domenica, marzo 20, 2011
Il nostro Stefano Buso ci parla del libro di J.Joseph Surin edito dalle Paoline

Jean-Joseph Surin (1600-1665) è considerato uno dei più influenti mistici del 1600. Paradossalmente però è una delle figure più in ombra della sua epoca. Prima di esplorare le trame di “Un Dio da gustare – Pagine di mistica quotidiana dalle lettere” è necessario comprendere ciò che era la Francia in quel periodo: una nazione efficiente nondimeno ancora scombussolata dall’oscurantismo medievale che aveva limitato la società del tempo. Il XVII secolo è perciò un momento di transizione concettuale e morale destinato a lasciare il posto ad un Illuminismo sempre più incalzante. Anni in cui i roghi della Santa Inquisizione sembrano non dover smettere di ardere, né esaurire il loro intento di ammonimento, mentre il conflitto tra ragione e superstizione non accenna a regredire. Il gesuita Surin fatica a destreggiarsi in quest’epoca malata e statica. E buona parte delle sue difficoltà hanno origini vetuste: i tormentati trascorsi familiari aggravati da alcuni lutti (la morte della giovane sorella) e i personali problemi di salute. E come se ciò non bastasse, Surin è sfortunato spettatore di alcuni episodi inquietanti che finiscono per segnargli anima e psiche; in modo particolare, un evento lo scuote fino a portarlo alle soglie della pazzia. Nel 1634 è inviato a Loudun (Francia) per risolvere un caso di possessione diabolica presso il locale convento, manifestazione satanica che aveva coinvolto alcune suore del plesso religioso. Surin esce da quest’esperienza malconcio e provato a tal punto che la sua non comune statura spirituale rimane per lungo tempo compromessa. In quei giorni tormentati i dubbi e le incertezze invadono la mente del gesuita implementando in lui uno stato di alienazione. Surin cercherà persino di togliersi maldestramente la vita, per fortuna senza riuscirci.

Nelle pagine del libro si delinea un lungo itinerario di esperienze individuali dalle connotazioni mistiche, tratteggiate da un non comune spessore ultraterreno. Tutto ciò è espresso nelle lettere che Surin scrive ad altrettanti personaggi appartenenti a ceti sociali e professioni differenti. L’elemento comune nel libro è l’immane angoscia che il religioso francese serba dentro di sé, e l’incontrollabile desiderio di esternarla. In ogni caso la sua esperienza non è contaminata da una caduta di fede. Anzi, lo status di patimento elargisce un’importante azione trofica al pensiero (e alla fede) aiutando Surin a proseguire il tortuoso cammino esistenziale. Il cadeau che egli offre all’umanità a distanza di quattro secoli sta proprio in questo, e cioè nella capacità di intravedere uno spiraglio di positività nonostante le numerose tentazioni che minano giorno dopo giorno il cammino verso la salvezza. Lettura di spessore, concetti eloquenti espressi in modo esaustivo e comprensibile che spalancano le porte a profonde riflessioni affatto anacronistiche o superate.

È presente 1 commento

Leonardo ha detto...

Un vecchio adagio recita " Nella conoscenza del passato la garanzia del futuro": lode dunque a chi, come Stefano Buso, curiosando e chiosando tra gli avvenimenti francesi del XVII° secolo e l'immane angoscia di J.Joseph Surin, originale interprete del suo credo, ma anche delle nuove ed insopprimibili esigenze derivanti dal montante dibattito razionalista, riesce a trasmetterci il gusto della lettura finalizzata alla riflessione.

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