sabato, aprile 09, 2011
Continua senza sosta la marcia dei lealisti su Ajdabiya, le forze di Gheddafi hanno ripetutamente sparato colpi di mortaio costringendo gli insorti a ripiegare nel centro della città, per il momento ancora sotto il controllo degli antigovernativi.

Radio Vaticana - Sotto il fuoco anche il sito petrolifero di Brega. Intanto dalla Nato arrivano le scuse per i morti causati da un raid aereo dell’alleanza. Servizio di Francesca Sabatinelli: ascolta
Si parla sempre più di stallo nel conflitto in Libia. Fausta Speranza ha intervistato Paolo Quercia, analista del Centro Studi Militari, chiedendo innanzitutto quanto può essere importante l’eventuale presa della città orientale di Misurata da parte delle forze di Gheddafi: ascolta

R. - Sì, sicuramente rappresenta un punto strategico, anche se questo tipo di conflitto - in queste settimane - ha visto perdere e recuperare, anche in maniera piuttosto repentina, varie posizioni ritenute strategiche. Quindi, è anche un po’ una caratteristica dello scenario libico, sia orografico che militare, quello della possibilità di perdere e recuperare zone ritenute strategiche. In questa fase sono nuovamente le forze di Gheddafi all’avanzata: l’ulteriore perdita di territorio da parte degli insorti andrebbe ad indebolire ulteriormente la posizione che - già di per sé - è una posizione di stallo. Appare chiaro, sempre più dai giorni che passano, che non hanno la forza sicuramente di marciare su Tripoli, ma soprattutto non hanno la forza di resistere efficacemente alle forze del regime.

D. - Chi sono e qual è il ruolo delle nazioni arabe che sostengono la coalizione? Potrebbero essere determinanti?

R. - In buona parte lo sono già state determinanti e soprattutto in questa fase di stallo hanno un ruolo fondamentale. Il Qatar come gli Emirati sono Paesi che, a vario modo, hanno partecipato sia agli interventi, sia soprattutto all’importante fenomeno mediatico di sostegno degli interventi militari, di supporto informativo alle operazioni e alle insurrezioni: il ruolo di Al Jazeera va sicuramente messo in primo piano. Poi c’è la Giordania, come uno degli attori che potrà avere, quanto meno, un ruolo importante nelle fasi che si apriranno d’ora in avanti. Buona parte sono Paesi legati anche alla Gran Bretagna o al mondo anglosassone, anche per cultura, per tradizione, per precedenti esperienze coloniali e che quindi condividono anche una certa geopolitica internazionale nel Medio Oriente. Un ruolo particolare invece - vorrei ricordarlo - è quello che ha avuto la Turchia: non un Paese arabo, ma sicuramente un Paese importante nella regione, un Paese islamico e che, rispetto ai Paesi arabi che si sono invece schierati apertamente in questa coalizione dei volenterosi, ha cercato di avere una posizione intermedia, più neutrale rispetto all’intervento, ugualmente, in favore del cambio di regime di Gheddafi e - forse - orientata a giocare un ruolo di una mediazione politica, che in questi giorni diventa sempre più necessaria.

D. - Ma parliamo dei Paesi del Golfo: anche i Paesi del Golfo stanno vivendo, se non questo vento di rivolta del Nord Africa e del Medio Oriente, un certo subbuglio interno…

R. - Tutta la regione ha al proprio interno una serie di fermenti, che vanno poi dalla protesta alla rivolta esplicita, alla guerra civile come il caso della Libia. Gli scenari interni si intrecciano con gli scenari internazionali, naturalmente. La Libia è un caso a sé: un caso molto particolare, legato alla peculiarità del regime di Gheddafi. Negli altri Paesi della regione siamo arrivati ad una serie di nodi che arrivano al pettine dagli ultimi 20 anni, dall’impatto cioè della globalizzazione modernizzatrice che l’Occidente ha diffuso in tutta la regione con regimi sostanzialmente autoritari e in buona parte ancora pre-moderni come approccio al potere. Il fenomeno che si registra è quello di masse con aspettative sempre più ampie, sempre più globalizzate e più occidentalizzate forse degli stessi regimi. Il fenomeno quindi è un fenomeno generalizzato a tutto il Mediterraneo e al Medio Oriente e avrà sviluppi diversi nei singoli Paesi a seconda delle strutture statali o dell’esperienza di governo che esiste nei vari Paesi. E’ un fenomeno che, comunque, deve preoccuparci in quanto i punti di arrivo di queste rivolte sono oscuri, come oscure sono molte delle anime dei vari movimenti dei rivoltosi. (mg)


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