Il regime dinastico nazional-socialista degli Assad sembra stia finendo in una sanguinaosa guerra civile. Secondo al Jazeera, che cita fonti siriane, le vittime di questo nuovo venerdi di collera contro il regime baathista sarebbero 23, ma sono probabilmente molte di più, visto che la polizia, l'ultima difesa di una dittatura ce sembrava inossidabile ed eterna, ha aperto il fuoco sulla folla scesa in piazza dopo essere uscita dalle moschee.
GreenReport - Migliaia di persone protestano a Qamishli, a Daraa e Banias, ed a nulla sono servite le promesse del presidente Bashar al Assad che ha messo in soffitta la legislazione di emergenza e i tribunali speciali che lasciavano mano libera ad ogni abuso. Anche questa rivoluzione viaggia su Twitter, è li che si scopre che 8 manifestanti sono stati ammazzati ad Azraa, un villaggio vicono a Daraa nel sud dellla Siria, 2 a Duma a nord di Damasco e uno a Homs, la terza città della Siria. Altri morti ci sarebbero ad Homs. Secondo al Jazeera, sono ancora in corso. Migliaia di curdi sono scesi in piazza a Qamishli e Amuda, al confine con Turchia e Iraq, e a Dayr az Zor, nell'est chiedendo la fine del regima. Le proteste non sono mai smesse nella città martire di Daraa, dove è cominciata la rivoluzione siriana, e almeno 10.000 persone hanno occupato le vie della sunnita Hama ed a Salaymya, a nord di Damasco, dove nel 1982 il regime baathista massacrò migliaia di Fratelli musulmani e di ismailiti, una "setta" sciita. Manifestazioni, con arabi e curdi e cristiani insieme, anche a Qamishli per chiedere la fine del regime corrotto di Bashar al-Assad. Migliaia in piazza anche ad Aleppo, la seconda città siriana, dove le forze di sicurezza sono entrate nella moschea di Amina massacrando i fedeli in preghiera.
Se la Siria crolla il tonfo sarà molto fiorte e lo tsunami si ripercuoterà subito in Libano, dove la Siria appoggia Hezbollah, e in Palestina, dove damasco infiltra e controlla molte forse del movimento palestinese, ma la scossa si sentirà in tutto il Medio Oriente e fino all'Iran, alleato fedele del regime di Damasco.
Fino ad oggi il regime ha usato il bastone (molto, almeno 200 morti) e la carota (pochissime concessioni), tentando una via di uscita alla Gheddafi, piuttosto che alla tunisina o all'egiziana. Un tentativo di resistere che è fallito anche nello Yemen, dove ieri l'eterno presidente filo-occidentale Saleh ha accettato tutte le condizioni dell'opposizione (che non si fida e non molla ed anche oggi è scesa in piazza per l'ennesimo venerdi della collera) e la mediazione della Comunità dei Paesi del Golfo.
Anche la Russia, che in Siria ha interessi storici ed una solida amicizia sovietica e post-sovietica con il regime, è preoccupata ed invita ad un dialogo nazionale che ormai sembra impossibile.
Il mondo arabo in rivolta è dalla parte dei manifestanti siriani. Ad Algeri i Mouvement de la Jeunesse Indépendante pour le Changement e il Fronte delle Forze Socialiste hanno tenuto un sit-in di fronte all'ambasciata siriana in segno di solidarietà con Khaled Sid Mohand, reporter freelance arrestato a Damasco il 9 aprile e del quale non si sa più nulla. Mohand, un algerino di 40 anni, lavora per l'emittente radiofonica France Culture e ha collaborato con Le Monde. Il responsabile delle relazioni pubbliche dell'Ambasciata di Siria ha dichiarato: «Non abbiamo alcuna informazione sul giornalista. Non sappiamo neppure se è in carcere».
GreenReport - Migliaia di persone protestano a Qamishli, a Daraa e Banias, ed a nulla sono servite le promesse del presidente Bashar al Assad che ha messo in soffitta la legislazione di emergenza e i tribunali speciali che lasciavano mano libera ad ogni abuso. Anche questa rivoluzione viaggia su Twitter, è li che si scopre che 8 manifestanti sono stati ammazzati ad Azraa, un villaggio vicono a Daraa nel sud dellla Siria, 2 a Duma a nord di Damasco e uno a Homs, la terza città della Siria. Altri morti ci sarebbero ad Homs. Secondo al Jazeera, sono ancora in corso. Migliaia di curdi sono scesi in piazza a Qamishli e Amuda, al confine con Turchia e Iraq, e a Dayr az Zor, nell'est chiedendo la fine del regima. Le proteste non sono mai smesse nella città martire di Daraa, dove è cominciata la rivoluzione siriana, e almeno 10.000 persone hanno occupato le vie della sunnita Hama ed a Salaymya, a nord di Damasco, dove nel 1982 il regime baathista massacrò migliaia di Fratelli musulmani e di ismailiti, una "setta" sciita. Manifestazioni, con arabi e curdi e cristiani insieme, anche a Qamishli per chiedere la fine del regime corrotto di Bashar al-Assad. Migliaia in piazza anche ad Aleppo, la seconda città siriana, dove le forze di sicurezza sono entrate nella moschea di Amina massacrando i fedeli in preghiera.
Se la Siria crolla il tonfo sarà molto fiorte e lo tsunami si ripercuoterà subito in Libano, dove la Siria appoggia Hezbollah, e in Palestina, dove damasco infiltra e controlla molte forse del movimento palestinese, ma la scossa si sentirà in tutto il Medio Oriente e fino all'Iran, alleato fedele del regime di Damasco.
Fino ad oggi il regime ha usato il bastone (molto, almeno 200 morti) e la carota (pochissime concessioni), tentando una via di uscita alla Gheddafi, piuttosto che alla tunisina o all'egiziana. Un tentativo di resistere che è fallito anche nello Yemen, dove ieri l'eterno presidente filo-occidentale Saleh ha accettato tutte le condizioni dell'opposizione (che non si fida e non molla ed anche oggi è scesa in piazza per l'ennesimo venerdi della collera) e la mediazione della Comunità dei Paesi del Golfo.
Anche la Russia, che in Siria ha interessi storici ed una solida amicizia sovietica e post-sovietica con il regime, è preoccupata ed invita ad un dialogo nazionale che ormai sembra impossibile.
Il mondo arabo in rivolta è dalla parte dei manifestanti siriani. Ad Algeri i Mouvement de la Jeunesse Indépendante pour le Changement e il Fronte delle Forze Socialiste hanno tenuto un sit-in di fronte all'ambasciata siriana in segno di solidarietà con Khaled Sid Mohand, reporter freelance arrestato a Damasco il 9 aprile e del quale non si sa più nulla. Mohand, un algerino di 40 anni, lavora per l'emittente radiofonica France Culture e ha collaborato con Le Monde. Il responsabile delle relazioni pubbliche dell'Ambasciata di Siria ha dichiarato: «Non abbiamo alcuna informazione sul giornalista. Non sappiamo neppure se è in carcere».
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