giovedì, aprile 14, 2011
L’accoglienza “made in Tuscany” sembra essere un modello vincente. Il netto rifiuto di una concentrazione di migranti tunisini in un’unica struttura a Coltano ha aperto la strada a una soluzione diversa che, almeno per il momento, sembra dare buoni frutti.

Vis - Poco più di 500 uomini e donne accolti sul territorio regionale, distribuiti in 22 strutture disseminate in 8 province: è questo ad oggi il quadro della situazione. Nell’elenco delle realtà che hanno aperto le porte compaiono centri di accoglienza e ospitalità, associazioni di volontariato, case diocesane. L’idea è quella di evitare i grandi raggruppamenti e l’effetto simil – caserma, creando invece ambienti a misura di persona dove ognuno possa ricevere le attenzioni ed i servizi dovuti. Un esempio è quello della Casa di accoglienza di Lunata, a Capannori, in provincia di Lucca. Mercoledì 6 aprile, i 12 ospiti del Centro gestito dalla cooperativa Odissea si sono un po’ stretti per far posto ai nuovi arrivati. Dieci ragazzi, giovanissimi: il più grande ha solo 26 anni. Vengono tutti dalla Tunisia, parlano arabo e francese. Non conoscono l’italiano, ma nella Casa questo non rappresenta certo un problema.

Djerba, Lampedusa, Civitavecchia: queste le tappe del viaggio che Marwen ha affrontato prima di metter piede sul suolo capannorese. Marwen è una delle new entry del Centro di Lunata. Parliamo con lui per capire che Italia ha conosciuto e che Tunisia ha lasciato.

“Arrivare qui non è stato facile -racconta-. Ho pagato 1600 euro per un viaggio di 16 ore su una bagnarola che ha attraversato il Mediterraneo con più di 100 persone a bordo. Siamo entrati nel porto di Lampedusa il 27 marzo. Sull’isola ho trascorso 10 giorni. Senza un tetto sulla testa, senza un letto. Dormivo fuori, sfidando il freddo insieme a molti altri. Dopodiché ci hanno caricato su un traghetto diretto a Civitavecchia: è stata l’ultima sosta prima di arrivare a Capannori. Qui sto molto bene, mi fanno sentire come a casa mia”.Marwen è venuto da solo”.

Non ha parenti né in Italia, né in Francia, né altrove: tutta la sua famiglia è a Tunisi. Il suo sogno è lo stesso di tutti i ragazzi e le ragazze della sua età: avere un futuro.“Ho il diploma di cuoco -afferma- e ho lavorato per un periodo nel ristorante di un villaggio turistico a Hammamet. Vorrei rimanere in Italia, trovare qui un lavoro: meglio se come cuoco, ma qualsiasi altra cosa andrebbe bene. In Tunisia non potevo restare: siamo tre fratelli, tutti disoccupati e le speranze di trovare qualcosa da fare per portare a casa uno stipendio sono pressoché nulle”.

Marwen e i suoi compagni riceveranno tra breve il permesso di soggiorno temporaneo. Molti varcheranno i confini nazionali, altri resteranno in Italia, ma tutti dovranno scontrarsi contro la diffidenza di noi europei e l’attuale rifiuto da parte di Francia e Germania di accettarli all’interno dei propri confini. Un rifiuto netto da parte di Parigi e Berlino maturato in seguito alla decisione italiana di fornire ai migranti permessi di soggiorno temporanei, azione che secondo i governi Merkel e Sarkozy violerebbe gli accordi di Shengen. Che fare di fronte ai loro sorrisi carichi di speranza, ai loro occhi che fissano fiduciosi l’obiettivo della macchina fotografica? Stringersi nelle spalle perché forse un lavoro proprio non possiamo assicurarglielo. Ma un’accoglienza dignitosa, quella almeno sì.

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