Vincono il premio dedicato a Impastato: Federico Alagna, Enrico Tata e Ruggero Spataro
Libera - Conclusa a Perugia la kermesse sull'informazione internazionale che, come ogni anno, ospita nel capoluogo umbro firme note e meno note, progetti editoriali, autori e intellettuali, da tutto il mondo. L'JGF, il Festival internazionale del giornalismo, ha visto protagonisti i giovani giornalisti, gli studenti delle scuole di giornalismo, volontari, in quello che è diventato un appuntamento annuale, non solo per gli "addetti ai lavori". L'edizione 2011 del Festival, fondato e ideato da Arianna Ciccone e Christopher Potter, ha assegnato come consueto un premio di giornalismo, quest'anno intitolato a Peppino Impastato (sponsorizzato da Unicredit). La consegna è avvenuta nella giornata conclusiva del festival, con la partecipazione di Giovanni Impastato, fratello del giornalista ucciso dalla mafia a Cinisi nel 1978, i giornalisti Francesco La Licata, storica firma del giornalismo siciliano, e Marco Rizzo, autore di un fumetto che racconta la storia di Impastato. Questa commissione ha scelto i finalisti e fra loro i vincitori per le due sezioni audio e video - «scegliere non è stato facile - ha sottolineato Arianna Ciccone - erano tutti lavori di alta qualità». A vincere il premio "Peppino Impastato" Federico Alagna (Noname Bologna e Libera informazione) Ruggero Spataro e Enrico Tata per la sezione video (giovani animatori di una radio che trasmette dai castelli romani - RadioLiberaTutti).
Scarica qui l'articolo di Federico Alagna e guarda qui il video di Ruggero Spataro e Enrico Tata.
«L'esperienza comunicativa di Peppino - ricorda il fratello Giovanni - attraversa trasversalmente tutta la vita e l'attività politica di mio fratello. Dalla poesia, ai volantini politici, dai giornali ai movimenti, sino a Radio Aut». «Peppino, inoltre, è stato l'unico nel movimento antimafia ad operare una doppia rottura: quella all'interno del contesto sociale in cui vivevamo ma anche della famiglia, che era una famiglia di origine mafiosa - ricorda Giovanni. Mio zio era un mafioso e anche mio padre lo era, erano inseriti organicamente in Cosa nostra». «Il film i "Cento Passi" ha dimostrato una cosa importante - conclude Impastato: quando la comunicazione è buona comunicazione può davvero fare conoscere le storie nascoste. Quel film è riuscito, infatti, ha dare valore al nostro impegno e a tutto quello che era stato scritto e prodotto sul caso Impastato».
Caso tornato nuovamente d'attualità poiché è stato aperto un fascicolo di accertamenti da parte della procura di Palermo per accertare dove si trovi oggi l'archivio di Peppino Impastato, che come conferma anche una relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta guidata da Beppe Lumia, "è stato sequestrato a seguito in un atto informale". Collegare la buona comunicazione, le storie dimenticate, l'esigenza di chiedere attraverso l'informazione, verità e giustizia. Anche oggi ha un costo. Lo ricorda nel suo intervento, Francesco La Licata, de "La Stampa" per tanti anni cronista de "L'Ora", e storica firma del giornalismo siciliano. «Ho lavorato con Peppino Impastato - eravamo vicini in quegli anni anche se militavamo in due diversi movimenti - ricorda La Licata - mi commuovo ancora, dunque, davanti alla storia di Peppino». Tanti giornalisti sono stati uccisi come lui, in Sicilia , in molti ancora oggi subiscono in Italia e nel mondo intimidazioni e minacce. «Da alcuni anni - spiega La Licata - Fnsi e Ordine dei giornalisti hanno dato vita ad un Osservatorio (Ossigeno per l'informazione) che monitora questi fenomeni, che raccoglie queste storie e sostiene i giornalisti locali, quelli che sul territorio ogni giorno difendono la libertà d'informazione».
Diritto che coincide con quello dei cittadini ad essere informati. A sapere. Sapere, ad esempio, com'è morto Peppino e perché. In questo caso, come in molti altri, la macchina giudiziaria è stata lenta, i depistaggi molti, la memoria ha fatto fatica e sono stati i familiari e gli amici di Peppino (insieme al Centro Impastato) a tenerla viva. «Peppino, per tanti - ricorda Marco Rizzo, giornalista e fumettista, era stato morto mentre preparava un attentato terroristico sulla ferrovia che collega Trapani a Palermo. La violenza - continua - con la quale uccisero Peppino - è stata la dimostrazione di quanto incisiva fosse stata la sua azione di denuncia su quel territorio in quegli anni». Marco Rizzo è uno degli autori del fumetto "Peppino Impastato, un giullare contro la mafia" (BeccoGiallo edizioni) e nel suo intervento sottolinea, in particolare, l'importanza di un giornalismo che sappia guardare oltre, che sappia accogliere tutte le diverse forme di denuncia, racconto e testimonianza.
La storia di Peppino, inoltre, ha attraversato i confini nazionali anche qui al Festival. Una delle due menzioni speciali, infatti, è stata assegnata a tre ragazzi Pakistani che dal loro Paese hanno inviato un articolo sulla storia di Peppino. Una bella notizia che si aggiunge ad un'altra. L'Osservatorio Ossigeno ha comunicato proprio qui la Festival del giornalismo che il nome di Peppino Impastato, e quello dei colleghi Cosimo Cristina, Mauro Rostagno e Giovanni Spampinato, giornalisti uccisi dalle mafie in Sicilia, saranno aggiunti al muro della Memoria nel Newseum di Washington. (leggi qui la notizia integrale).
* a cura di Norma Ferrara
Il racconto del Festival del Giornalismo: audio, articoli, interviste dall'edizione 2011 qui:
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