singola cellula di un batterio dal campione sottoposto ad analisi e ne hanno sequenziato il genoma trovando una corrispondenza con un genoma precedentemente ricostruito.
I ricercatori proseguiranno i loro studi per verificare le potenzialità degli enzimi individuati in questo studio e mirano ad estendere le loro indagini applicando la metagenomica ad altre comunità microbiche.
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