Qualche proposta tra differenze economiche, differenze psicologiche e mancanza di knowledge
Bisognerebbe avere la forza economica e le caratteristiche psicologiche per correre con chi è davanti. Lo sviluppo italiano continua a viaggiare a due velocità, senza speranze di un appianamento, ma gli abitanti delle regioni più povere non migliorano gli stili di vita, sperando che la ricchezza piova dal cielo, con assenteismo, imprecisione, vandalismo, disimpegno, scelte scolastiche sbagliate, aspettative sballate, trascuratezza ambientale. Leggo le solite lamentele per i problemi italiani di cui non si vede la risoluzione, ma finalmente comincio a sentire qualche intervento più illuminato. Fatto è che le crisi colpiscono equamente quasi tutti popoli, ma in alcune aree molte persone hanno purtroppo un atteggiamento psicologico per metà incosciente e per metà bambinesco, anzi, quando ne hanno la possibilità, in assenza di controllo, si appropriano di tutto quello che capita davanti, comprese le mattonelle e le pietre.
Chi si associa agli sbandati e ruba i fili di rame dai tralicci delle ferrovie, chi incendia cassonetti, chi imbratta i monumenti, chi spacca le statue, chi vandalizza i treni, chi vandalizza le scuole, chi sfonda le reti dei parchi pubblici.
Contestualmente vi sono anche giovani gaudenti e spendaccioni, che tiranneggiano le stesse famiglie per avere soldi da consumare il sabato sera e cercano di essere alla moda sfoderando una sorprendente sensibilità per il tenore di vita dei cani e dei gatti. C’è chi spera all’infinito nello Stato per avere un posto sicuro, ma non sa che lo Stato amministra soltanto le nostre stesse risorse. Un altro meccanismo economico che ogni persona dovrebbe capire, riguarda la creazione dei posti di lavoro: l’incarico di lavoro viene offerto a chi è indispensabile per il datore di lavoro, indipendentemente dall’obiettivo sociale, eccetto che per le funzioni statali. Ogni proprietario di una ditta, per sopravvivere e non fallire, assume soltanto la manodopera che gli permette di ottenere il minimo di guadagno netto con cui pagare gli operai, mantenere la famiglia e pagare i macchinari, infrastrutture ed oneri fiscali connessi. Infatti il dipendente deve essere in grado di produrre per sé, per il datore di lavoro, per i macchinari e per lo Stato. Conti alla mano si può dire che lo Stato, con i suoi apparati e infrastrutture, vive attraverso l’imposizione di tasse sui cittadini, e non i cittadini alle spese dello Stato. Generalmente non ne sono informati o non vogliono capire questo meccanismo proprio i giovani che si aspettano l’aiuto occupazionale. Pertanto alcuni opinionisti e sindacalisti, conoscendo la dura realtà, ed i tempi occorrenti, hanno recentemente lanciato qualche idea risolutrice riguardante la proposta di una eventuale “tassa di scopo” condivisa dai genitori per avviare il lavoro dei figli, mediante la quale giungerebbero alle casse dello Stato i fondi necessari per assumere i “disoccupati”. Ma non vi sono risposte e riscontri visibili. Intanto migliaia di disoccupati, oggi ancora giovanissimi sono già “fuori mercato”, perché si sono fermati a diplomi e qualifiche poco richiesti (diploma pedagogico, linguistico, classico, scientifico) o perché, avendo attitudini psico-fisiche e tecnico-professionali ridotte, vengono ripetutamente scartati ai test e ai colloqui di selezione. Nonostante queste problematiche scottanti, osserviamo la mancanza di knowledge e di prontezza in tanta gente, che proprio nelle aree più depresse del meridione, sia a livello di circoli culturali che a livello tecnico, nei centri decisionali, se la spassa baloccandosi con mille chiacchiere, riunioni e caffé. E pensare che con il federalismo alle porte, ancora di più, nel prossimo futuro, saremo costretti a risolvere la disoccupazione dei più deboli auto-tassandoci.
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