sabato, marzo 19, 2011
Dalla sua comunità in Marocco, il decalogo di Frate Pietro per la Quaresima

Noi frati viviamo in un quartiere molto popolare della Medina (=città vecchia) di Meknes, un vicolo che si chiama Driba e in cui si respira l'aria di paese, dove ci si conosce tutti. Adesso che cominciamo il nostro periodo di digiuno, non posso fare a meno di pensare al Ramadan dei nostri fratelli e vicini musulmani, dato che condividiamo la vita del quartiere in tutti i suoi aspetti. Vorrei dunque parlare della Quaresima a partire dalla nostra esperienza di vita a contatto con i Marocchini della nostra via, in forma di 10 piccoli consigli, derivati dalla vita quotidiana. In effetti, la Quaresima è un tempo utile per rileggere la nostra vita, alla luce del Vangelo, per viverla più profondamente attraverso il mistero di morte e resurrezione, cioè: rinuncia a noi stessi e rinascita a una vita donata per l’altro.
1. non avere mai fretta quando passi per strada: il nostro tempo e le nostre occupazioni non sono, in genere, più importanti che salutare, sorridere e stringere la mano a qualcuno; è una maniera molto semplice, ma sincera, di aprire la nostra vita all'incontro dell’altro.
2. non prendersela per qualcuno che suona fuori orario: organizzarsi la giornata è una necessità, tuttavia l’organizzazione è per noi stessi, non dev'essere uno strumento per difendersi dagli altri. Il Signore mi ha dato tutto il tempo di cui dispongo: lasciare che l'ultimo arrivato scombini un po' il mio programma e la mia comodità è una «piccola morte» che accetto con gratitudine.
3. quando apri la porta prima di tutto pensa: è Gesù che viene a visitarmi. L'incontro ha un valore che potremmo definire «sacramentale». In ogni uomo e ogni donna scopro un appello a uscire da me stesso e, se mi coinvolgo nella risposta, è l’inatteso di Dio che costituisce la mia ricompensa nascosta.
4. non è grave se ti chiedono più volte le stesse informazioni: saremmo tentati di reagire esclamando «ma te l'ho già detto… perchè non stai attento?!». E se invece l’altro fosse più interessato all’accoglienza da parte mia, se fosse la mia persona che gli interessa e le informazioni giusto una scusa per parlare…? Quanta attenzione verso di me scopro nei miei vicini e io… mi concentro sulle «cose da fare…» !
5. essere al corrente di quello che succede nel quartiere: c'è una curiosità naturale, a volte un po' indiscreta, e c'è un desiderio di condividere gli avvenimenti felici e tristi dei nostri vicini. La differenza si gioca nella preghiera: se porto la vita dei miei vicini nella mia preghiera, è perchè desidero che Dio li riempia delle sue benedizioni.
6. se sei invitato a casa di qualcuno, vacci ! Secondo la stessa logica e nello stesso movimento di esodo da me stesso, esiste la gioia di essere ricevuti dall’altro. Non esco da casa mia per ritrovare quello che conosco già… devo essere disponibile a «mangiare quello che mi viene offerto», e in questo pane offerto e condiviso nella casa dell’altro, trovo il cibo che spezza la mia solitudine.
7. ricordarsi che ci sono dei poveri che non vediamo nemmeno: certe situazioni sono così dure che si preferisce nasconderle. La carità non puó limitarsi al bel gesto episodico per il povero che vedo; il Vangelo mi obbliga a partire alla ricerca del mio fratello che è nel bisogno, meglio ancora se riesco a fargli del bene senza che sappia che sono stato io.
8. passare un po' di tempo con i bambini: sono il termometro della mia pazienza; se dedico loro del tempo, è perchè ho capito l’importanza per un bambino che l’adulto s’interessi a lui. Non c'è cosa peggiore che dire a un bambino: «non ho tempo… più tardi!» Ma più tardi lui non sarà più il bambino che aveva bisogno della mia attenzione, sarà forse diventato un uomo ferito.
9. sempre tenere in serbo del cioccolato per i bambini: dare la vita, dare il proprio tempo, passa anche attraverso delle cose molto concrete. I bambini non si perdono nei bei discorsi, ma se ricevono volontieri del cioccolato dato con affetto, sono anche in grado di ricompensare il donatore con un sorriso e un bacio. Per me, che non ho bambini miei, sono più importanti i baci dei bambini dei miei vicini che una montagna di cioccolato da mangiare da solo…
10. quando è l’ora della preghiera, si puó prendre congedo: questa non è una scusa credibile in Europa, ma in Marocco funziona molto bene: si sa che la preghiera è una priorità e non una cosa di poco conto, molto privata, o magari un'attività che si fa in un club di specialisti. La preghiera è il ritmo della giornata, ne è il respiro.
Insomma, quando si abita in un quartiere popolare, pieno di bambini, di negozi e di gente che lavora, è sicuro che tutto questo fa rumore e il rumore disturba, ma…. è la vita, il buon rumore della vita che scorre, la vita che passa davanti la porta… D’altra parte, c'è sempre il mattino presto per assaporare la magia del silenzio e, prima che la vita del quartiere si svegli, con il suo rumore, posso sempre pregare per i miei vicini, perchè la loro giornata sia buona, sotto lo sguardo benevolo del Padre.

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