martedì, aprile 05, 2011
Inchiesta mafia e appalti, condannato in Cassazione il figlio del boss Virga

Libera - Condanna confermata in Cassazione per Francesco Virga (tentata estorsione), il figlio del capo mafia Vincenzo, condannato all’ergastolo e oggi sotto processo per il delitto e sociologo Mauro Rostagno. Atti rinviati ad un nuovo giudizio di appello per l’imprenditore marsalese Michele Martines (mafia ed estorsioni). È il primo troncone dell’indagine mafia e appalti seconda fase che arriva al giudizio finale della massima corte. Il cerchio si è completamente chiuso attorno a Franco Virga, erede di Vincenzo, contro di lui i giudici hanno confermato la condanna a 3 anni in continuazione con la precedente di 9 anni, già scontata. La prima volta Franco Virga fu arrestato nell’operazione antimafia «Rino 2», da quel processo era uscito con una condanna a 9 anni per associazione mafiosa.

La vicenda risale a molto tempo addietro ma solo le nuove indagini di Polizia l’hanno disvelata del tutto. Riguarda i lavori di costruzione del depuratore di Nubia. In particolare il danneggiamento di una pala di proprietà dell’Imprecoge e del titolare dell’impresa Micone. Per il marsalese Michele Martines il giudizio torna all’esame dei giudici di Appello, aveva avuta inflitta una pena di 9 anni e 4 mesi. Fino al momento del giudizio di appello Martines dai giudici non è stato ritenuto una «vittima», ma semmai imprenditore e mafioso a disposizione di Cosa Nostra trapanese per la raccolta delle estorsioni, partecipando anche al tavolino per la spartizione degli appalti. Contro Martines c’è stata la deposizione d un imprenditore, peraltro a lui imparentato, Vincenzo Scuderi, uno dei pochi che a Trapani ha denunciato la protervia mafiosa ma che è tra quelli finiti quasi non considerati da un contesto sociale che resta disattento rispetto alle collaborazioni contro il fenomeno mafioso. Resta emblematica una affermazione fatta durante una requisitoria dal pm Andrea Tarondo che a proposito delle collaborazioni degli imprenditori ha rimarcato come il concetto passato in città era (e forse ancora è) quello che questi soggetti erano (e forse sono ancora per alcuni) degli “untori”.

La mafia che ha sporcato tutto, che mascaria, che ha inquinato, che ha fatto diventare legale un sistema illegale, tanto che alcuni imprenditori sono venuti a raccontare le vicende delle quali erano stati protagonisti senza nemmeno rendersi conto di confessare reati da loro commessi nella gestione degli appalti, la mafia che ha causato tutto questa resta sullo sfondo, a sorridere. In Appello le condanne dei due, Virga e Martines, erano state confermate, ma la Cassazione per Martines ha ritenuto necessario disporre la ripetizione del processo, le motivazioni di questa decisione saranno rese note nelle prossime settimane. Per Franco Virga invece il pronunciamento a questo punto diventa definitivo, anche da questo processo emerge come avere un ruolo preciso dentro l’organizzazione mafiosa trapanese e già dai tempi in cui il padre, Vincenzo, prendeva il potere, succedendo di fatto a Totò Minore, ucciso nel novembre del 1982 a Partanna Mondello. Quando i Virga arrivarono al potere furono indicati come i «coccodrilli» nel senso che non lasciavano niente a nessuno, racket e imprese i loro affari, senza forse nemmeno rispettare la gerarchia mafiosa.

Vincenzo Virga, che restò latitante dal 1994 al 2001, addirittura scampò alla vendetta mafiosa: il mazarese Sinacori quando fu arrestato dalla Polizia e decise di scegliere la via della collaborazione, nel 1996 ha detto che era pronto il piano per fare trovare la sua «testa» a Torre Ligny, estrema punta di Trapani protesa sul mare. L’ordine era arrivato da Matteo Messina Denaro che poi scese l’erede di Virga, nel nuovo padrino don Ciccio Pace, il mafioso che creò a Trapani una cupola di imprenditori svelata da un altro imprenditore, Nino Birrittella, anche lui ha deciso di diventare testimone e raccontare le vicende vissute, però continuano a restare a Trapani, cercando di riprendere a lavorare in maniera onesta, ma lui resta un untore e l’ordine che passa per la società civile, che viene frastornata, è quello di indebolire la credibilità, al contrario.di quello che di lui scrivono i giudici nelle sentenze, che però restano non lette.

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