martedì, aprile 05, 2011
Corruzione, mafie, evasione fiscale costano ad ogni cittadino 4 mila euro l'anno

Libera - L’illegalità è un costo sociale. La Corte dei Conti ha stimato in 60 miliardi all’anno il costo della corruzione in Italia. Sono mediamente 1.000 euro a testa. Si tratta di una vera e propria «tassa immorale e occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini», così viene definita nella relazione della magistratura contabile. Oltre alla corruzione dobbiamo considerare la contabilità della più grande impresa italiana, che possiamo chiamare Mafie Holding, che secondo una stima della Confesercenti, riesce ad ottenere ricavi (non dichiarati, perché frutto di attività illecite come: pizzo, usura, furti, rapine, contraffazione, contrabbando, narcotraffico, ecc.) per oltre 130 miliardi di euro, con un utile di circa 70 miliardi (ovviamente esentasse).

C’è poi la seconda azienda italiana, denominata Mafie SpA, cioè il ramo commerciale della prima azienda, che ha un fatturato superiore ai 90 miliardi di euro. Insomma la Holding finanzia e investe nella società commerciale, che compra immobili e rileva attività economiche. Non è difficile pronosticare che il fatturato della seconda azienda presto raggiungerà quello della prima, consolidando così il patrimonio economico attraverso attività legali, che non hanno nemmeno la necessità di avere utili (e quindi di pagare tasse). Infine, abbiamo l’evasione fiscale, che secondo i dati forniti dalla Guardia di Finanza, è in aumento.

Ad esempio gli scontrini fiscali non emessi sono passati dal 25% del 2009 al 29% del 2010. Questa elusione fiscale provoca un mancato gettito al fisco, stimato dalla Confindustria in 125 miliardi (altre fonti indicano addirittura cifre tra i 150 e il 160 miliardi di euro). Con qualche semplice calcolo possiamo constatare come l’illegalità (corruzione, guadagni illeciti, ricavi non tassati) costi alla “comunità Italia” almeno 250 miliardi di euro annui, cioè oltre 4.000 euro pro capite. Con questi soldi potremmo azzerare il debito pubblico (quasi 1.900 miliardi di euro) in 7/8 anni. O dimezzare le tasse: basti considerare che il gettito totale nel 2010 è stato di 403 miliardi di euro. Per delineare un’efficace azione di contrasto all’illegalità economica e soprattutto all’evasione fiscale, dobbiamo ripartire dall’art. 53 della nostra Costituzione: «Tutti concorrono alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».

Ma che cos’è la «capacità contributiva»? Se ad esempio una persona ha uno stipendio mensile di 1.200 euro e ogni mese per vivere spende mediamente 1.200 euro (per alimenti, affitto, acqua, gas, elettricità), dobbiamo dedurne che la sua capacità contributiva per le spese pubbliche è pari a zero. Quindi, dovrebbe pagare zero euro di tasse. Se invece un altro cittadino italiano ha un reddito di 3.000 euro mensili e spende mediamente 1.500 euro per vivere, dovrebbe pagare le tasse sulla base della sua reale capacità contributiva, cioè sui 1.500 euro residui. «Povero è chi consuma tutte le sue entrate. Ricco chi ne consuma solo una parte» (Scuola di Barbiana - Lettera a una professoressa).

L’attuale sistema fiscale italiano è sbagliato dalle fondamenta. Anziché tassare la «capacità contributiva» di ogni persona o famiglia, tassa le entrate, indipendentemente dalle uscite. Con eccezioni poco significative (le deduzioni) e abbastanza inique (le detrazioni, che sono forfetarie o calcolate in percentuali uguali per tutti). Infatti poche sono le spese che vengono considerate deducibili o almeno parzialmente detraibili dal reddito. Di conseguenza, i due ipotetici cittadini in sostanza pagano le tasse rispettivamente sulla base dei 1.200 e 3.000 euro che incassano. Sui ricavi anziché sui guadagni. Invece, se il fisco consentisse alle persone fisiche di dedurre o almeno detrarre con percentuali elevate (maggiori per le spese più necessarie e minori per quelle superflue) tutte le spese effettivamente sostenute, le tasse verrebbero pagate sull’effettiva capacità contributiva di ciascun contribuente.

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