Da qualche tempo Google ha introdotto alcuni cambiamenti alla barra delle funzioni, presente nella parte alta dello schermo durante la navigazione sui siti del gigante del Web.
Nbtimes - Il suo aspetto, nelle versioni più recenti dei browser e in diverse applicazioni, è cambiato (v. figura in testa) e testimonia una posizione ben precisa di Google nei confronti della privacy, gestita secondo criteri altrettanto precisi e ora chiariti da un post specifico nel blog Google Public Policy.
In sostanza, Google prevede che l’utenza navighi configurandosi in tre grandi criteri principali di privacy: non identificato, pseudonimo, identificato. Ciascuno di questi tre criteri è contraddistinto da determinate caratteristiche che riguardano “quanto si sa” della persona che naviga e cosa si usa di tali informazioni.
Il criterio “non identificato”, spiegano da Google, è quello adottato quando si desidera impiegare il Web senza che la propria identità online sia legata all’attività che si svolge, neppure a uno pseudonimo. Ad esempio, ove si desideri eseguire ricerche su una determinata condizione clinica, oppure quando si tenta di individuare il regalo perfetto per qualcuno.
Tale condizione si ottiene quando non si è connessi con il proprio account Google ed è sotto queste linee guida che la vision di Google prevede l’utenza si confronti con la Rete durante le navigazioni in modalità “non autenticata”. Pur dovendo trattare informazioni come l’indirizzo IP e i cookie, allo scopo di poter gestire l’erogazione del servizio, in tali condizioni Google assicura di non operare alcuna connessione, alcuna aggregazione, insomma nessun impiego di tali dati.
Il criterio “pseudonimo”, uno dei grandi benefici offerti dalla Rete – sottolineano – ha permesso di esprimersi liberamente, dichiarando in piena libertà una propria condizione di malessere fisico, una richiesta di aiuto o qualunque altra diffusione di informazioni in relazione alla quale non si desidera che il pubblico possa direttamente porre in connessione chi estende tali informazioni e la relativa identità personale corrispondente.
Ciò corrisponde a una condizione in cui esiste un’identità ben precisa ma non correlata ad alcuna identità fisica esistente al di fuori della Rete, chiariscono da Mountain View. Un esempio di simile circostanza potrebbe essere l’invio di un video a YouTube o la pubblicazione di un post su Blogger. In altri termini, Google sa chi è l’utente, ma il grande pubblico no, né ha alcun modo per saperlo.
Infine, il terzo criterio: quello “identificato”. Esso si impiega quando si vuole condividere o pubblicare qualsiasi informazione ma, al contempo, si desidera che chi riceve tale informazione possa sapere con esattezza chi l’ha estesa. L’esempio che porta Google è quello dell’impiego di strumenti come CheckOut (per chi non lo conosce: un sistema di pagamento, ndR): in tale scenario, risulta indispensabile che l’identità della persona sia esatta, completa e ben conosciuta tra chi eroga il servizio e chi ne fruisce e ciò non significa che, al contempo, tale dichiarata identità sia a disposizione del grande pubblico.
Non è questa – chiariscono – l’unica circostanza in cui l’associazione esatta e completa tra persona e identità online risulti opportuno sia completa e totale: per esempio, nel caso in cui si partecipi a una qualsiasi iniziativa all’interno di una qualsiasi community, il sapere di avere a che fare con altre persone tutte regolarmente identificate (o meno) può far decidere se partecipare (o meno) alla suddetta iniziativa in maniera radicalmente diversa.
Questo chiarimento, che molti potrebbero considerare “parole al vento”, è invece di grande valore: esso stigmatizza una posizione consapevole, alla quale un gigante come Google mai potrebbe sottrarsi dovendo confrontarsi con strumenti normativi di varia foggia, in quanto disseminati praticamente in ogni paese del mondo. Per “accontentarli” tutti e farlo contemporaneamente, non c’è che il mezzo dell’estrema trasparenza: è esattamente questo che BigG ha cercato di far giungere agli occhi dei suoi utenti, nella speranza che una maggiore consapevolezza dello scenario alle spalle possa conferire anche ai più timorosi quella fiducia necessaria per impiegare appieno tutti gli strumenti di una Internet moderna.
Nbtimes - Il suo aspetto, nelle versioni più recenti dei browser e in diverse applicazioni, è cambiato (v. figura in testa) e testimonia una posizione ben precisa di Google nei confronti della privacy, gestita secondo criteri altrettanto precisi e ora chiariti da un post specifico nel blog Google Public Policy.
In sostanza, Google prevede che l’utenza navighi configurandosi in tre grandi criteri principali di privacy: non identificato, pseudonimo, identificato. Ciascuno di questi tre criteri è contraddistinto da determinate caratteristiche che riguardano “quanto si sa” della persona che naviga e cosa si usa di tali informazioni.
Il criterio “non identificato”, spiegano da Google, è quello adottato quando si desidera impiegare il Web senza che la propria identità online sia legata all’attività che si svolge, neppure a uno pseudonimo. Ad esempio, ove si desideri eseguire ricerche su una determinata condizione clinica, oppure quando si tenta di individuare il regalo perfetto per qualcuno.
Tale condizione si ottiene quando non si è connessi con il proprio account Google ed è sotto queste linee guida che la vision di Google prevede l’utenza si confronti con la Rete durante le navigazioni in modalità “non autenticata”. Pur dovendo trattare informazioni come l’indirizzo IP e i cookie, allo scopo di poter gestire l’erogazione del servizio, in tali condizioni Google assicura di non operare alcuna connessione, alcuna aggregazione, insomma nessun impiego di tali dati.
Il criterio “pseudonimo”, uno dei grandi benefici offerti dalla Rete – sottolineano – ha permesso di esprimersi liberamente, dichiarando in piena libertà una propria condizione di malessere fisico, una richiesta di aiuto o qualunque altra diffusione di informazioni in relazione alla quale non si desidera che il pubblico possa direttamente porre in connessione chi estende tali informazioni e la relativa identità personale corrispondente.
Ciò corrisponde a una condizione in cui esiste un’identità ben precisa ma non correlata ad alcuna identità fisica esistente al di fuori della Rete, chiariscono da Mountain View. Un esempio di simile circostanza potrebbe essere l’invio di un video a YouTube o la pubblicazione di un post su Blogger. In altri termini, Google sa chi è l’utente, ma il grande pubblico no, né ha alcun modo per saperlo.
Infine, il terzo criterio: quello “identificato”. Esso si impiega quando si vuole condividere o pubblicare qualsiasi informazione ma, al contempo, si desidera che chi riceve tale informazione possa sapere con esattezza chi l’ha estesa. L’esempio che porta Google è quello dell’impiego di strumenti come CheckOut (per chi non lo conosce: un sistema di pagamento, ndR): in tale scenario, risulta indispensabile che l’identità della persona sia esatta, completa e ben conosciuta tra chi eroga il servizio e chi ne fruisce e ciò non significa che, al contempo, tale dichiarata identità sia a disposizione del grande pubblico.
Non è questa – chiariscono – l’unica circostanza in cui l’associazione esatta e completa tra persona e identità online risulti opportuno sia completa e totale: per esempio, nel caso in cui si partecipi a una qualsiasi iniziativa all’interno di una qualsiasi community, il sapere di avere a che fare con altre persone tutte regolarmente identificate (o meno) può far decidere se partecipare (o meno) alla suddetta iniziativa in maniera radicalmente diversa.
Questo chiarimento, che molti potrebbero considerare “parole al vento”, è invece di grande valore: esso stigmatizza una posizione consapevole, alla quale un gigante come Google mai potrebbe sottrarsi dovendo confrontarsi con strumenti normativi di varia foggia, in quanto disseminati praticamente in ogni paese del mondo. Per “accontentarli” tutti e farlo contemporaneamente, non c’è che il mezzo dell’estrema trasparenza: è esattamente questo che BigG ha cercato di far giungere agli occhi dei suoi utenti, nella speranza che una maggiore consapevolezza dello scenario alle spalle possa conferire anche ai più timorosi quella fiducia necessaria per impiegare appieno tutti gli strumenti di una Internet moderna.
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