Il “Franciscan Chapel Center”, cuore pulsante dello spirito francescano a Tokyo, è divenuto, dopo lo tsunami e il terremoto, un’oasi di accoglienza e solidarietà.
Radio Vaticana - Per l’emergenza, il Centro, come altre chiese e conventi cattolici, ha aperto le porte agli sfollati giunti dalle aree di Fukushima e di Sendai. Nelle scorse settimane oltre 50 filippini residenti in Giappone vi sono stati ospitati e i volontari cattolici hanno messo in campo tutta la loro energia e buona volontà per rispondere alle loro necessità. Ora gli immigrati stanno lentamente tornando nelle loro case, o da parenti e amici, mentre alcuni sono rientrati nelle Filippine. “Le nostre porte restano aperte per tutti coloro che sono in estrema necessità” rimarca all'agenzia Fides padre Russell Becker, missionario francescano americano, responsabile del Centro. Normalmente, già prima del terremoto, il Centro dei francescani era un punto di riferimento per poveri e senza tetto, fornendo oltre 120 pasti al giorno a persone bisognose. Oggi è in corso l’attività di accoglienza straordinaria: “Questo disastro ci ha dato modo di essere strumento di carità cristiana, nello spirito evangelico di Francesco d’Assisi. La nostra testimonianza francescana in questa città si esprime fondamentalmente attraverso il servizio agli ultimi, con il dialogo e l’accoglienza al prossimo”, spiega il frate. “La sofferenza è, inoltre, un terreno umano dove è possibile che fiorisca il seme dell’evangelizzazione” continua. “L’annuncio del Vangelo in Giappone parte dalla capacità di ogni cristiano di parlare pubblicamente della propria fede, in un contesto in cui i cattolici sono esigua minoranza; poi dal testimoniarla concretamente nell’amore al prossimo”, conclude, declinando lo stile missionario dei francescani in terra nipponica. “Questo è il tempo della compassione, sta a noi cristiani vivere questo kairos” dice padre Keith Humphries, sacerdote australiano dei Missionari del Sacro Cuore, della comunità di Nagoya. “Non siamo stati colpiti direttamente - spiega - ma siamo comunque preoccupati per la popolazione, e ci siamo attivati per dare un contributo nell’emergenza e a più lungo termine. Anche nella nostra diocesi sono arrivati dei rifugiati dalle zone interessate dal disastro. Come missionari stiamo sensibilizzando per la solidarietà e per l’accoglienza. Questo evento tragico aiuta ognuno di noi a capire cosa è importante e cosa non lo è”. (R.P.)
Radio Vaticana - Per l’emergenza, il Centro, come altre chiese e conventi cattolici, ha aperto le porte agli sfollati giunti dalle aree di Fukushima e di Sendai. Nelle scorse settimane oltre 50 filippini residenti in Giappone vi sono stati ospitati e i volontari cattolici hanno messo in campo tutta la loro energia e buona volontà per rispondere alle loro necessità. Ora gli immigrati stanno lentamente tornando nelle loro case, o da parenti e amici, mentre alcuni sono rientrati nelle Filippine. “Le nostre porte restano aperte per tutti coloro che sono in estrema necessità” rimarca all'agenzia Fides padre Russell Becker, missionario francescano americano, responsabile del Centro. Normalmente, già prima del terremoto, il Centro dei francescani era un punto di riferimento per poveri e senza tetto, fornendo oltre 120 pasti al giorno a persone bisognose. Oggi è in corso l’attività di accoglienza straordinaria: “Questo disastro ci ha dato modo di essere strumento di carità cristiana, nello spirito evangelico di Francesco d’Assisi. La nostra testimonianza francescana in questa città si esprime fondamentalmente attraverso il servizio agli ultimi, con il dialogo e l’accoglienza al prossimo”, spiega il frate. “La sofferenza è, inoltre, un terreno umano dove è possibile che fiorisca il seme dell’evangelizzazione” continua. “L’annuncio del Vangelo in Giappone parte dalla capacità di ogni cristiano di parlare pubblicamente della propria fede, in un contesto in cui i cattolici sono esigua minoranza; poi dal testimoniarla concretamente nell’amore al prossimo”, conclude, declinando lo stile missionario dei francescani in terra nipponica. “Questo è il tempo della compassione, sta a noi cristiani vivere questo kairos” dice padre Keith Humphries, sacerdote australiano dei Missionari del Sacro Cuore, della comunità di Nagoya. “Non siamo stati colpiti direttamente - spiega - ma siamo comunque preoccupati per la popolazione, e ci siamo attivati per dare un contributo nell’emergenza e a più lungo termine. Anche nella nostra diocesi sono arrivati dei rifugiati dalle zone interessate dal disastro. Come missionari stiamo sensibilizzando per la solidarietà e per l’accoglienza. Questo evento tragico aiuta ognuno di noi a capire cosa è importante e cosa non lo è”. (R.P.)
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