I diritti dei popoli indigeni tutelati dalla Convenzione ILO 169: punti di contatto con la dottrina sociale della Chiesa
Nel 1989 nacque l’accordo ILO n. 169 dove il principio di autodeterminazione dei popoli, e in particolare di quelli indigeni, fu fortemente messo in evidenza nel documento. I diritti fondamentali dei popoli tribali furono sanciti ampiamente e nello stesso tempo furono rivolti agli Stati aderenti e sottoscrittori obblighi di notevole impegno giuridico ed economico.
del nostro Carlo Mafera
“Attualmente – recita il sito di Survival International Italia - la Convenzione costituisce l’unico strumento legislativo internazionale di protezione dei diritti dei popoli indigeni. Ratificandola, gli stati si impegnano a garantire in modo efficace l’integrità fisica e spirituale dei popoli indigeni e a lottare contro ogni forma di discriminazione nei loro confronti. È cruciale che la Convenzione venga firmata dal maggior numero di nazioni del mondo, incluse quelle europee. Anche se non hanno popoli tribali all’interno dei propri confini, infatti, le azioni dei governi di paesi come l’Italia hanno comunque un impatto diretto sui popoli indigeni
, non solo in quanto membri di istituzioni internazionali che interagiscono con essi, come la Banca Mondiale, ma anche attraverso i progetti di cooperazione allo sviluppo e la partecipazione ai finanziamenti e alle iniziative sostenute dall’Unione Europea. Nelle terre tribali, inoltre, si trovano sovente ad operare aziende europee e italiane, private, statali o co-finanziate dallo stato.
In Italia esistono già da tempo alcuni progetti di legge assegnati alle Commissioni Esteri di Camera e Senato che, però, non sono mai stati discussi. Data l’estrema gravità delle violazioni dei diritti umani che molti popoli indigeni stanno ancora oggi vivendo in tanti paesi del mondo, l’Italia dovrebbe ratificare la Convenzione al più presto. La sua adozione, infatti, non costituirebbe solo un doveroso atto di solidarietà verso chi continua a vedere conculcati i propri diritti fondamentali; al contrario, porterebbe loro un aiuto concreto e immediato.”
Ci sono nel documento ILO 169 molti punti di contatto con la Dottrina Sociale della Chiesa, almeno per quanto attiene la valorizzazione dei Corpi Intermedi che sono alla base del principio di sussidiarietà. Tale principio è stato ben messo in evidenza dal prof. Andrea Farina nella conferenza tenutasi nella sala Convegni della Parrocchia di Santa Maria della Speranza il 18 marzo scorso. Questo principio di democrazia partecipativa è già presente in molte società e sarà senz’altro e sempre più la soluzione futura di ogni problema economico-sociale nazionale e internazionale.
Anche il principio del Bene Comune presente nell’ILO 169 è nello stesso tempo patrimonio della DSC a testimonianza che i diritti umani sono iscritti nell’inconscio collettivo che coinvolge tutti trasversalmente. Tale principio, sottolineato dal dott. Andrea Farina, è stato ripreso dal dott. Andrea Casavecchia nell’ambito della citata conferenza dal titolo “Cittadinanza Attiva e Bene Comune”. Il relatore ha detto : “Il Bene Comune non è una sommatoria dei beni individuali, il bene è una base ma non elabora il futuro … Il Bene di noi tutti, secondo la Caritas in Veritate, non è un bene ricercato per se stessi ma è un bene per la comunità sociale ... È un prendersi cura di quelle Istituzioni che servono la Comunità”. Le vie per perseguire il Bene, quelle che coinvolgono il terzo settore, cioè quello delle associazioni di base come le Onlus, devono seguire tre criteri, e Andrea Casavecchia ha concluso indicando queste tre vie: “La sobrietà … noi votiamo anche con il portafoglio e infatti comprando privilegiamo una certa produzione. L’aspetto della partecipazione (la seconda via): bisogna essere protagonisti e non spettatori. Infine (la terza via) la contemplazione è l’aspetto poetico: “Guardate i gigli dei campi” (brano letto prima dell’inizio della conferenza). Casavecchia ha citato il titolo di un libro “Sul fondamento poetico del mondo”. Infatti una bella massima, dice: “La Bellezza ci salverà”. L’espressione è tratta da Dostoevskij, ma ha qualcosa di profondamente nostro, nel senso che appartiene allo spirito dell’intera cultura italiana e riguarda l’uomo contemporaneo come tale.
La Convenzione ILO 169 sui diritti dei popoli indigeni – come si diceva - ha avuto dei precedenti storici nei principi di giustizia sociale promulgati nel Patto della Società delle Nazioni del 1919 e in seguito nel 1944 nella “Dichiarazione di Filadelfia” dove si affermava che il lavoro non è una merce ma un diritto umano ed economico di base; d‘altronde “la povertà, ovunque esista, è pericolosa per la prosperità di tutti.”
A mio avviso, la Convenzione ILO 169 ha creato una forte sensibilizzazione nei confronti dei diritti delle minoranze e ha dato una forza in più a questi popoli, che già di per sé ne hanno molta dal punto di vista ideale e di progettazione del futuro. Questi popoli possiedono la forza di mettere in crisi un sistema capitalistico oramai obsoleto e non più in grado di governare il mondo. Il nostro caro e vecchio pianeta ha bisogno di forze e di idee nuove che l’Occidente non ha più. I vecchi parametri con i quali si misurava il cosiddetto Benessere non servono più; ci sono dei nuovi parametri come l’aria e l’acqua pulita o anche il Benessere relazionale, che è ancora difficilmente quantificabile – come diceva il dott. Andrea Casavecchia durante la conferenza già citata. Non si parlerà più di PIL ma di FIL, cioè la Felicità Interna Lorda, ribadiva una partecipante alla riunione. La conferenza di Cochabamba dell’aprile del 2010 rappresenta, a mio avviso, una creatura dell’ILO 169, che avrà sicuramente altre creature perché l’attenzione verso i Beni Comuni, quali l’aria e l’acqua, è essenziale non solo per i popoli indigeni ma per tutti i popoli indistintamente. Sicuramente le istanze degli indigeni salveranno tutti noi.
Saremo sempre più coscienti, anche se faremo ancora delle resistenze giuridiche, che se non metteremo al centro della nostra agenda i diritti dei popoli, specie quelli più deboli, e i diritti collegati al rispetto del territorio e delle sue risorse, arriveremo purtroppo all’esito finale della distruzione del pianeta.
del nostro Carlo Mafera
“Attualmente – recita il sito di Survival International Italia - la Convenzione costituisce l’unico strumento legislativo internazionale di protezione dei diritti dei popoli indigeni. Ratificandola, gli stati si impegnano a garantire in modo efficace l’integrità fisica e spirituale dei popoli indigeni e a lottare contro ogni forma di discriminazione nei loro confronti. È cruciale che la Convenzione venga firmata dal maggior numero di nazioni del mondo, incluse quelle europee. Anche se non hanno popoli tribali all’interno dei propri confini, infatti, le azioni dei governi di paesi come l’Italia hanno comunque un impatto diretto sui popoli indigeni
, non solo in quanto membri di istituzioni internazionali che interagiscono con essi, come la Banca Mondiale, ma anche attraverso i progetti di cooperazione allo sviluppo e la partecipazione ai finanziamenti e alle iniziative sostenute dall’Unione Europea. Nelle terre tribali, inoltre, si trovano sovente ad operare aziende europee e italiane, private, statali o co-finanziate dallo stato.
In Italia esistono già da tempo alcuni progetti di legge assegnati alle Commissioni Esteri di Camera e Senato che, però, non sono mai stati discussi. Data l’estrema gravità delle violazioni dei diritti umani che molti popoli indigeni stanno ancora oggi vivendo in tanti paesi del mondo, l’Italia dovrebbe ratificare la Convenzione al più presto. La sua adozione, infatti, non costituirebbe solo un doveroso atto di solidarietà verso chi continua a vedere conculcati i propri diritti fondamentali; al contrario, porterebbe loro un aiuto concreto e immediato.”
Ci sono nel documento ILO 169 molti punti di contatto con la Dottrina Sociale della Chiesa, almeno per quanto attiene la valorizzazione dei Corpi Intermedi che sono alla base del principio di sussidiarietà. Tale principio è stato ben messo in evidenza dal prof. Andrea Farina nella conferenza tenutasi nella sala Convegni della Parrocchia di Santa Maria della Speranza il 18 marzo scorso. Questo principio di democrazia partecipativa è già presente in molte società e sarà senz’altro e sempre più la soluzione futura di ogni problema economico-sociale nazionale e internazionale.
Anche il principio del Bene Comune presente nell’ILO 169 è nello stesso tempo patrimonio della DSC a testimonianza che i diritti umani sono iscritti nell’inconscio collettivo che coinvolge tutti trasversalmente. Tale principio, sottolineato dal dott. Andrea Farina, è stato ripreso dal dott. Andrea Casavecchia nell’ambito della citata conferenza dal titolo “Cittadinanza Attiva e Bene Comune”. Il relatore ha detto : “Il Bene Comune non è una sommatoria dei beni individuali, il bene è una base ma non elabora il futuro … Il Bene di noi tutti, secondo la Caritas in Veritate, non è un bene ricercato per se stessi ma è un bene per la comunità sociale ... È un prendersi cura di quelle Istituzioni che servono la Comunità”. Le vie per perseguire il Bene, quelle che coinvolgono il terzo settore, cioè quello delle associazioni di base come le Onlus, devono seguire tre criteri, e Andrea Casavecchia ha concluso indicando queste tre vie: “La sobrietà … noi votiamo anche con il portafoglio e infatti comprando privilegiamo una certa produzione. L’aspetto della partecipazione (la seconda via): bisogna essere protagonisti e non spettatori. Infine (la terza via) la contemplazione è l’aspetto poetico: “Guardate i gigli dei campi” (brano letto prima dell’inizio della conferenza). Casavecchia ha citato il titolo di un libro “Sul fondamento poetico del mondo”. Infatti una bella massima, dice: “La Bellezza ci salverà”. L’espressione è tratta da Dostoevskij, ma ha qualcosa di profondamente nostro, nel senso che appartiene allo spirito dell’intera cultura italiana e riguarda l’uomo contemporaneo come tale.
La Convenzione ILO 169 sui diritti dei popoli indigeni – come si diceva - ha avuto dei precedenti storici nei principi di giustizia sociale promulgati nel Patto della Società delle Nazioni del 1919 e in seguito nel 1944 nella “Dichiarazione di Filadelfia” dove si affermava che il lavoro non è una merce ma un diritto umano ed economico di base; d‘altronde “la povertà, ovunque esista, è pericolosa per la prosperità di tutti.”
A mio avviso, la Convenzione ILO 169 ha creato una forte sensibilizzazione nei confronti dei diritti delle minoranze e ha dato una forza in più a questi popoli, che già di per sé ne hanno molta dal punto di vista ideale e di progettazione del futuro. Questi popoli possiedono la forza di mettere in crisi un sistema capitalistico oramai obsoleto e non più in grado di governare il mondo. Il nostro caro e vecchio pianeta ha bisogno di forze e di idee nuove che l’Occidente non ha più. I vecchi parametri con i quali si misurava il cosiddetto Benessere non servono più; ci sono dei nuovi parametri come l’aria e l’acqua pulita o anche il Benessere relazionale, che è ancora difficilmente quantificabile – come diceva il dott. Andrea Casavecchia durante la conferenza già citata. Non si parlerà più di PIL ma di FIL, cioè la Felicità Interna Lorda, ribadiva una partecipante alla riunione. La conferenza di Cochabamba dell’aprile del 2010 rappresenta, a mio avviso, una creatura dell’ILO 169, che avrà sicuramente altre creature perché l’attenzione verso i Beni Comuni, quali l’aria e l’acqua, è essenziale non solo per i popoli indigeni ma per tutti i popoli indistintamente. Sicuramente le istanze degli indigeni salveranno tutti noi.
Saremo sempre più coscienti, anche se faremo ancora delle resistenze giuridiche, che se non metteremo al centro della nostra agenda i diritti dei popoli, specie quelli più deboli, e i diritti collegati al rispetto del territorio e delle sue risorse, arriveremo purtroppo all’esito finale della distruzione del pianeta.
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