Criticato dagli stessi dirigenti del dicastero oltre che dai tunisini ha rassegnato le dimissioni il ministro degli Esteri Ahmed Ounaïes: secondo gli osservatori la sua uscita di scena mette all’ordine del giorno la questione della coerenza interna al governo di transizione.
Agenzia Misna - Da giorni proteste venivamo inscenate davanti all’ufficio di Ounaïes, impedendogli di andare a lavorare, dopo che il diplomatico aveva fatto l’elogio del suo omologo francese, Michèle Alliot-Marie, definita “un’amica della Tunisia”. A un mese esatto dall’uscita di scena del presidente Ben Ali, spinto da proteste popolari a lasciare il potere dopo 23 anni al potere, non si ferma la pressione della strada sull’esecutivo incaricato di traghettare il paese del Nord Africa verso elezioni libere.Nel fine-settimana davanti al Palazzo di giustizia di Tunisi hanno manifestato centinaia di magistrati e avvocati per rivendicare il rispetto del loro diritto all’indipendenza mentre nelle province interne i ceti sociali più svantaggiati chiedono lavoro, dignità, casa e stipendi adeguati. “La lotta continua e non bisogna dimenticarsi degli ultimi che sono stati il motore della rivoluzione” ha detto Aziz Amany, uno dei più noti blogger tunisino, ricordando la morte, il 17 dicembre, del giovane disoccupato Mohamed Bouazizi, che è servito da innesco alla protesta popolare. Sul tavolo del nuovo governo ci sono le necessarie riforme democratiche da attuare ma anche la ripresa dell’economia, in ginocchio dopo settimane di incertezza, in particolare il settore del turismo che rappresenta 350.000 posti di lavoro e il 6,5% del Prodotto interno lordo (Pil). Nel fine-settimana Francia e Germania hanno soppresso le restrizioni ai viaggi verso le città costiere della Tunisia e la nota isola di Djerba. Mentre sul piano politico si acuisce il dibattito tra i dirigenti favorevoli a una “normalizzazione” in tempi rapidi e quelli più titubanti, il malessere sociale non si placa: negli ultimi giorni in migliaia hanno lasciato il paese alla volta del Vecchio continente, in fuga da miseria e disoccupazione. L’esodo di migranti tunisini, già definito “biblico”, sarà oggi uno degli argomenti all’ordine del giorno dei colloqui tra il governo di Tunisi e il capo della diplomazia dell’Unione Europa (UE), Catherine Ashton. In attesa di una risposta da Bruxelles per fronteggiare l’intenso flusso migratorio tra le due rive del Mediterraneo, il governo tunisino ha già dato la sua disponibilità a cooperare con i paesi europei, rifiutando però l’invio sul proprio territorio di forze di polizia straniere. Se i problemi socio-economici permangono nel paese del Maghreb, dove vivono 10 milioni di abitanti, a un mese dalla fine del regime di Ben Ali è la parola “libertà” che ricorre maggiormente sulla stampa locale. “La rivoluzione è fatta nelle menti e gli spiriti di tutti. E’ stata un’emozione folle: abbiamo scoperto un popolo libero da ogni blocco mentale che prima lo costringeva nell’oppressione. La gente non ha più paura di parlare” ha detto l’attivista e storico oppositore Moncef Marzouki. “Un mese fa in Tunisia nasceva la primavera araba” scrive oggi il sito d’informazione ‘Radio France Internationale’ (Rfi), ricordando che venerdì tunisini e egiziani residenti in Tunisia hanno festeggiato insieme l’uscita di scena del presidente Hosni Mubarak.
Agenzia Misna - Da giorni proteste venivamo inscenate davanti all’ufficio di Ounaïes, impedendogli di andare a lavorare, dopo che il diplomatico aveva fatto l’elogio del suo omologo francese, Michèle Alliot-Marie, definita “un’amica della Tunisia”. A un mese esatto dall’uscita di scena del presidente Ben Ali, spinto da proteste popolari a lasciare il potere dopo 23 anni al potere, non si ferma la pressione della strada sull’esecutivo incaricato di traghettare il paese del Nord Africa verso elezioni libere.Nel fine-settimana davanti al Palazzo di giustizia di Tunisi hanno manifestato centinaia di magistrati e avvocati per rivendicare il rispetto del loro diritto all’indipendenza mentre nelle province interne i ceti sociali più svantaggiati chiedono lavoro, dignità, casa e stipendi adeguati. “La lotta continua e non bisogna dimenticarsi degli ultimi che sono stati il motore della rivoluzione” ha detto Aziz Amany, uno dei più noti blogger tunisino, ricordando la morte, il 17 dicembre, del giovane disoccupato Mohamed Bouazizi, che è servito da innesco alla protesta popolare. Sul tavolo del nuovo governo ci sono le necessarie riforme democratiche da attuare ma anche la ripresa dell’economia, in ginocchio dopo settimane di incertezza, in particolare il settore del turismo che rappresenta 350.000 posti di lavoro e il 6,5% del Prodotto interno lordo (Pil). Nel fine-settimana Francia e Germania hanno soppresso le restrizioni ai viaggi verso le città costiere della Tunisia e la nota isola di Djerba. Mentre sul piano politico si acuisce il dibattito tra i dirigenti favorevoli a una “normalizzazione” in tempi rapidi e quelli più titubanti, il malessere sociale non si placa: negli ultimi giorni in migliaia hanno lasciato il paese alla volta del Vecchio continente, in fuga da miseria e disoccupazione. L’esodo di migranti tunisini, già definito “biblico”, sarà oggi uno degli argomenti all’ordine del giorno dei colloqui tra il governo di Tunisi e il capo della diplomazia dell’Unione Europa (UE), Catherine Ashton. In attesa di una risposta da Bruxelles per fronteggiare l’intenso flusso migratorio tra le due rive del Mediterraneo, il governo tunisino ha già dato la sua disponibilità a cooperare con i paesi europei, rifiutando però l’invio sul proprio territorio di forze di polizia straniere. Se i problemi socio-economici permangono nel paese del Maghreb, dove vivono 10 milioni di abitanti, a un mese dalla fine del regime di Ben Ali è la parola “libertà” che ricorre maggiormente sulla stampa locale. “La rivoluzione è fatta nelle menti e gli spiriti di tutti. E’ stata un’emozione folle: abbiamo scoperto un popolo libero da ogni blocco mentale che prima lo costringeva nell’oppressione. La gente non ha più paura di parlare” ha detto l’attivista e storico oppositore Moncef Marzouki. “Un mese fa in Tunisia nasceva la primavera araba” scrive oggi il sito d’informazione ‘Radio France Internationale’ (Rfi), ricordando che venerdì tunisini e egiziani residenti in Tunisia hanno festeggiato insieme l’uscita di scena del presidente Hosni Mubarak.
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