martedì, aprile 19, 2011
Le autorità della capitale non sanno cosa fare: la febbre para-tifoidea colpisce una persona ogni due famiglie e non ci sono antibiotici o soldi per comprarli. I fondi statali per la sanità, infatti, sono finiti nel budget dei militari. Una fonte di AsiaNews: “Potevamo aiutarli, fino a che non hanno attaccato la Corea del Sud”.

di Joseph Yun Li-sun

Seoul (AsiaNews) - Un’epidemia di febbre para-tifoidea ha colpito la scorsa settimana Pyongyang. Le autorità, sostiene una fonte di AsiaNews, “sono nel panico. I medicinali per curare questa febbre, dei normali antibiotici, si possono trovare soltanto al mercato nero a prezzi proibitivi. E avendo tagliato dal budget nazionale le spese per la sanità pubblica, a favore dell’esercito, non hanno soldi in cassa per frenare l’epidemia”. Una fonte del North Korean Daily aggiunge: “La malattia è apparsa l’autunno dello scorso anno. Fino ad ora era abbastanza limitata, soprattutto nelle campagne che costeggiano la capitale, ma ora è dovunque. In alcune aree c’è un malato ogni due famiglie e il governo non sa cosa fare”.


La febbre para-tifoidea, nota anche come “paratifo”, è un’infezione provocata dai batteri della salmonella. Si trasmette attraverso cibo contaminato o acqua sporca, ma può essere veicolata anche tramite gli insetti comuni. È abbastanza frequente negli Stati sottosviluppati ed è molto contagiosa. Il miglior trattamento è l’isolamento del paziente e la disinfestazione delle aree colpite: una procedura impossibile in una nazione dove ogni essere umano è costretto a lavorare per sopravvivere.


Il tutto è aggravato dalla malnutrizione praticamente endemica nel Paese. Un dissidente, al momento residente in Corea del Sud, ricorda: “Nel 1997 circa 800 persone morirono di questa malattia nella provincia di Yangkang. Allora come oggi, per la carestia, le difese immunitarie della popolazione erano ai limiti storici. Inoltre i medicinali che passa lo Stato vengono dalla Cina, e tutti sanno che non ci si può fidare molto”.


La fonte di AsiaNews conclude: “In altri tempi, tramite Organizzazioni non governative, potevamo aiutare inviando antibiotici e cibo a sufficienza per fermare dal lavoro i malati. Oggi, con il blocco imposto dopo i disastrosi attacchi ordinati dal regime, questo è impossibile. Sappiamo bene che qualunque cosa possiamo inviare finirà nelle mani dei soldati”.


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