sabato, aprile 09, 2011
Gli affari nel Nord - Est del noto avvocato e imprenditore Cipriano Chianese. Stava provando a salvare il suo tesoretto e a rinascere un’altra volta, molto più a Nord.

Liberainformazione - È un gatto dalle sette vite Cipriano Chianese, l’imprenditore sotto accusa per camorra, eminenza grigia delle ecomafie casalesi e protagonista assoluto della prima emergenza rifiuti campana. Quando, alla fine negli anni ‘90, i suoi guai con la giustizia si sono rivelati più seri del previsto, l’avvocato originario di Parete ha cominciato a costruirsi un suo alter ego nell’Italia settentrionale. Utilizzando un piccolo imprenditore di Padova, Franco Caccaro, Chianese ha tentato di ricomprare pezzo per pezzo il suo patrimonio, sequestrato o confiscato dalla giustizia, e a mettere in salvo i suoi soldi.

L’intenzione dell’affarista casertano, come rivelano alcuni pentiti, era quella di trasferire le proprie attività nel Nord Est, rimanendo nel settore dei rifiuti. Il sequestro dei beni, eseguito ieri dalla Direzione investigativa di Napoli, dovrebbe aver però mandato all’aria i piani di Chianese. I sigilli sono stati posti alla sua megavilla di Sperlonga (21 stanze più piscina per un valore che si aggira tra i 4 e i 5 milioni di euro), a due abitazioni di tre piani a Parete, in provincia di Caserta, a un capannone industriale ad Aversa e a quattro automobili( una mercedes e tre bmw). Il patrimonio personale dell’avvocato casertano si è così impoverito di almeno 13 milioni di euro. Soldi fatti tutti grazie alla monnezza. Racconta infatti il pentito Antonio Ferrara: «Nel 2001, Chianese era un uomo ricchissimo, mi diceva che grazie al gestione dei rifiuti arrivava a guadagnare oltre 700 milioni di lire al mese».

Non è la prima volta che l’avvocato subisce un sequestro di queste dimensioni, l’ultimo risale al 2008. Oltre alle discariche di Gricignano e di Giugliano, anche in quell’occasione gli portarono via le sue macchine di lusso. Si trattava di due Ferrari rosso fiammante, da cui però l’imprenditore non aveva alcuna intenzione di liberarsi. Provò infatti a ricomprarsele attraverso Felice Caccaro che presentò all’asta giudiziaria un’offerta di quasi un milione di euro. Per Chianese l’imprenditore padovano era molto più che un semplice prestanome. Caccaro rientra nella categoria del piccolo truffatore: condannato nel 2006 per lesioni personali colpose, indagato l’anno successivo dalla Procura di Padova per emissione di fatture per operazioni inesistenti, viene beccato di nuovo per lo stesso reato nel 2009. È titolare di una piccola azienda, la Tpa, che vende macchinari per la triturazione di rifiuti, ma in realtà è senza un soldo, non è nemmeno proprietario della propria abitazione: la ditta viene costituta infatti insieme ad altri due soci che per trovare i soldi si ipotecano la casa. I rapporti con Chianese cominciano nel 1996.

Nel 2000, con l’avanzare delle inchiesta della magistratura, si intensificano. In quel periodo, la Resit, la società di cui è titolare l’avvocato casertano, avvia infatti una serie di transazioni commerciali a sei zeri con la Tpa: si arriva fino a 10 milioni di euro. In alcuni casi i macchinari non sono mai arrivati a Casera, in altri vengono prima acquistati da Chianese e poi rivenduti all’azienda padovana. Quando nel 2004 la Resit smette di essere operativa, si passa direttamente agli assegni. Nel 2005 l’imprenditore casertano manda a Caccaro due assegni: uno il 27 aprile da 1 milione e mezzo di euro, e l’altro il primo luglio da 3 milioni e mezzo. Chianese prova a salvare così i suoi soldi, ma per Caccaro è «solo la restituzione di un prestito».

Nel 2006 la piccola Tpa si trasforma in una grande azienda con un aumento di capitale da 2 milioni di euro e sede a New York, vicino a Wall Street, in Turchia, Australia, Francia e Brasile. Le basi del nuovo impero di Cipriano Chianese.

* Terra

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