lunedì, aprile 11, 2011
Il sogno del pioniere delle energie rinnovabili Hermann Sheer è diventato realtà. O almeno ci è andato vicino. Ad annunciarlo è il rapporto “Comuni Rinnovabili 2011” di Legambiente: la sua idea – un sistema basato su energie pulite come quella solare, punto di partenza per un’economia giusta e democratica- non è infatti molto distante dalle realtà locali presenti sul territorio italiano.

di Laura Gianni

Vis - La tendenza generale è evidente: sempre più Comuni puntano su eolico, geotermico, fotovoltaico, mini idroelettrico e biomasse. I vantaggi? Si vive meglio, si crea occupazione, si pagano bollette meno salate. Insomma, il traguardo del 100% rinnovabile non solo è raggiungibile, ma addirittura conviene. Parola dei 20 Comuni che, ad oggi, provvedono con il solo uso di fonti pulite ai fabbisogni elettrici e termici dei cittadini residenti, in alcuni casi producendo anche un surplus. Si tratta delle amministrazioni ritenute da Legambiente più lungimiranti, quelle che investono sulle “nuove” rinnovabili (l’indagine non tiene conto del grande idroelettrico e della geotermia), distribuendo il fabbisogno della popolazione non su un unico tipo di fonte, ma su un mix di impianti diversi, adeguati alle risorse che il territorio offre e alla domanda di energia degli utenti.

Si trovano tutti al nord i Comuni più virtuosi: spopola in classifica la provincia di Bolzano, con quattordici realtà comunali che si ammantano del titolo di “100% rinnovabile”. Di seguito la provincia di Aosta, presente nella top 20 con tre Comuni, quella di Trento con due ed infine la provincia di Brescia, che compare solo una volta nella lista di Legambiente.

Il segreto per una simile efficienza nel campo delle green energy risiede proprio nella varietà degli impianti. Per quanto riguarda il fabbisogno termico, i più gettonati sono quelli a biomasse allacciati a reti di teleriscaldamento. Sul fronte dell’elettrico, le soluzioni sono tante e diverse: si va dal fotovoltaico al mini idroelettrico, passando per l’eolico. Se è vero che ogni singola struttura contribuisce a coprire soltanto parzialmente le esigenze energetiche della comunità, sono la complementarietà e l’integrazione tra le fonti che provvedono a fare sistema.

E con risultati davvero da record. Basta guardare a Morgex (Aosta) e Brunico (Bolzano), i due Comuni in vetta alla graduatoria, per rendersene conto. Il loro “identikit energetico” è presto fatto: si riscaldano e si illuminano prevalentemente grazie alle nuove rinnovabili. Così facendo abbattono costi, inquinamento e impatto ambientale. A Morgex, 2 mila anime in tutto, 1700 famiglie ricevono l’energia elettrica loro necessaria da un impianto idroelettrico, a cui vanno ad aggiungersi nove impianti fotovoltaici. È più grande Brunico, con i suoi15 mila abitanti, ma altrettanto ben organizzato: la maggior parte dei residenti vive con pannelli solari sulla testa. E poi ancora mini idroelettrico, biogas e biomasse. Nel Comune bolzanese la produzione di energia pulita è addirittura diventato legge: il regolamento edilizio redatto nel 2010 prevede infatti che negli edifici pubblici e privati di nuova costruzione la copertura del 25% del fabbisogno energetico totale avvenga tramite l’utilizzo di fonti rinnovabili.

Non è facile captare i segnali positivi che provengono dal basso, soprattutto quando ad urlare più forte degli altri è chi pensa che rispetto dell’ambiente, sostenibilità economica ed efficienza non possano andare di pari passo. E ancor di più quando a questi si accodano i fan dell’atomo, convinti che l’unica via percorribile per non tornare all’età della pietra all’indomani del termine dei combustibili fossili sia il nucleare. Per loro solo un esempio. Il 28 settembre 2003, praticamente tutta l’Italia si è ritrovata al buio. Tra le pochissime luci rimaste a rischiarare l’oscurità provocata dal grave black out elettrico c’era il piccolo Comune di Prato allo Stelvio, in provincia di Bolzano, una delle eccellenze italiane sul fronte del rinnovabile.


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