Dopo un fine settimana segnato dalla ripresa dei bombardamenti contro la residenza di Laurent Gbagbo, che sarebbe parzialmente distrutta, e da un attacco contro la sede del governo del presidente eletto, Alassane Ouattara, scontri tra le forze armate opposte sarebbero in corso dalle 6.30 nel quartiere di Cocody (nord), nelle vicinanze dell’emittente statale ‘Rti’ e della scuola della gendarmeria, due feudi del presidente uscente.
Agenzia Misna - Dopo giorni di ‘tregua’, la cronaca delle ultime ore indica una ripresa dei combattimenti e dell’intervento sia dei caschi blu dell’Onuci che dei militari francesi dell’Opération Licorne: dalle 17.00 di domenica fino a notte fonda hanno bersagliato con missili la residenza di Gbagbo, asserragliato in un bunker con familiari e fedelissimi, e la sede della presidenza, nel quartiere di Plateau. Ancora una volta il coinvolgimento di forze armate straniere viene giustificato con l’urgenza di “neutralizzare armamenti pesanti” in mano alle forze pro-Ggagbo per “tutelare i civili”.
Gli ultimi bombardamenti vengono anche collegati a una richiesta di intervento esplicita di Ouattara, direttamente rivolta al segretario generale Onu, Ban Ki-moon, sulla base della risoluzione 1975 votata il 30 marzo dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Di fatto sul terreno, nonostante la superiorità numerica delle Forze repubblicane di Ouattara, quello che sembrava dover essere un celere ‘assalto finale’ si sta trasformando in una guerra di posizione per via della resistenza delle Forze di difesa e sicurezza (Fds) e della Guardia repubblicana fedeli a Gbagbo. Per il portavoce di quest’ultimo, Ahoua Don Mello, “l’unico obiettivo della Francia è quello di uccidere” il presidente uscente, “tutto il resto serve soltanto da pretesto”. Le forze di Ouattara hanno invece puntato il dito sulla controparte per i colpi di mortaio che sabato hanno raggiunto la sede del suo governo, il ‘Golf Hotel’, non lontano da Cocody.
Nelle violenze e nella confusione che regnano ad Abidjan, fonti ivoriane riferiscono anche dell’occupazione del porto di Abidjan da parte dei caschi blu e dei militari francesi: “Una violazione flagrante del mandato assegnato dall’Onu” secondo Don Mello, che denuncia anche saccheggi e furti perpetrati dai militari di Parigi. Sabato, su richiesta di Ouattara, l’Unione europea (Ue) aveva deciso di revocare l’embargo sui porti di Abidjan e San Pedro, per “ridare respiro all’economia ivoriana”. Un provvedimento che dovrebbe dare sollievo ai civili e ai produttori di cacao, da settimane in ginocchio per il blocco del commercio e il mancato arrivo di medicinali e prodotti di prima necessità.
Più di quattro mesi di crisi post-elettorale sfociata in scontri armati su tutto il territorio nazionale e da più di una settimana nella capitale economica sono motivi di preoccupazione per gli operatori umanitari che nel fine settimana hanno lanciato un nuovo allarme. Il coordinamento delle agenzie Onu riferisce di nuovi movimenti di popolazione ad Abidjan, soprattutto in partenza da Cocody e dal Plateau, e di condizioni di vita molto difficili in alcuni quartieri dove da giorni mancano acque, luce e cibo. Altre organizzazioni non governative denunciano saccheggi, rapimenti, gravi violazioni quotidiane dei diritti umani e un numero imprecisato di vittime, i cui corpi sarebbero lasciati in mezzo alla strada. L’altro fronte dell’emergenza umanitaria si trova a Duékoué, nell’ovest, dove almeno 85.000 sfolltati interni sono stati registrati.
Il ‘costo’ umano del conflitto per la successione al potere sta alimentando crescenti critiche e dubbi, soprattutto circa la fondatezza dell’intervento militare francese. A Parigi 3.000 sostenitori di Gbagbo hanno manifestato per le vie della città per denunciare “l’ingerenza” dell’ex-potenza coloniale in Costa d’Avorio.
L’ex-primo ministro Dominique de Villepin ha invitato il governo e il presidente Nicolas Sarkozy a “mettere più energia nella risoluzione diplomatica del conflitto”, esprimendo dubbi su “una soluzione militare”. Per Benoît Hamon, portavoce del Partito socialista (Ps), e per l’ex-primo ministro socialista Laurent Fabius urge chiarire il ruolo della ‘Licorne’ e stare attenti ad “un eccesso di interventismo accanto a una delle parti che potrebbe aver perpetrato un massacro a Duékoué (ovest, ndr)”. Altre voci tra le forze politiche francesi chiedono un “ritiro immediato” e condannano “un’avventura militare neo-coloniale che non ha nulla a che vedere con la difesa dei civili ivoriani”.
Riunite a Dakar, le principali organizzazioni africane della società civile e della difesa dei diritti umani hanno sottolineato l’incongruenza di “un’ingerenza umanitaria” in Costa d’Avorio che non riesce a fermare la catastrofe umanitaria e i massacri.
[VV]
Agenzia Misna - Dopo giorni di ‘tregua’, la cronaca delle ultime ore indica una ripresa dei combattimenti e dell’intervento sia dei caschi blu dell’Onuci che dei militari francesi dell’Opération Licorne: dalle 17.00 di domenica fino a notte fonda hanno bersagliato con missili la residenza di Gbagbo, asserragliato in un bunker con familiari e fedelissimi, e la sede della presidenza, nel quartiere di Plateau. Ancora una volta il coinvolgimento di forze armate straniere viene giustificato con l’urgenza di “neutralizzare armamenti pesanti” in mano alle forze pro-Ggagbo per “tutelare i civili”.
Gli ultimi bombardamenti vengono anche collegati a una richiesta di intervento esplicita di Ouattara, direttamente rivolta al segretario generale Onu, Ban Ki-moon, sulla base della risoluzione 1975 votata il 30 marzo dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Di fatto sul terreno, nonostante la superiorità numerica delle Forze repubblicane di Ouattara, quello che sembrava dover essere un celere ‘assalto finale’ si sta trasformando in una guerra di posizione per via della resistenza delle Forze di difesa e sicurezza (Fds) e della Guardia repubblicana fedeli a Gbagbo. Per il portavoce di quest’ultimo, Ahoua Don Mello, “l’unico obiettivo della Francia è quello di uccidere” il presidente uscente, “tutto il resto serve soltanto da pretesto”. Le forze di Ouattara hanno invece puntato il dito sulla controparte per i colpi di mortaio che sabato hanno raggiunto la sede del suo governo, il ‘Golf Hotel’, non lontano da Cocody.
Nelle violenze e nella confusione che regnano ad Abidjan, fonti ivoriane riferiscono anche dell’occupazione del porto di Abidjan da parte dei caschi blu e dei militari francesi: “Una violazione flagrante del mandato assegnato dall’Onu” secondo Don Mello, che denuncia anche saccheggi e furti perpetrati dai militari di Parigi. Sabato, su richiesta di Ouattara, l’Unione europea (Ue) aveva deciso di revocare l’embargo sui porti di Abidjan e San Pedro, per “ridare respiro all’economia ivoriana”. Un provvedimento che dovrebbe dare sollievo ai civili e ai produttori di cacao, da settimane in ginocchio per il blocco del commercio e il mancato arrivo di medicinali e prodotti di prima necessità.
Più di quattro mesi di crisi post-elettorale sfociata in scontri armati su tutto il territorio nazionale e da più di una settimana nella capitale economica sono motivi di preoccupazione per gli operatori umanitari che nel fine settimana hanno lanciato un nuovo allarme. Il coordinamento delle agenzie Onu riferisce di nuovi movimenti di popolazione ad Abidjan, soprattutto in partenza da Cocody e dal Plateau, e di condizioni di vita molto difficili in alcuni quartieri dove da giorni mancano acque, luce e cibo. Altre organizzazioni non governative denunciano saccheggi, rapimenti, gravi violazioni quotidiane dei diritti umani e un numero imprecisato di vittime, i cui corpi sarebbero lasciati in mezzo alla strada. L’altro fronte dell’emergenza umanitaria si trova a Duékoué, nell’ovest, dove almeno 85.000 sfolltati interni sono stati registrati.
Il ‘costo’ umano del conflitto per la successione al potere sta alimentando crescenti critiche e dubbi, soprattutto circa la fondatezza dell’intervento militare francese. A Parigi 3.000 sostenitori di Gbagbo hanno manifestato per le vie della città per denunciare “l’ingerenza” dell’ex-potenza coloniale in Costa d’Avorio.
L’ex-primo ministro Dominique de Villepin ha invitato il governo e il presidente Nicolas Sarkozy a “mettere più energia nella risoluzione diplomatica del conflitto”, esprimendo dubbi su “una soluzione militare”. Per Benoît Hamon, portavoce del Partito socialista (Ps), e per l’ex-primo ministro socialista Laurent Fabius urge chiarire il ruolo della ‘Licorne’ e stare attenti ad “un eccesso di interventismo accanto a una delle parti che potrebbe aver perpetrato un massacro a Duékoué (ovest, ndr)”. Altre voci tra le forze politiche francesi chiedono un “ritiro immediato” e condannano “un’avventura militare neo-coloniale che non ha nulla a che vedere con la difesa dei civili ivoriani”.
Riunite a Dakar, le principali organizzazioni africane della società civile e della difesa dei diritti umani hanno sottolineato l’incongruenza di “un’ingerenza umanitaria” in Costa d’Avorio che non riesce a fermare la catastrofe umanitaria e i massacri.
[VV]
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.