Per una volta, i «vaticanisti» che descrivono la Chiesa ogni giorno dalle pagine dei giornali e dal web, messi da parte penna e computer, parlano in prima persona.
Papaboys - Rodolfo Lorenzoni e Ferdinando Tarsitani hanno dato loro voce intervistandoli e raccogliendo i loro aneddoti e opinioni su Chiesa e Vaticano, nel volume “La Chiesa di Carta. I vaticanisti raccontano”, edito dalle Paoline. «La difficoltà di questo tipo particolare di giornalista - ha esordito Aldo Maria Valli, vaticanista del Tg1, moderando la presentazione del libro - è che devono raccontare i fatti di una realtà che è in parte terrena e in parte no». Il volume contiene gli interventi di 32 tra i più importanti vaticanisti di testate italiane e internazionali, preceduti da una “Presentazione” di Joaquìn Navarro-Valls, per tanti anni loro collega come direttore della Sala stampa della Santa Sede.
Apre la carrellata Luigi Accattoli, collaboratore di Liberal e «decano» dei vaticanisti, che ha presentato il volume nella libreria delle Paoline di via del Mascherino, mercoledì sera: «Da questo libro emerge una certa coralità e omogeneità dei vaticanisti italiani e la loro solida preparazione culturale. Il volume fornisce un bel caleidoscopio di descrizioni di Papa Benedetto XVI. Chi lo trova difficile da capire, chi invece facile, chi riconosce in lui una certa «rigidità teutonica», chi al contrario sottolinea la sua gentilezza ed umanità. Sandro Magister, de L’Espresso, pensa che i suoi messaggi siano difficili da tradurre in slogan o in gesti spettacolari. Che il suo pensiero vada approfondito, ma che, nonostante questo, «la gente comune lo comprenda bene». Marco Simeon, responsabile di Rai Vaticano, vorrebbe che i vaticanisti mettessero maggiormente in luce il lato umano della Chiesa: «Hanno la grande responsabilità di dover parlare dei valori fondamentali che guidano le vite di milioni di persone. Sono chiamati a contestualizzare nella realtà di tutti i giorni i messaggi del Papa e della Chiesa. Sarebbe bene che lo facessero non sottolineando solo l’aspetto istituzionale del cattolicesimo, ma anche quello quotidiano». Sulla stessa linea, il vescovo di Terni-Narni-Amelia, Vincenzo Paglia, che ha riconosciuto ai vaticanisti una sorta di «piccolo magistero»: «Non sono giornalisti come tutti gli altri. Non sanno di essere importantissimi. Ciò che scrivono infatti ritorna alla fonte da cui è scaturito: alla Chiesa, alla curia. E crea opinione. Se sapessero del loro ruolo, avrebbero paura a scrivere. Nel loro lavoro sono chiamati a realizzare una sintesi tra cultura e predicazione. Dovrebbero dare maggiore attenzione però alla vita della Chiesa, alle parrocchie, ai movimenti e lasciarsi contagiare da essa». Lorenzoni, redattore di Rai Vaticano, nel suo intervento ha sottolineato i due maggiori difetti del vaticanismo: «Il sensazionalismo: ridurre a slogan le parole del Papa; e il provincialismo: occuparsi solo della realtà italiana». Infine, Tarsitani (Rai Vaticano), usando le parole di Navarro-Valls, ha riassunto le prerogative del vaticanista: «Deve trasmettere un’esperienza personale che egli considera vera: se manca una di queste componenti, verità e persona, non è giornalismo».
Apre la carrellata Luigi Accattoli, collaboratore di Liberal e «decano» dei vaticanisti, che ha presentato il volume nella libreria delle Paoline di via del Mascherino, mercoledì sera: «Da questo libro emerge una certa coralità e omogeneità dei vaticanisti italiani e la loro solida preparazione culturale. Il volume fornisce un bel caleidoscopio di descrizioni di Papa Benedetto XVI. Chi lo trova difficile da capire, chi invece facile, chi riconosce in lui una certa «rigidità teutonica», chi al contrario sottolinea la sua gentilezza ed umanità. Sandro Magister, de L’Espresso, pensa che i suoi messaggi siano difficili da tradurre in slogan o in gesti spettacolari. Che il suo pensiero vada approfondito, ma che, nonostante questo, «la gente comune lo comprenda bene». Marco Simeon, responsabile di Rai Vaticano, vorrebbe che i vaticanisti mettessero maggiormente in luce il lato umano della Chiesa: «Hanno la grande responsabilità di dover parlare dei valori fondamentali che guidano le vite di milioni di persone. Sono chiamati a contestualizzare nella realtà di tutti i giorni i messaggi del Papa e della Chiesa. Sarebbe bene che lo facessero non sottolineando solo l’aspetto istituzionale del cattolicesimo, ma anche quello quotidiano». Sulla stessa linea, il vescovo di Terni-Narni-Amelia, Vincenzo Paglia, che ha riconosciuto ai vaticanisti una sorta di «piccolo magistero»: «Non sono giornalisti come tutti gli altri. Non sanno di essere importantissimi. Ciò che scrivono infatti ritorna alla fonte da cui è scaturito: alla Chiesa, alla curia. E crea opinione. Se sapessero del loro ruolo, avrebbero paura a scrivere. Nel loro lavoro sono chiamati a realizzare una sintesi tra cultura e predicazione. Dovrebbero dare maggiore attenzione però alla vita della Chiesa, alle parrocchie, ai movimenti e lasciarsi contagiare da essa». Lorenzoni, redattore di Rai Vaticano, nel suo intervento ha sottolineato i due maggiori difetti del vaticanismo: «Il sensazionalismo: ridurre a slogan le parole del Papa; e il provincialismo: occuparsi solo della realtà italiana». Infine, Tarsitani (Rai Vaticano), usando le parole di Navarro-Valls, ha riassunto le prerogative del vaticanista: «Deve trasmettere un’esperienza personale che egli considera vera: se manca una di queste componenti, verità e persona, non è giornalismo».
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