L'ex presidente e i figli in attesa di conoscere il loro destino, ma non è chiaro se l'esercito vuole andare fino in fondo
PeaceReporter - Fin dai primi di febbraio, i cartelli dentro tutte le stazioni metro del Cairo hanno subito una piccola modifica. Alcuni manifestanti si sono presi la briga di cancellare, con un tratto nero, da ogni singolo cartello, il nome della fermata della stazione centrale dei treni - da sempre intitolata ad Hosni Mubarak - e sostituirlo con mahattat al-shuada' (la fermata dei martiri, in riferimento alle persone morte durante gli scontri). Il 21 aprile, una corte deciderà se rimuovere i nomi dell'ex-presidente e di sua moglie Suzanna da tutti i luoghi pubblici e sostituirli con quelli dei giovani che hanno perso la vita durante la protesta iniziata il 25 gennaio. Uno dei tanti segni del tramonto di Mubarak, che non implica però necessariamente un tramonto del suo regime.
"Ya Mubarak ya Mubarak al-muhakam fi-intidarak" (Mubarak Mubarak, il processo ti aspetta) era uno degli slogan più popolari dei primi diciotto giorni di rivolta. E la notizia della settimana è, senza dubbio, quella dell'arresto del ra'is e dei due figli ‘Alaa e Gamal. Un arresto cautelare di quindici giorni per condurre le indagini che potrebbero portare all'apertura del processo. I capi di imputazione sarebbero: appropriazione indebita di danaro pubblico, abuso di potere e complicità nell'omicidio dei manifestanti. I Mubarak, infatti, sono accusati di aver dato l'ordine di sparare sulla folla durante i giorni di protesta.
Mercoledì mattina, parte del paese si è svegliato in festa. Per la prima volta nella storia del mondo arabo, un presidente della repubblica viene messo sotto arresto e indagato dalla magistratura. I figli ‘Alaa e Gamal sono stati trasferiti con un aereo militare dalla villa di Sharm el-Sheikh, dove si erano ritirati dopo l'11 febbraio, alla prigione di Tora, fuori il Cairo. Testimoni hanno parlato di una versione insolita dei due rampolli della famiglia presidenziale: volti stanchi, vestiti con una tuta bianca da carcerati e ammanettati. Il presidente, invece, è ancora ricoverato nell'ospedale di Sharm, dopo due attacchi cardiaci, uno dei quali avvenuto durante un interrogatorio preliminare.
L'arresto arriva a pochi giorni dalla più grande protesta che Tahrir abbia accolto dopo l'uscita di scena del presidente, organizzata dai movimenti democratici proprio per chiedere il processo ai danni del ra'is, dei suoi due figli e di altri esponenti del Partito Nazionale Democratico (PND). Non solo, il mandato di fermo segue di pochi giorni anche il discorso di Mubarak, trasmesso da al-Arabiya domenica: prima uscita pubblica dell'ex-presidente dopo l'allontanamento dal Paese.
Con poche parole, il ra'is ha cercato di difendersi dalle accuse di corruzione e ha ricordato all'intera nazione che, una volta dimostrata la sua innocenza, denuncerà tutti coloro che hanno cercato di infangare il suo nome e quello della sua famiglia. Un discorso difficile da interpretare che è suonato subito lontanissimo dalle esigenze dei molti ancora mobilitati e che chiedono giustizia. Mubarak sembrava parlare soprattutto con i suoi fedelissimi e con l'esercito. A distanza di poche ore, prima è arrivata la richiesta di comparsa in giudizio e poi l'arresto cautelare.
Chiaramente, tra gli attivisti e tutti coloro che hanno partecipato alla protesta è esplosa la gioia. "Un risultato che non ha precedenti, dovuto alla pressione popolare", ha commentato il professor Samer Sulaiman, co-fondatore del Partito Social Democratico Egiziano. Una delle principali richieste della mobilitazione potrebbe finalmente essere soddisfatta. La questione, ora, si concentra sul se e come un vero processo sarà aperto ai danni dei Mubarak. Il timore legittimo e più diffuso tra gli attivisti è che, come tutte le iniziative adottate finora dal Consiglio Supremo delle Forze Armate, anche questa sia arrivata in ritardo. In due mesi, l'ex-presidente avrebbe avuto tutto il tempo di sistemare le carte e nascondere proprietà e ricchezze. Il tutto quindi potrebbe finire in un processo farsa o in una generale impunità. La fortuna dei Mubarak sembra difficile da calcolare tra investimenti e fondi esteri e la paura è che le ricchezze sottratte alla popolazione egiziana in questi decenni non vengano mai restituite.
Nel frattempo, ironia della sorte, la prigione di Tora, che ha ospitato per decenni giovani attivisti e leader politici, è diventata una sorta di ritrovo delle cariche del Pnd. Gamal e ‘Alaa Mubarak sono in compagnia di Habib al-Adly -ex-ministro degli Interni accusato di corruzione, di aver creato volontariamente un vuoto di sicurezza durante i giorni della protesta e di aver ordinato di sparare sui manifestanti- Safwat el-Sharaf -ex-segretario generale del Pnd e leader del Majlis al-Shura (camera alta del parlamento)- Ahmad Nazif -ex-primo ministro- Fathy Surur -ex-portavoce del parlamento. Nomi che potevano incutere timore fino a qualche mese fa, ma ora che molti tabù sono stati sollevati, hanno perso ogni potere. Nell'ultima settimana il cerchio si è stretto attorno agli uomini simbolo del regime, fino a chiudersi con l'arresto dell'ex-presidente.
Intanto, la Coalizione della Rivoluzione del 25 Gennaio e Haraka 6 Aprile hanno fatto sapere tramite due dichiarazioni distinte di voler sospendere le manifestazioni del venerdì e aspettare l'esito delle indagini. Abdel Hamed, coordinatore della Coalizione, ha ricordato come le richieste della protesta non siano state ancora tutte soddisfatte, sottolieando soprattutto i casi di manifestanti detenuti, torturati e condannati da tribunali militari. La dichiarazione del movimento 6 Aprile, invece, ha auspicato un processo serio e rigoroso e ha richiesto che i membri della famiglia Mubarak siano perseguiti anche per le loro responsabilità politiche: tra cui, brogli elettorali e gravi violazioni dei diritti umani.
Restano aperte molte domande. Una su tutte, la vera posizione del Consiglio Supremo delle Forze Armate, che potrebbe aver agito in parte sotto la pressione delle proteste di piazza, ma ha comunque ancora troppi interessi economici e politici nel Paese. E' bene non dimenticare che il generale Tantawi è stato ministro della Difesa del governo Mubarak per anni e molte delle cariche del Consiglio Supremo rivestono il ruolo assegnato loro dall'ex-presidente.
Insomma, i Mubarak e la loro cerchia potrebbero finalmente avviarsi sulla strada del tramonto, ma il regime che li sosteneva non è stato ancora rovesciato. Notizia di pochi giorni fa, Maikel Nabil è stato condannato a tre anni di prigione da un tribunale militare. Il giovane blogger è stato così imprudente da scrivere in un suo post che popolo ed esercito non possono mai stare insieme. Sempre recentemente, il generale maggiore Ismail Muhammad Othman ha informato gli organi di stampa egiziani dell'obbligo di informare ed ottenere il permesso del Direttorato Militare per l'Informazione, prima di pubblicare qualunque notizia relativa alle forze armate.
Polizia ed esercito sono sempre stati i clienti per eccellenza del regime. Il primo agiva come apparato di controllo repressivo, mentre il secondo costituiva la spina dorsale di un sistema fatto di clientele e corruzione. La protesta, al momento, sembra aver ridotto il potere di uno solo dei due.
PeaceReporter - Fin dai primi di febbraio, i cartelli dentro tutte le stazioni metro del Cairo hanno subito una piccola modifica. Alcuni manifestanti si sono presi la briga di cancellare, con un tratto nero, da ogni singolo cartello, il nome della fermata della stazione centrale dei treni - da sempre intitolata ad Hosni Mubarak - e sostituirlo con mahattat al-shuada' (la fermata dei martiri, in riferimento alle persone morte durante gli scontri). Il 21 aprile, una corte deciderà se rimuovere i nomi dell'ex-presidente e di sua moglie Suzanna da tutti i luoghi pubblici e sostituirli con quelli dei giovani che hanno perso la vita durante la protesta iniziata il 25 gennaio. Uno dei tanti segni del tramonto di Mubarak, che non implica però necessariamente un tramonto del suo regime.
"Ya Mubarak ya Mubarak al-muhakam fi-intidarak" (Mubarak Mubarak, il processo ti aspetta) era uno degli slogan più popolari dei primi diciotto giorni di rivolta. E la notizia della settimana è, senza dubbio, quella dell'arresto del ra'is e dei due figli ‘Alaa e Gamal. Un arresto cautelare di quindici giorni per condurre le indagini che potrebbero portare all'apertura del processo. I capi di imputazione sarebbero: appropriazione indebita di danaro pubblico, abuso di potere e complicità nell'omicidio dei manifestanti. I Mubarak, infatti, sono accusati di aver dato l'ordine di sparare sulla folla durante i giorni di protesta.
Mercoledì mattina, parte del paese si è svegliato in festa. Per la prima volta nella storia del mondo arabo, un presidente della repubblica viene messo sotto arresto e indagato dalla magistratura. I figli ‘Alaa e Gamal sono stati trasferiti con un aereo militare dalla villa di Sharm el-Sheikh, dove si erano ritirati dopo l'11 febbraio, alla prigione di Tora, fuori il Cairo. Testimoni hanno parlato di una versione insolita dei due rampolli della famiglia presidenziale: volti stanchi, vestiti con una tuta bianca da carcerati e ammanettati. Il presidente, invece, è ancora ricoverato nell'ospedale di Sharm, dopo due attacchi cardiaci, uno dei quali avvenuto durante un interrogatorio preliminare.
L'arresto arriva a pochi giorni dalla più grande protesta che Tahrir abbia accolto dopo l'uscita di scena del presidente, organizzata dai movimenti democratici proprio per chiedere il processo ai danni del ra'is, dei suoi due figli e di altri esponenti del Partito Nazionale Democratico (PND). Non solo, il mandato di fermo segue di pochi giorni anche il discorso di Mubarak, trasmesso da al-Arabiya domenica: prima uscita pubblica dell'ex-presidente dopo l'allontanamento dal Paese.
Con poche parole, il ra'is ha cercato di difendersi dalle accuse di corruzione e ha ricordato all'intera nazione che, una volta dimostrata la sua innocenza, denuncerà tutti coloro che hanno cercato di infangare il suo nome e quello della sua famiglia. Un discorso difficile da interpretare che è suonato subito lontanissimo dalle esigenze dei molti ancora mobilitati e che chiedono giustizia. Mubarak sembrava parlare soprattutto con i suoi fedelissimi e con l'esercito. A distanza di poche ore, prima è arrivata la richiesta di comparsa in giudizio e poi l'arresto cautelare.
Chiaramente, tra gli attivisti e tutti coloro che hanno partecipato alla protesta è esplosa la gioia. "Un risultato che non ha precedenti, dovuto alla pressione popolare", ha commentato il professor Samer Sulaiman, co-fondatore del Partito Social Democratico Egiziano. Una delle principali richieste della mobilitazione potrebbe finalmente essere soddisfatta. La questione, ora, si concentra sul se e come un vero processo sarà aperto ai danni dei Mubarak. Il timore legittimo e più diffuso tra gli attivisti è che, come tutte le iniziative adottate finora dal Consiglio Supremo delle Forze Armate, anche questa sia arrivata in ritardo. In due mesi, l'ex-presidente avrebbe avuto tutto il tempo di sistemare le carte e nascondere proprietà e ricchezze. Il tutto quindi potrebbe finire in un processo farsa o in una generale impunità. La fortuna dei Mubarak sembra difficile da calcolare tra investimenti e fondi esteri e la paura è che le ricchezze sottratte alla popolazione egiziana in questi decenni non vengano mai restituite.
Nel frattempo, ironia della sorte, la prigione di Tora, che ha ospitato per decenni giovani attivisti e leader politici, è diventata una sorta di ritrovo delle cariche del Pnd. Gamal e ‘Alaa Mubarak sono in compagnia di Habib al-Adly -ex-ministro degli Interni accusato di corruzione, di aver creato volontariamente un vuoto di sicurezza durante i giorni della protesta e di aver ordinato di sparare sui manifestanti- Safwat el-Sharaf -ex-segretario generale del Pnd e leader del Majlis al-Shura (camera alta del parlamento)- Ahmad Nazif -ex-primo ministro- Fathy Surur -ex-portavoce del parlamento. Nomi che potevano incutere timore fino a qualche mese fa, ma ora che molti tabù sono stati sollevati, hanno perso ogni potere. Nell'ultima settimana il cerchio si è stretto attorno agli uomini simbolo del regime, fino a chiudersi con l'arresto dell'ex-presidente.
Intanto, la Coalizione della Rivoluzione del 25 Gennaio e Haraka 6 Aprile hanno fatto sapere tramite due dichiarazioni distinte di voler sospendere le manifestazioni del venerdì e aspettare l'esito delle indagini. Abdel Hamed, coordinatore della Coalizione, ha ricordato come le richieste della protesta non siano state ancora tutte soddisfatte, sottolieando soprattutto i casi di manifestanti detenuti, torturati e condannati da tribunali militari. La dichiarazione del movimento 6 Aprile, invece, ha auspicato un processo serio e rigoroso e ha richiesto che i membri della famiglia Mubarak siano perseguiti anche per le loro responsabilità politiche: tra cui, brogli elettorali e gravi violazioni dei diritti umani.
Restano aperte molte domande. Una su tutte, la vera posizione del Consiglio Supremo delle Forze Armate, che potrebbe aver agito in parte sotto la pressione delle proteste di piazza, ma ha comunque ancora troppi interessi economici e politici nel Paese. E' bene non dimenticare che il generale Tantawi è stato ministro della Difesa del governo Mubarak per anni e molte delle cariche del Consiglio Supremo rivestono il ruolo assegnato loro dall'ex-presidente.
Insomma, i Mubarak e la loro cerchia potrebbero finalmente avviarsi sulla strada del tramonto, ma il regime che li sosteneva non è stato ancora rovesciato. Notizia di pochi giorni fa, Maikel Nabil è stato condannato a tre anni di prigione da un tribunale militare. Il giovane blogger è stato così imprudente da scrivere in un suo post che popolo ed esercito non possono mai stare insieme. Sempre recentemente, il generale maggiore Ismail Muhammad Othman ha informato gli organi di stampa egiziani dell'obbligo di informare ed ottenere il permesso del Direttorato Militare per l'Informazione, prima di pubblicare qualunque notizia relativa alle forze armate.
Polizia ed esercito sono sempre stati i clienti per eccellenza del regime. Il primo agiva come apparato di controllo repressivo, mentre il secondo costituiva la spina dorsale di un sistema fatto di clientele e corruzione. La protesta, al momento, sembra aver ridotto il potere di uno solo dei due.
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