domenica, marzo 06, 2011
Il nostro Stefano Buso ci parla del libro di Raffaele Carotenuto edito da Tullio Pironti

«Qualcosa di sconvolgente stava segnando per sempre la mia esistenza, aprendomi a una dimensione a me del tutto estranea: l’esplosione dell’anima e l’inconsapevolezza del corpo a viverla. Una dimensione che non ti appartiene ma che diventa sempre più la tua estensione, la tua pelle, il tuo respiro». L’importante è che piova – saggio di Raffaele Carotenuto – narra la storia di Marco, che giunto ai fatidici “quaranta” riflette sul vissuto di due esistenze. Perché due? Come mai questo duplice fardello quando è già difficile sedare i tormenti dell’anima di un sol cammino? A quest’età Marco assapora i piaceri di una crescita trascorsa con la famiglia, gli amici, e in piena interazione con il mondo, ma purtroppo, oltre a questa fase spensierata della giovinezza, deve “duellare” con un dramma che ha segnato profondamente la sua maturità. Marco ha infatti attraversato una deriva depressiva che lo ha sconvolto portandolo a rinchiudersi in uno stato di solitudine. Malattia che lo ha obbligato a modificare il suo modus vivendi e relazionale. 

Egli, infatti, inizia ad evitare i rapporti sociali ed entra in una esasperante crisi individuale. In pratica rinuncia a vivere allontanando la felicità da sé. Tuttavia, questa angosciata condizione lo sprona a rivangare il suo passato. Inizia così un viaggio dentro se stesso, che un po’ per volta darà origine ad un sentimento di nostalgia per un tempo che non c’è più, e che è alla base della sua crisi ma anche del suo importante superamento. 

L’esperienza di Marco si risolverà nella ritrovata comunicazione con la vita e nella riconquista di una dimensione (sociale e umana) già degustata. Un modo come un altro per riappropriarsi dell’esistenza strappata dalla depressione. Tutte le caratteristiche nefaste di questa malattia sono affrontate con estrema disinvoltura dall’autore. 

Un’opera dai tratti piacevolmente singolari, persino nell’intreccio tra la storia del protagonista e gli elementi generici di questo grave disturbo. Una sorta di tessitura concettuale sviluppata proprio sull’esperienza di Marco, senza tuttavia addentrarsi in spiegazioni scientifiche o troppo ardite. Per cui, chi in questo romanzo è alla ricerca di analisi cervellotiche e di teoremi astrusi per etichettare la depressione non troverà pane per i suoi denti. La chiave di lettura è palese: nel disagio esistono le risorse per superare le asperità e ritornare a rivedere la luce. Proprio come la pioggia che arriva ristoratrice dopo un lungo periodo di siccità. E con la lettura si susseguono ulteriori assonanze, in modo particolare all’Araba Fenice pronta a nuova vita iniziando dalla fine, dalle sue ceneri. Oltre le tenebre c’è sempre una luce, flebile nondimeno imprescindibile. L’importante è credere che ci sia, senza cadere nello sconforto – condizione essenziale per vincere il tempo e la sofferenza.

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