venerdì, aprile 08, 2011
Dal cristianesimo per nascita a quello per scelta

di Domenico Delle Foglie

Piuvoce - Se è vero, come riteniamo lo sia, che le nostre generazioni hanno messo fuori gioco “un intero paradigma antropologico” costruito su “una relazione feconda di umanità”, allora davvero la sfida che si pone dinanzi alla Chiesa italiana è di quelle decisive. Non solo per se stessa e per il popolo che le è stato affidato, ma anche per la nazione nel cui cuore è incardinata. Una nazione ricca di storia e di memoria cristiana, ma sempre più dimentica della sua responsabilità dinanzi al mondo come culla del cristianesimo e motore di un’antropologia in grado di cambiare la storia. Un’antropologia, sarà bene ricordarlo, che ha il suo fulcro nella cultura della vita come capacità di generare, nella fecondità dell’amore e della relazione umana.
Con la coscienza di questa responsabilità concludiamo, noi di “Piùvoce”, il lungo viaggio che abbiamo intrapreso per capire in quale direzione si intende muovere la Chiesa italiana quando annuncia che il decennio sarà dedicato, per intero, all’emergenza educativa. Certo, l’inclinazione, sin dal titolo degli Orientamenti pastorali è assolutamente positiva: “Educare alla vita buona del Vangelo”. Ma forte è la presa d’atto dei mutamenti intervenuti nel contesto socio-culturale nel quale i cristiani sono immersi, come cittadini fra i cittadini. E perciò consumatori come gli altri, fruitori di beni immateriali, destinatari di messaggi i più diversi, titolari di relazioni le più varie, costruttori di nuove frontiere di socialità. Ma questo nostro tempo mostra, quando meno te lo aspetti, tutta la sua fragilità. E questa condizione nuova ci trova spesso disarmati, privi di quelle chiavi di precomprensione che solo la fede può suggerire per dare un senso alla vita stessa. Sappiamo però, che la trasmissione della fede, di generazione in generazione, ha subito un improvviso e brusco arresto. Allora non possiamo attardarci e dobbiamo prendere sempre più coscienza che stiamo “rapidamente passando da un cristianesimo per nascita a un cristianesimo per scelta” e che nel volgere di qualche decennio cambierà profondamente il panorama religioso del nostro Paese. Tutto questo renderà fatalmente inadeguate alcune nostre analisi e chiavi di interpretazione. Pensiamo ad esempio all’affermazione, che pure noi abbiamo più volte convintamente ripetuto, secondo la quale “il popolo italiano è naturaliter cristiano”. Ora, non sarà un’analisi sociologica a darci la risposta definitiva sulla persistenza di questa condizione, ma sicuramente dobbiamo imparare a tenere dritte le nostre antenne per capire cosa si muove nel profondo del Paese. E anche nelle nostre parrocchie, che i nostri vescovi sognano come “palestre dello Spirito”. Non più luoghi burocratici e ossessionati da ogni sorta di impegno, ma luoghi aperti “ai miracoli perché si cerca il Signore, ci si imbatte con il suo sguardo, ci si sente raccolti nella sua mano, e se ne ricava la vita trasformata, non più sottomessa al conformismo o sofferente per il giudizio altrui”.
Luoghi nei quali non si ha paura di cercare la Verità e non ci si vuole arrendere all’opinionismo dilagante che sottrae autorità veritativa alla Rivelazione cristiana.

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