Segni di morte sono diffusi in tutta l’Asia, dal vicino all’estremo oriente. Ma vi sono anche segni di Vita da parte delle Chiese dell’Asia, sostenute dalla vittoria sulla morte di Gesù Cristo, il crocifisso che è risorto. L’invito di Giovanni Paolo II, “Aprite le porte a Cristo!”, è ancora più attuale con la sua beatificazione.
Roma (AsiaNews) - “Mors et Vita duello conflixere mirando: Dux Vitæ mortuus, regnat vivus (Morte e Vita si sono affrontate in un duello straordinario: il Signore della vita era morto, ora, regna vivo)”. Queste parole che si cantano nell’Ottava di Pasqua sono il migliore augurio che possiamo fare ai lettori di AsiaNews , a noi stessi e al mondo. In effetti i segni di morte nel mondo sembrano crescere sempre di più dal Vicino al lontano Oriente. La “rivoluzione dei gelsomini”, nata da un desiderio di dignità e giustizia da parte dei giovani tunisini ed egiziani, in Libia sta prendendo la piega di un conflitto neocoloniale, in cui potenze europee intervengono oltre il mandato dell’Onu e con intenzioni nascoste di dominio economico che poco hanno a che fare con la protezione della popolazione libica e gli immigrati che si accalcano sulle coste del Mediterraneo. Allo stesso tempo, il dittatore di Tripoli, invece di curarsi di una riconciliazione con il popolo che ha dimenticato per 40 anni, chiama all’appello il mondo islamico fondamentalista per “farla pagare” all’occidente “crociato”. La religione, invece di essere un fattore di riconciliazione, diviene un’arma per consolidare il proprio potere.
Anche in Egitto, dove la rivolta dei giovani è stata per la quasi totalità non violenta ed ha avuto successo nell’allontanare il rais Mubarak, esercito e Fratelli Musulmani stanno tentando di imbrigliare tutte le richieste di democrazia della popolazione. E perfino l’esplicita richiesta di totale uguaglianza dei cittadini – dando gli stessi diritti e doveri ai cristiani – viene disattesa. Anche qui gli sporadici (e tradizionali) scontri fra cristiani e musulmani vengono usati per consumare quella unità creatasi nella piazza Tahrir, quando i manifestanti agitavano insieme Bibbia e Corano, icone e rosario musulmano.
Nell’oriente estremo, in Giappone, le immagini agghiaccianti del terremoto e dello tsunami – mai così filmato e documentato – mostrano l’ampiezza di una distruzione di vite, di famiglie, di case e città. Il pericolo conseguente di radiazioni nucleari alla centrale di Fukushima hanno dato un ulteriore colpo alla sicurezza. E tutto questo è avvenuto in un Paese ricco, dalla tecnologia avanzatissima. Nelle immagini delle montagne di detriti, di carcasse di auto e navi, di finestre e di case, nell’angoscia che misura le radiazioni si legge tutta la fragilità dello sviluppo scientifico e tecnologico, che sembra possedere il mondo e la natura, che rimane invece sfuggente.
Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, riferendosi ai pericoli di contaminazione radioattiva a Fukushima, ha esortato giapponesi e il mondo intero a fermare “l’uso di fonti di produzione di energia così pericolose per l’integrità del genere umano”.
Più in profondità, i segni e le montagne di morte ricordano quanto è fragile l’uomo e quanto è importante il realismo dell’umiltà nell’affrontare la vita e nel farla crescere. È la mancanza di umiltà che produce le dittature, la fame di potere, le presunzioni di onnipotenza scientifica, che mettono la rischio la vita di intere popolazioni.
Nella notte di Pasqua la Chiesa celebra un uomo che è Dio, che si è umiliato fino a lasciarsi uccidere per amore. Il suo amore è stato più forte del male e della morte. Dentro gli orizzonti cupi di guerra e fra le montagne di detriti, c’è una forza ormai indelebile che ha vinto la morte e anzi fa rinascere la vita dalla morte, come una fonte che zampilla da un terreno arido. I piccoli segni di dialogo, di carità, di martirio, di solidarietà offerti dalle piccole Chiese dell’Asia sono la testimonianza che la Vita è più forte della morte.
E quanto più il mondo si aprirà a Cristo, tanto più potrà sperimentare questa vittoria che cantiamo a Pasqua. Ci torna alla mente l’invito pressante di Giovanni Paolo II il giorno del suo insediamento: “Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa ‘cosa è dentro l’uomo’. Solo lui lo sa!”.
La beatificazione del papa polacco il prossimo 1° maggio, nell’Ottava di Pasqua è un’occasione per riaccogliere quell’invito.
Roma (AsiaNews) - “Mors et Vita duello conflixere mirando: Dux Vitæ mortuus, regnat vivus (Morte e Vita si sono affrontate in un duello straordinario: il Signore della vita era morto, ora, regna vivo)”. Queste parole che si cantano nell’Ottava di Pasqua sono il migliore augurio che possiamo fare ai lettori di AsiaNews , a noi stessi e al mondo. In effetti i segni di morte nel mondo sembrano crescere sempre di più dal Vicino al lontano Oriente. La “rivoluzione dei gelsomini”, nata da un desiderio di dignità e giustizia da parte dei giovani tunisini ed egiziani, in Libia sta prendendo la piega di un conflitto neocoloniale, in cui potenze europee intervengono oltre il mandato dell’Onu e con intenzioni nascoste di dominio economico che poco hanno a che fare con la protezione della popolazione libica e gli immigrati che si accalcano sulle coste del Mediterraneo. Allo stesso tempo, il dittatore di Tripoli, invece di curarsi di una riconciliazione con il popolo che ha dimenticato per 40 anni, chiama all’appello il mondo islamico fondamentalista per “farla pagare” all’occidente “crociato”. La religione, invece di essere un fattore di riconciliazione, diviene un’arma per consolidare il proprio potere.
Anche in Egitto, dove la rivolta dei giovani è stata per la quasi totalità non violenta ed ha avuto successo nell’allontanare il rais Mubarak, esercito e Fratelli Musulmani stanno tentando di imbrigliare tutte le richieste di democrazia della popolazione. E perfino l’esplicita richiesta di totale uguaglianza dei cittadini – dando gli stessi diritti e doveri ai cristiani – viene disattesa. Anche qui gli sporadici (e tradizionali) scontri fra cristiani e musulmani vengono usati per consumare quella unità creatasi nella piazza Tahrir, quando i manifestanti agitavano insieme Bibbia e Corano, icone e rosario musulmano.
Nell’oriente estremo, in Giappone, le immagini agghiaccianti del terremoto e dello tsunami – mai così filmato e documentato – mostrano l’ampiezza di una distruzione di vite, di famiglie, di case e città. Il pericolo conseguente di radiazioni nucleari alla centrale di Fukushima hanno dato un ulteriore colpo alla sicurezza. E tutto questo è avvenuto in un Paese ricco, dalla tecnologia avanzatissima. Nelle immagini delle montagne di detriti, di carcasse di auto e navi, di finestre e di case, nell’angoscia che misura le radiazioni si legge tutta la fragilità dello sviluppo scientifico e tecnologico, che sembra possedere il mondo e la natura, che rimane invece sfuggente.
Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, riferendosi ai pericoli di contaminazione radioattiva a Fukushima, ha esortato giapponesi e il mondo intero a fermare “l’uso di fonti di produzione di energia così pericolose per l’integrità del genere umano”.
Più in profondità, i segni e le montagne di morte ricordano quanto è fragile l’uomo e quanto è importante il realismo dell’umiltà nell’affrontare la vita e nel farla crescere. È la mancanza di umiltà che produce le dittature, la fame di potere, le presunzioni di onnipotenza scientifica, che mettono la rischio la vita di intere popolazioni.
Nella notte di Pasqua la Chiesa celebra un uomo che è Dio, che si è umiliato fino a lasciarsi uccidere per amore. Il suo amore è stato più forte del male e della morte. Dentro gli orizzonti cupi di guerra e fra le montagne di detriti, c’è una forza ormai indelebile che ha vinto la morte e anzi fa rinascere la vita dalla morte, come una fonte che zampilla da un terreno arido. I piccoli segni di dialogo, di carità, di martirio, di solidarietà offerti dalle piccole Chiese dell’Asia sono la testimonianza che la Vita è più forte della morte.
E quanto più il mondo si aprirà a Cristo, tanto più potrà sperimentare questa vittoria che cantiamo a Pasqua. Ci torna alla mente l’invito pressante di Giovanni Paolo II il giorno del suo insediamento: “Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa ‘cosa è dentro l’uomo’. Solo lui lo sa!”.
La beatificazione del papa polacco il prossimo 1° maggio, nell’Ottava di Pasqua è un’occasione per riaccogliere quell’invito.
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