Le parole di Mons. Montenegro a Napolitano
Chiesacattolica - “Lampedusa deve essere un luogo di transito per gli immigrati e non un luogo di accoglienza duratura altrimenti l’isola rischia l’implosione” avverte l’Arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, al Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. L’Arcivescovo anche nei giorni scorsi si è recato sull’isola, accanto alla sua gente, per cercare di portare conforto e placare gli animi. Caritas Italiana ha espresso vicinanza a mons. Montenegro, ne condivide l’appello e continua a sostenere la Chiesa locale negli sforzi accanto alla popolazione dell’isola e a quanti arrivano in cerca di futuro.
Riportiamo per intero la lettera inviata al Presidente Giorgio Napolitano:
Ill.mo . Sig. Presidente della Repubblica,
a pochi giorni dalla festa dell’Unità d’Italia, mentre La ringrazio per l’impegno profuso a far sentire Una la Nazione e tutti suoi abitanti, le scrivo per perorare la causa di una parte di questa Nazione: gli abitanti di Lampedusa e Linosa.
Per i flussi migratori che da anni la interessano, Lampedusa è faro e pietra d’inciampo, è scandalo ed avvenimento illuminante. Con la sua gente, che sempre ha mostrato capacità di accoglienza e di umanità specie alle necessità di coloro che vengono dal mare in cerca di aiuto, assurge, particolarmente in questi ultimi tempi, all’interesse della cronaca.
Ma Lampedusa situata in fondo, all’Italia ed all’Europa, non è nient’altro che una piccola isola con un mare che, per i lampedusani, è elemento di unione e non di separazione, è elemento di vita e non di morte, di amorevole umanità e non di violenza.
A rendere speciale una terra è la gente che vi abita, e soprattutto il modo in cui ci vive. Lampedusa è un’isola, che posso senz’altro definire, speciale. Lampedusa è Sicilia, ed i Lampedusani sono siciliani. In quanto tali capaci di un’ospitalità calda, instancabile, generosa. Ospitali e generosi anche verso chi, in cerca di un futuro migliore, fugge da un passato senza sbocchi e non può essere lasciato solo a rischiare il proprio futuro.
Per chi va per mare raggiungere Lampedusa è arrivare a “Porto Salvo”. Quando, purtroppo, quest’isola è un mancato approdo diventa abisso e profondità, tragedia di mare che, solo il popolo del mare, soffrendo conosce.
Lampedusa è un’isola e i Lampedusani sono isolani: ma l’unico aeroporto agrigentino è qui, segno di una lungimiranza e di una volontà politica che, quando vuole, sa individuare per tempo e predisporre sviluppo ed integrazione.
Da Lampedusa si vola: per tornare a Milano e Verona, a Roma e in Europa dopo le vacanze. Ma volano anche i giovani residenti, verso i licei e le scuole del Nord Italia, verso un futuro ancora migliore, volano i malati verso ospedali in grado di curarli, volano le mamme partorienti verso strutture sanitarie in grado di accoglierle. A Linosa, paradossalmente le tartarughe hanno più “servizi sanitari” che i residenti.
Lampedusa è un’isola contraddittoria, Lampedusa, in piccolo, è il mondo. Chi abita qui guarda al Nord che vede come stella polare di civiltà e di progresso, Lampedusa e la Sicilia, per qualcun altro invece sono l’inizio del Nord migliore.
Quest’isola che è sud profondissimo è, perciò, insieme, inizio di nord, e gli isolani sono, in piccolo, perciò il mondo, tutto intero. Lampedusa, è al centro di una vicenda epocale, di una storia molto più grande dei suoi pochi chilometri quadrati.
Lampedusa e i Lampedusani, popolo e istituzioni, comunità ecclesiale intera e suoi ministri, stanno provando ad offrire uno stile, a dare un segnale.
Sono il segno di un modo e di un mondo nuovo, che sarà solidale o non lo sarà. L’isola non si può spostare e gli isolani non possono privarsi del cuore della loro profonda umanità, di gente avvezza alla fatica, alla difficoltà e all’accoglienza a tutti i costi, in terra e per mare.
Come Pastore di questa terra faccio appello alla Signoria Vostra, e per Suo prestigioso tramite, alle istituzioni italiane ed europee affinché i diritti umani dei migranti e le legittime esigenze dei Lampedusani non siano violati.
E con altrettanta determinazione chiedo per i Lampedusani e Linosani, popolo che ha sempre fatto i conti con il risiedere in questa isola delle Pelagie, non solo il diritto di cittadinanza ma anche l’esigibilità del diritto. Primo fra tutti quello alla salute, diritto primario, diritto sancito dall’articolo 32 della Costituzione, concepito nella sua accezione più ampia come raggiungimento del benessere fisico, psichico e relazionale; ancora il diritto all’istruzione anche questo faticosamente fruibile per i minori di Lampedusa; diritto ad avere trasporti che permettano a Lampedusa di essere assimilato ad un qualsiasi comune italiano (pensi che occorrono 10-12 ore di nave, se, come, e quando parte, i cui servizi di collegamento lasciano molto a desiderare per raggiungere la terra ferma).
Assistiamo ad un interesse da parte dello Stato verso Lampedusa assolutamente parziale, esclusivamente rivolto verso la gestione del triste problema degli sbarchi, un’emergenza che dura da troppo tempo per essere chiamata tale e che, spesso, viene strumentalizzata proprio per convogliare l’attenzione su problemi “altri” che vanno sicuramente meglio gestiti, ma che non possono far spegnere i riflettori sulle condizioni di vita dei Lampedusani e, di più, dei Linosani.
Non è possibile permettere che nel nostro Stato moderno siano presenti diverse categorie di cittadini, come se fossero delle squadre di calcio di serie A e B. (Mi verrebbe da chiedere: se Lampedusa o Linosa, anziché essere isole in mezzo al mare, fossero un luogo vicino a città importanti, come si sarebbero comportati coloro che decidono? )
Chiedo, anche a nome della mia gente, che il diritto di cittadinanza, che riguarda tutti i cittadini italiani, sia non solo riconosciuto in queste due isole, ma reso possibile e si possa tradurre da principio teorico in interventi, azioni, servizi che migliorino la qualità della vita delle persone che vivono in queste belle terre del Mediterraneo.
Quanto al progetto di realizzare una tendopoli a Lampedusa, per la quale ci è stato chiesto di mettere a disposizione anche i locali della “Casa della Fraternità” parrocchiale, se può essere una precaria risposta per offrire un tetto in attesa di un trasferimento dei profughi, va superato da un efficace programma di accoglienza e la creazione di centri spalmati sul territorio italiano, in modo da non gravare solo sull’isola che rischia di trasformarsi in una polveriera.
In questo senso, i trasferimenti dal centro sono inspiegabilmente lenti e vanno immediatamente potenziati per decongestionate il centro d’accoglienza e per evitare sia il turbamento dell’ordine pubblico che il collasso dell’economia locale, fondata essenzialmente sul turismo. Atteggiamenti diversi non farebbero giustizia ad una popolazione che ha dimostrato grande sensibilità nei confronti di un esodo di proporzioni non più fisiologiche con caratteristiche di vera emergenza umanitaria e che rischiano di degenerare ulteriormente a causa della instabilità politica del Nord Africa.
Lampedusa deve essere un luogo di transito per gli immigrati e non un luogo di accoglienza duratura altrimenti l’isola rischia l’implosione.
Vista la situazione e le proporzioni del fenomeno migratorio occorre più collaborazione tra gli enti istituzionali e un ruolo più attivo dell’Unione Europea per un’azione che salvaguardi, come detto, i diritti dei profughi come quelli dei cittadini di Lampedusa e Linosa.
In questo senso lo sforzo di tutte le istituzioni e a tutti i livelli dev’essere quello di affrontare questa emergenza dando quelle risposte civili che sono dovute a chi fugge da una situazione drammatica dal proprio paese ma, nello stesso tempo, non si può dare la sensazione che la popolazione incolpevole di Lampedusa abbia a pagare un prezzo troppo alto solo perché geograficamente confinata in una terra che viene considerata come l’accesso più immediato per l’Europa da chi viene dal Nord Africa.
Mentre la ringrazio per l’attenzione che vorrà riservare alla presente, qualora lo ritenesse opportuno le offro la mia disponibilità per rappresentarLe, di persona la situazione nella sua complessità.
Con osservanza.
Agrigento 18.03.2011
Francesco Montenegro
Arcivescovo
Riportiamo per intero la lettera inviata al Presidente Giorgio Napolitano:
Ill.mo . Sig. Presidente della Repubblica,
a pochi giorni dalla festa dell’Unità d’Italia, mentre La ringrazio per l’impegno profuso a far sentire Una la Nazione e tutti suoi abitanti, le scrivo per perorare la causa di una parte di questa Nazione: gli abitanti di Lampedusa e Linosa.
Per i flussi migratori che da anni la interessano, Lampedusa è faro e pietra d’inciampo, è scandalo ed avvenimento illuminante. Con la sua gente, che sempre ha mostrato capacità di accoglienza e di umanità specie alle necessità di coloro che vengono dal mare in cerca di aiuto, assurge, particolarmente in questi ultimi tempi, all’interesse della cronaca.
Ma Lampedusa situata in fondo, all’Italia ed all’Europa, non è nient’altro che una piccola isola con un mare che, per i lampedusani, è elemento di unione e non di separazione, è elemento di vita e non di morte, di amorevole umanità e non di violenza.
A rendere speciale una terra è la gente che vi abita, e soprattutto il modo in cui ci vive. Lampedusa è un’isola, che posso senz’altro definire, speciale. Lampedusa è Sicilia, ed i Lampedusani sono siciliani. In quanto tali capaci di un’ospitalità calda, instancabile, generosa. Ospitali e generosi anche verso chi, in cerca di un futuro migliore, fugge da un passato senza sbocchi e non può essere lasciato solo a rischiare il proprio futuro.
Per chi va per mare raggiungere Lampedusa è arrivare a “Porto Salvo”. Quando, purtroppo, quest’isola è un mancato approdo diventa abisso e profondità, tragedia di mare che, solo il popolo del mare, soffrendo conosce.
Lampedusa è un’isola e i Lampedusani sono isolani: ma l’unico aeroporto agrigentino è qui, segno di una lungimiranza e di una volontà politica che, quando vuole, sa individuare per tempo e predisporre sviluppo ed integrazione.
Da Lampedusa si vola: per tornare a Milano e Verona, a Roma e in Europa dopo le vacanze. Ma volano anche i giovani residenti, verso i licei e le scuole del Nord Italia, verso un futuro ancora migliore, volano i malati verso ospedali in grado di curarli, volano le mamme partorienti verso strutture sanitarie in grado di accoglierle. A Linosa, paradossalmente le tartarughe hanno più “servizi sanitari” che i residenti.
Lampedusa è un’isola contraddittoria, Lampedusa, in piccolo, è il mondo. Chi abita qui guarda al Nord che vede come stella polare di civiltà e di progresso, Lampedusa e la Sicilia, per qualcun altro invece sono l’inizio del Nord migliore.
Quest’isola che è sud profondissimo è, perciò, insieme, inizio di nord, e gli isolani sono, in piccolo, perciò il mondo, tutto intero. Lampedusa, è al centro di una vicenda epocale, di una storia molto più grande dei suoi pochi chilometri quadrati.
Lampedusa e i Lampedusani, popolo e istituzioni, comunità ecclesiale intera e suoi ministri, stanno provando ad offrire uno stile, a dare un segnale.
Sono il segno di un modo e di un mondo nuovo, che sarà solidale o non lo sarà. L’isola non si può spostare e gli isolani non possono privarsi del cuore della loro profonda umanità, di gente avvezza alla fatica, alla difficoltà e all’accoglienza a tutti i costi, in terra e per mare.
Come Pastore di questa terra faccio appello alla Signoria Vostra, e per Suo prestigioso tramite, alle istituzioni italiane ed europee affinché i diritti umani dei migranti e le legittime esigenze dei Lampedusani non siano violati.
E con altrettanta determinazione chiedo per i Lampedusani e Linosani, popolo che ha sempre fatto i conti con il risiedere in questa isola delle Pelagie, non solo il diritto di cittadinanza ma anche l’esigibilità del diritto. Primo fra tutti quello alla salute, diritto primario, diritto sancito dall’articolo 32 della Costituzione, concepito nella sua accezione più ampia come raggiungimento del benessere fisico, psichico e relazionale; ancora il diritto all’istruzione anche questo faticosamente fruibile per i minori di Lampedusa; diritto ad avere trasporti che permettano a Lampedusa di essere assimilato ad un qualsiasi comune italiano (pensi che occorrono 10-12 ore di nave, se, come, e quando parte, i cui servizi di collegamento lasciano molto a desiderare per raggiungere la terra ferma).
Assistiamo ad un interesse da parte dello Stato verso Lampedusa assolutamente parziale, esclusivamente rivolto verso la gestione del triste problema degli sbarchi, un’emergenza che dura da troppo tempo per essere chiamata tale e che, spesso, viene strumentalizzata proprio per convogliare l’attenzione su problemi “altri” che vanno sicuramente meglio gestiti, ma che non possono far spegnere i riflettori sulle condizioni di vita dei Lampedusani e, di più, dei Linosani.
Non è possibile permettere che nel nostro Stato moderno siano presenti diverse categorie di cittadini, come se fossero delle squadre di calcio di serie A e B. (Mi verrebbe da chiedere: se Lampedusa o Linosa, anziché essere isole in mezzo al mare, fossero un luogo vicino a città importanti, come si sarebbero comportati coloro che decidono? )
Chiedo, anche a nome della mia gente, che il diritto di cittadinanza, che riguarda tutti i cittadini italiani, sia non solo riconosciuto in queste due isole, ma reso possibile e si possa tradurre da principio teorico in interventi, azioni, servizi che migliorino la qualità della vita delle persone che vivono in queste belle terre del Mediterraneo.
Quanto al progetto di realizzare una tendopoli a Lampedusa, per la quale ci è stato chiesto di mettere a disposizione anche i locali della “Casa della Fraternità” parrocchiale, se può essere una precaria risposta per offrire un tetto in attesa di un trasferimento dei profughi, va superato da un efficace programma di accoglienza e la creazione di centri spalmati sul territorio italiano, in modo da non gravare solo sull’isola che rischia di trasformarsi in una polveriera.
In questo senso, i trasferimenti dal centro sono inspiegabilmente lenti e vanno immediatamente potenziati per decongestionate il centro d’accoglienza e per evitare sia il turbamento dell’ordine pubblico che il collasso dell’economia locale, fondata essenzialmente sul turismo. Atteggiamenti diversi non farebbero giustizia ad una popolazione che ha dimostrato grande sensibilità nei confronti di un esodo di proporzioni non più fisiologiche con caratteristiche di vera emergenza umanitaria e che rischiano di degenerare ulteriormente a causa della instabilità politica del Nord Africa.
Lampedusa deve essere un luogo di transito per gli immigrati e non un luogo di accoglienza duratura altrimenti l’isola rischia l’implosione.
Vista la situazione e le proporzioni del fenomeno migratorio occorre più collaborazione tra gli enti istituzionali e un ruolo più attivo dell’Unione Europea per un’azione che salvaguardi, come detto, i diritti dei profughi come quelli dei cittadini di Lampedusa e Linosa.
In questo senso lo sforzo di tutte le istituzioni e a tutti i livelli dev’essere quello di affrontare questa emergenza dando quelle risposte civili che sono dovute a chi fugge da una situazione drammatica dal proprio paese ma, nello stesso tempo, non si può dare la sensazione che la popolazione incolpevole di Lampedusa abbia a pagare un prezzo troppo alto solo perché geograficamente confinata in una terra che viene considerata come l’accesso più immediato per l’Europa da chi viene dal Nord Africa.
Mentre la ringrazio per l’attenzione che vorrà riservare alla presente, qualora lo ritenesse opportuno le offro la mia disponibilità per rappresentarLe, di persona la situazione nella sua complessità.
Con osservanza.
Agrigento 18.03.2011
Francesco Montenegro
Arcivescovo
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