lunedì, aprile 25, 2011
La Chiesa e la società italiana si apprestano a vivere con particolare intensità la Beatificazione di Giovanni Paolo II. Il Papa polacco ha infatti contribuito in modo straordinario alla vita ecclesiale dell’Italia, ma anche al progresso sociale e culturale del Paese.

RadioVaticana - Karol Wojtyla ha amato l’Italia. Un amore contraccambiato, che si manifesta in questi giorni di in una miriade di iniziative dedicate al nuovo Beato pressoché in ogni comune italiano. Per parlare del contributo offerto da Giovanni Paolo II all’Italia, Alessandro Gisotti ha intervistato il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana:
R. – Le mie emozioni sono quelle di tutta la Chiesa e cioè di grande gioia e di grande gratitudine, perché il Santo Padre Benedetto XVI ha potuto e ha voluto la Beatificazione del suo predecessore. Quindi, una grande attesa, un grande desiderio da parte del popolo cristiano verso Giovanni Paolo II, che vede la sua realizzazione. Papa Giovanni Paolo II è entrato nel cuore non solo della cattolicità, ma del mondo intero. Quindi, poterlo venerare sugli altari è motivo veramente di grande gioia e di gratitudine per Benedetto XVI.

D. – C’è un insegnamento di Papa Wojtyla a cui è particolarmente legato e che l’ha aiutata nel suo servizio alla Chiesa?

R. – La predicazione, il Magistero del Papa Giovanni Paolo II, che ha portato in tutto il mondo, il Magistero legato ai diritti umani e alla dignità di ogni uomo, che non è assolutamente un messaggio di tipo sociologico, ma è un messaggio teologico perché - sempre parlando dell’uomo – il Papa ha guardato a Cristo Gesù, che rivela il vero volto di Dio e il vero volto dell’uomo. Questo Magistero ha segnato la mia formazione religiosa, sacerdotale ed episcopale, ma ha segnato anche la coscienza del mondo intero.

D. – Quali frutti si aspetta per la Chiesa italiana da questa Beatificazione?

R. – Uno slancio; un rinnovamento nello slancio missionario dell’evangelizzazione, per essere veramente sale e luce del nostro Paese. La Chiesa deve essere - secondo il mandato del suo Signore – una presenza propositiva, piena di lievito, di gioia per il bene di tutti; non certamente con il desiderio di ingerire, ma con il desiderio di servire la società italiana e, quindi, il bene di tutti e di ciascuno, annunciando il Vangelo e Gesù Cristo. E questo con tutte le implicazioni che il Mistero di Cristo, annunciato e vissuto, comporta sul piano antropologico, sul piano sociale, sul piano etico naturalmente: tutti gli aspetti e gli ambiti della vita umana.

D. – Primo Papa non italiano, dopo oltre quattro secoli, Karol Wojtyla ha dato tanto anche alla società e alla cultura italiana: ecco, questa Beatificazione assume poi un valore particolare, perché cade nel 150.mo di unità nazionale. Una sua riflessione…

R. – Il Papa Karol Wojtyla ha portato in Italia e in Occidente l’eco della sua storia personale: la storia che riguarda la Polonia, ma che riguarda anche il mondo dell’Est, che ha lottato tanto per la propria libertà, per l’uguaglianza. Quindi, ha dato una scossa salutare sia al nostro Paese, sia all’Occidente. Per quanto riguarda l’anniversario dell’unità nazionale, direi che Papa Wojtyla è stato, dopo qualche tempo, colui che ha riproposto il termine di “patria” nel senso etimologico, senza timori e senza complessi ed ha trasferito e ha trasfuso in modo molto bello e contagioso l’amore per la propria terra, per la propria cultura, per le proprie tradizioni, per la nazione; egli ha parlato dello spirito della nazione: tutto questo senza assolutamente cadere in quella che è una chiusura identitaria. Semmai dentro una tradizione bella, forte, una storia di valori, c’è sempre la premessa e la condizione per un’apertura inclusiva e arricchente di qualunque altra cultura.

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